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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver siglato un concordato in appello, lamentava il mancato riconoscimento di un’attenuante. La sentenza chiarisce che l’accordo implica la rinuncia a tali motivi, e il ricorso è possibile solo per vizi specifici dell’accordo stesso, non per questioni di merito rinunciate.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando si Può Ricorrere in Cassazione?

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per definire il processo in secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Ma cosa succede dopo? È sempre possibile impugnare la sentenza davanti alla Corte di Cassazione? Una recente ordinanza ha fatto chiarezza, stabilendo precisi limiti e sottolineando come l’accordo stesso implichi una rinuncia a determinati motivi di ricorso.

I Fatti del Caso Giudiziario

Nel caso in esame, un imputato, condannato per rapina aggravata e porto illegale di arma, aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello. In base a tale accordo, la pena era stata rideterminata in quattro anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa. Nonostante l’accordo, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la “manifesta illegalità della pena”. Il motivo? La Corte d’Appello, nel ricalcolare la sanzione, non aveva riconosciuto la circostanza attenuante del risarcimento del danno, sebbene questo fosse stato integralmente effettuato a favore della vittima.

La Rinuncia ai Motivi nel Concordato in Appello

Il cuore della questione risiede nella natura stessa del concordato in appello. Quando l’imputato e l’accusa si accordano sulla pena, l’imputato rinuncia a portare avanti gli altri motivi di appello. Nel caso specifico, l’accordo prevedeva la rinuncia a “tutti i motivi di merito, fatta eccezione per quelli relativi al trattamento sanzionatorio”.

L’imputato riteneva che la sua doglianza sul mancato riconoscimento dell’attenuante rientrasse proprio nel “trattamento sanzionatorio”. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione differente e più restrittiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: dopo un concordato in appello, il ricorso in Cassazione è consentito solo per questioni molto specifiche, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà dell’imputato di accedere all’accordo.
2. Mancanza del consenso del Procuratore Generale.
3. Una decisione del giudice difforme rispetto a quanto concordato tra le parti.

Qualsiasi doglianza relativa ai motivi a cui si è rinunciato è, invece, inammissibile.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la rinuncia ai “motivi di merito” deve considerarsi comprensiva anche della richiesta di riconoscimento di circostanze attenuanti. Secondo la giurisprudenza, infatti, il “concorso di circostanze” (cioè la valutazione sulla loro esistenza) e il “trattamento sanzionatorio” (cioè il calcolo della pena) sono due punti distinti e autonomi della decisione. Il trattamento sanzionatorio è solo l’effetto finale del primo. Pertanto, rinunciando ai motivi di merito, l’imputato ha implicitamente rinunciato anche a contestare il mancato riconoscimento dell’attenuante, anche se questo ha un’incidenza sulla pena finale. L’effetto devolutivo dell’impugnazione limita la cognizione del giudice solo ai punti non rinunciati, e in questo caso la questione dell’attenuante era stata esclusa dall’ambito del giudizio a seguito dell’accordo.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza l’idea del concordato in appello come un patto processuale che chiude definitivamente la discussione su determinate questioni. Chi sceglie questa strada deve essere consapevole che sta barattando la certezza di una pena concordata con la rinuncia a far valere determinate ragioni in un successivo grado di giudizio. La possibilità di ricorrere in Cassazione rimane, ma è confinata a garantire la correttezza procedurale dell’accordo stesso, non a riaprire un dibattito sul merito delle questioni a cui si è volontariamente abdicato.

Dopo un concordato in appello, è possibile ricorrere in Cassazione per il mancato riconoscimento di un’attenuante?
No. Secondo la Corte, la richiesta di riconoscimento di un’attenuante rientra tra i motivi di merito a cui si rinuncia con l’accordo. Pertanto, un ricorso basato su tale doglianza è inammissibile.

Cosa si intende per ‘trattamento sanzionatorio’ ai fini del concordato in appello?
Il ‘trattamento sanzionatorio’ si riferisce al calcolo finale della pena. È un punto distinto e autonomo rispetto alla valutazione sull’esistenza di circostanze attenuanti o aggravanti, che invece attiene al merito della decisione.

Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
Il ricorso è consentito solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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