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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (c.d. ‘concordato in appello’ ex art. 599-bis c.p.p.), avevano impugnato la sentenza lamentando la mancata applicazione di circostanze attenuanti. La Corte ha stabilito che l’accordo implica una rinuncia a sollevare ulteriori doglianze, ad eccezione dei soli casi di pena illegale o applicata per un reato già prescritto, confermando un importante principio giurisprudenziale.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando l’Accordo Chiude le Porte alla Cassazione

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale di grande rilevanza strategica. Esso consente alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena, ottenendo una rapida definizione del processo. Tuttavia, questa scelta non è priva di conseguenze, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il provvedimento in esame chiarisce i limiti invalicabili del diritto di impugnazione successivo a un tale accordo, ribadendo un principio fondamentale: patti chiari, amicizia lunga, anche nel processo penale.

I Fatti del Caso: Un Accordo Strategico

Il caso trae origine da una sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Benevento, con cui due imputati venivano condannati per i reati di rapina e truffa. Entrambi proponevano appello e, in quella sede, raggiungevano un accordo con la Procura Generale ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. La Corte di appello di Napoli, recependo l’accordo, riformava la sentenza di primo grado e rideterminava la pena per entrambi.

Tuttavia, nonostante l’accordo, i due imputati decidevano di presentare separati ricorsi per Cassazione tramite i loro difensori.

Le Ragioni del Ricorso e il Ruolo del Concordato in Appello

I motivi del ricorso erano specifici e miravano a ottenere un’ulteriore riduzione della pena, seppur già concordata. In particolare:

* Un imputato lamentava la mancata applicazione della circostanza attenuante del contributo di minima importanza (art. 114 c.p.).
* L’altro imputato contestava un’erronea determinazione della pena per non aver tenuto adeguatamente conto dell’attenuante del risarcimento del danno.

Il punto cruciale della vicenda, dunque, non era la colpevolezza, ma la quantificazione della pena, un aspetto che era stato oggetto del concordato in appello.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Rinuncia Implicita

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un consolidato principio di diritto, recentemente ribadito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 19415 del 2023.

Secondo la Corte, la stipulazione di un concordato in appello implica una rinuncia da parte dell’imputato a dedurre, nel successivo giudizio di legittimità, qualsiasi altra doglianza. L’accordo sulla pena cristallizza la situazione processuale, precludendo ulteriori contestazioni.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. L’accordo tra le parti sui punti della sentenza da riformare, accettato dal giudice d’appello, preclude la possibilità di sollevare questioni diverse in Cassazione. Questa preclusione vale anche per le questioni che, in altre circostanze, potrebbero essere rilevate d’ufficio dal giudice.

Esistono solo due eccezioni a questa regola ferrea:

1. L’irrogazione di una pena illegale: una pena, cioè, non prevista dalla legge per quel tipo di reato o che eccede i limiti edittali.
2. L’applicazione di una sanzione per un reato già prescritto.

Nel caso di specie, le lamentele degli imputati non rientravano in nessuna di queste due categorie. Contestare la mancata applicazione di una circostanza attenuante riguarda il quantum della pena all’interno della cornice legale (il cosiddetto ‘paradigma normativo’), ma non rende la pena ‘illegale’. La pena era stata determinata proprio in conformità alla richiesta delle parti. Pertanto, i ricorsi sono stati ritenuti inammissibili in quanto esulavano dalle uniche eccezioni consentite.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito per la prassi legale. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata attentamente con il proprio difensore. Se da un lato offre il vantaggio di una definizione più rapida e certa della pena, dall’altro comporta la rinuncia quasi totale a un ulteriore grado di giudizio. La porta della Cassazione, salvo i casi eccezionali di illegalità della pena, si chiude nel momento in cui l’accordo viene siglato. La condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle Ammende è la diretta e inevitabile conseguenza di questa scelta processuale.

Dopo un accordo sulla pena in appello (concordato), è ancora possibile fare ricorso in Cassazione?
Di regola, no. Secondo la Corte, la stipulazione di un accordo sulla pena in appello implica la rinuncia a presentare successivi ricorsi, poiché le parti accettano la rideterminazione della pena come definitiva.

Quali sono le uniche eccezioni che permettono il ricorso in Cassazione nonostante il concordato in appello?
Il ricorso resta possibile solo in due casi eccezionali: se si contesta l’applicazione di una pena considerata ‘illegale’ (cioè non prevista dalla legge o fuori dai limiti massimi e minimi) oppure se la sanzione è stata applicata per un reato che al momento della decisione era già estinto per prescrizione.

La mancata applicazione di una circostanza attenuante può essere considerata una ‘pena illegale’?
No. La Corte ha chiarito che le questioni relative alla concessione o meno di circostanze attenuanti riguardano la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena all’interno dei limiti legali e non costituiscono un’ipotesi di pena illegale. Di conseguenza, non giustificano un ricorso dopo un concordato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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