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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di condanna per stupefacenti. La decisione si fonda sul fatto che l’interessato aveva precedentemente aderito a un ‘concordato in appello’ ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., rinunciando così implicitamente a sollevare questioni di merito, come il difetto di motivazione o la valutazione delle prove. La Suprema Corte ha ribadito che l’accordo sulla pena in secondo grado preclude quasi ogni successiva impugnazione.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dalla L. n. 103/2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”) all’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, la scelta di percorrere questa strada ha conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i limiti del ricorso successivo a un accordo, dichiarandolo inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato in Corte d’Appello per reati legati agli stupefacenti. Il difensore lamentava un vizio di violazione di legge e un difetto di motivazione. In particolare, sosteneva che non vi fosse prova certa che la sostanza detenuta fosse destinata alla cessione a terzi, ma piuttosto all’uso personale, e che i giudici di merito non avessero adeguatamente considerato la qualità di assuntore abituale del suo assistito. In subordine, chiedeva una riqualificazione del reato in una fattispecie meno grave.

La Decisione della Corte: l’impatto del concordato in appello

La Suprema Corte non è entrata nel merito delle doglianze sollevate dalla difesa. L’attenzione dei giudici si è concentrata, invece, su un aspetto puramente procedurale: l’esistenza di un precedente concordato in appello. La Corte ha stabilito che l’aver aderito a tale accordo preclude la possibilità di contestare in Cassazione questioni che si sarebbero dovute considerare rinunciate con l’accordo stesso. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio consolidato secondo cui l’accordo sulla pena in appello, previsto dall’art. 599-bis c.p.p., limita fortemente le successive possibilità di impugnazione. L’istituto prevede che le parti possano chiedere alla Corte d’Appello di accogliere, in tutto o in parte, i motivi di gravame, concordando una nuova pena e rinunciando agli altri eventuali motivi.

Questo atto di disposizione, riconosciuto alle parti, non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma produce un effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale successivo. La Cassazione, richiamando un proprio precedente (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018), ha specificato che il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è ammissibile solo per motivi attinenti a:

1. La formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Il consenso del Procuratore Generale alla richiesta.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto.

Sono invece inammissibili tutte le doglianze relative a motivi cui la parte ha rinunciato, anche se riguardano questioni rilevabili d’ufficio come le condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. Poiché i motivi del ricorrente nel caso di specie riguardavano il merito della vicenda (la valutazione delle prove e la qualificazione giuridica del fatto), essi rientravano a pieno titolo tra quelli implicitamente rinunciati con l’accordo. Pertanto, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche del Provvedimento

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso e offre importanti spunti di riflessione per la difesa. La scelta di accedere al concordato in appello deve essere ponderata con estrema attenzione. Se da un lato può rappresentare una via vantaggiosa per ottenere una riduzione di pena certa, dall’altro comporta la quasi totale abdicazione al diritto di impugnare la decisione in Cassazione. L’accordo sulla pena assume la natura di un patto processuale che cristallizza la situazione di merito, chiudendo la porta a future contestazioni sulla ricostruzione dei fatti o sulla valutazione della colpevolezza. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che ogni possibile vizio della sentenza di primo grado deve essere valutato prima di optare per il concordato, poiché dopo sarà troppo tardi per farli valere.

Dopo aver accettato un ‘concordato in appello’, posso ricorrere in Cassazione lamentando che non c’erano prove sufficienti per la condanna?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’adesione all’accordo sulla pena in appello implica la rinuncia a tutti i motivi di ricorso che riguardano il merito della vicenda, inclusa la valutazione delle prove. Tali motivi sono considerati inammissibili.

Quali sono gli unici motivi per cui è possibile presentare ricorso dopo un concordato in appello?
Il ricorso è ammesso solo per contestare vizi relativi alla formazione dell’accordo stesso, come un difetto nella volontà dell’imputato di aderirvi, al consenso del pubblico ministero, o nel caso in cui la sentenza del giudice sia diversa da quanto pattuito tra le parti.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile dopo un concordato in appello?
Come nel caso esaminato, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione per aver adito la Corte senza valide ragioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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