Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17230 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 17230 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 13/08/1969
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le ronclitginni del PC I IT(1 CTORDANO
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 25 settembre 2024, adottata ex art. 599-bis cod. proc. pen., la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, sull’accordo delle parti, ha applicato al ricorrente la pena concordata di anni tre e mesi due di reclusione. E’ stata confermata la sentenza di primo grado in ordine all’applicazione delle sanzioni accessorie di cui all’art. 216, u.c., I. fall. pe durata della pena.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore di fiducia, affidando le proprie censure a un unico motivo, qui di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. co proc. pen. e deducendo la violazione della legge fallimentare per avere il giudice omesso di giustificare la conferma della sentenza di primo grado in relazione alle pene accessorie e dare quindi contezza dei criteri concretamente impiegati nella commisurazione delle stesse.
Il ricorso – da trattarsi secondo il procedimento de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 103 del 2017, – è inammissibile.
Orbene, in tema di concordato in appello, avverso la sentenza resa ex art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile il ricorso in cassazione che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta, al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto no rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (ex multis, Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170).
Né una disciplina differente sussisteva nel previgente regime del patteggiamento in appello, poi abrogato dal D.L. n. 92 del 2008; a tal proposito, infatti, le Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226715 hanno affermato che «Nel cd. patteggiamento della pena in appello ai sensi dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., le parti esercitano il potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, dando vita a un negozio processuale liberamente stipulato che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato – salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata – da chi lo ha promosso o vi ha aderito, mediante proposizione di apposito motivo di ricorso per cassazione.»
Anche nell’ interpretazione avente ad oggetto il previgente regime del concordato in appello, dunque, il ricorso per cassazione avente ad oggetto una
pena non legittimamente stabilita, ma, comunque, di natura legale, non poteva essere proposto.
Orbene, nel caso in esame deve innanzitutto osservarsi che la doglianza relativa alle misure accessorie è inedita in quanto non risulta essere stata
proposta con i motivi di appello e che l’accordo intervenuto tra le parti ha riguardato la sola rideterminazione della pena.
E’ dunque evidente l’inammissibilità del ricorso qui proposto con cui il ricorrente lamenta la violazione di legge deducendo «che la Corte territoriale ha
confermato la durata delle pene ex articolo 216. 4 I. f. senza alcuna giustificazione con riferimento all’entità oggettiva della condotta e alla
personalità del prevenuto». Ed invero, in difetto di specifico motivo d’appello, la
Corte non era tenuta a motivare le ragioni della conferma della decisione di primo grado e né avrebbe dovuto effettuare alcuna valutazione
ex officio posto
che, nella specie, alla luce degli insegnamenti delle Sezioni Unite di questa Corte in ordine alla qualifica di una pena come illegale
(Sez. U, n. 5352 del 28/09/2023, dep. 2024, P., Rv. 285851-01; Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264858-01; Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, 3azouli, Rv. 264205-01) non sussiste alcuna illegalità delle pene accessorie inflitte.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 30 gennaio 2025