Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7146 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7146 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME RAGIONE_SOCIALE nato il 07/06/1992
avverso la sentenza del 28/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita là relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 28 maggio 2024 la Corte di appello di Milano, in 2’LL parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale GLYPH ha rideterminato, sull’accordo delle parti, la pena inflitta a NOME nella misura di mesi dieci di reclusione in ordine ai reati di cui agli artt. 590 cod. pen. (capo A); 189, commi 1 e 6, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (capo B) e 189, commi 1 e 7, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (capo C).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, lamentando, con un’unica doglianza, violazione di legge per mancata sua assoluzione dalle condotte ascrittegli per carenza dell’elemento soggettivo.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito.
E’ stato precisato, infatti, che il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo quando deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170-01; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102-01).
Il concordato in appello, d’altro canto, ha una diversa fisionomia rispetto all’applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. – derivante dal diverso contenuto dell’accordo che, nel primo caso, si innesta sulla rinuncia ai motivi di impugnazione (con conseguente impossibilità di contestare la responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto), mentre nel secondo abbraccia anche i termini dell’accusa (da cui deriva la possibilità di proporre ricorso per cassazione anche per ciò che concerne la qualificazione giuridica) – con la conseguenza che le ipotesi di annullamento della sentenza ex art. 599-bis cod. proc. pen. sono sicuramente più limitate rispetto a quelle previste dall’art. 448-bis dello stesso codice, dato che riguardano essenzialmente l’illegalità della pena che costituisce l’unica ipotesi in cui, indipendentemente dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, sempreché non sia tardivo, la Corte di legittimità deve procedere
d’ufficio all’annullamento della sentenza impugnata (così, Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277196-01).
La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione deve, pertanto, essere pronunciata «senza formalità», ai sensi di quanto disposto dall’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che, avuto riguardo all’elevato coefficiente di colpa connotante la rilevata causa di inammissibilità, appare conforme a giustizia stabilire nella somma di euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 novembre 2024
GLYPH
Il Consigliere estensore