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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado per lesioni e omissione di soccorso, presenta ricorso in Cassazione sostenendo la propria innocenza. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che il **concordato in appello** implica la rinuncia a contestare la responsabilità penale. L’impugnazione è consentita solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo o per illegalità della pena.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per l’imputato che, a fronte di una rinuncia ai motivi di impugnazione, può ottenere una rideterminazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile i limiti di tale strumento, specificando quando un successivo ricorso per cassazione debba considerarsi inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Milano, che, in parziale riforma di una pronuncia di primo grado, aveva rideterminato la pena per un imputato a dieci mesi di reclusione. La condanna riguardava i reati di lesioni colpose (art. 590 c.p.) e la violazione di norme del Codice della Strada relative all’omissione di soccorso a seguito di incidente (art. 189 d.lgs. 285/1992). Tale rideterminazione della pena era avvenuta sulla base di un accordo tra le parti, ovvero un concordato in appello.

Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione. L’unica doglianza sollevata riguardava una presunta violazione di legge, sostenendo che l’imputato avrebbe dovuto essere assolto per carenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero per assenza di colpa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accesso al concordato in appello preclude la possibilità di contestare successivamente la fondatezza dell’accusa e la responsabilità penale. L’imputato non può, in altre parole, prima accordarsi sulla pena rinunciando ai motivi di appello e poi, in sede di legittimità, rimettere in discussione la sua colpevolezza.

Le Motivazioni: la Natura del Concordato in Appello e i Limiti all’Impugnazione

La Corte ha delineato con precisione la fisionomia giuridica del concordato in appello, distinguendola nettamente da quella dell’applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto “patteggiamento” ex art. 444 c.p.p.). Mentre nel patteggiamento l’accordo abbraccia anche i termini dell’accusa, consentendo un ricorso per cassazione sulla qualificazione giuridica del fatto, nel concordato in appello l’accordo si innesta sulla rinuncia ai motivi di impugnazione.

Questa rinuncia comporta l’impossibilità di contestare successivamente la responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto decise nei gradi di merito. Di conseguenza, il ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi tassativamente limitati:

1. Vizi nella formazione della volontà: Qualora la volontà dell’imputato di accedere all’accordo sia stata viziata.
2. Mancanza di consenso del P.M.: Se manca il consenso del Pubblico Ministero alla richiesta.
3. Difformità della sentenza: Nel caso in cui il giudice abbia emesso una pronuncia con un contenuto difforme rispetto all’accordo raggiunto.

Sono invece inammissibili le doglianze relative a motivi a cui si è rinunciato (come la valutazione delle prove o la sussistenza dell’elemento soggettivo), alla mancata applicazione di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., o a vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale (cioè inflitta al di fuori dei limiti edittali o diversa da quella prevista dalla legge).

Nel caso specifico, la lamentela dell’imputato riguardava proprio il merito della sua responsabilità, un aspetto coperto dalla rinuncia implicita nell’accordo. Pertanto, il ricorso è stato ritenuto proposto per un motivo non consentito dalla legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di aderire a un concordato in appello è una decisione processuale definitiva che cristallizza l’accertamento di responsabilità. L’imputato ottiene il beneficio di una pena certa e potenzialmente più mite, ma perde la facoltà di contestare la propria colpevolezza davanti alla Corte di Cassazione. È essenziale che l’imputato e il suo difensore valutino attentamente questo bilanciamento, poiché una volta siglato l’accordo, le vie per rimettere in discussione il verdetto di condanna si riducono drasticamente, essendo limitate a profili procedurali o di palese illegalità della sanzione.

È possibile fare ricorso in Cassazione per contestare la propria colpevolezza dopo aver concluso un “concordato in appello”?
No, il ricorso è inammissibile se riguarda motivi attinenti alla responsabilità penale. L’accordo si fonda proprio sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, inclusi quelli sulla valutazione della colpevolezza.

In quali casi è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi che riguardano la formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, il consenso del pubblico ministero, un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, oppure l’illegalità della pena inflitta (ad esempio, una pena fuori dai limiti previsti dalla legge).

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un’impugnazione non consentita dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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