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Concordato in appello: limiti al ricorso in cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputate contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La decisione sottolinea che l’accordo sulla pena in secondo grado implica la rinuncia a contestare nel merito le accuse, inclusa la sussistenza di circostanze aggravanti, limitando l’impugnazione ai soli vizi procedurali o all’illegalità della pena.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette di definire il processo in secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 30830/2024) ha ribadito i rigidi limiti all’impugnabilità delle sentenze emesse con tale rito, chiarendo quali motivi di ricorso sono preclusi.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato in concorso, emessa dal Tribunale di primo grado. In sede di appello, le due imputate, attraverso il loro difensore, raggiungevano un accordo con la Procura Generale, accedendo al rito del “concordato in appello”. La Corte d’Appello di Roma, in riforma della precedente decisione, rideterminava la pena nella misura di dieci mesi di reclusione e 140,00 euro di multa per ciascuna, sulla base dell’accordo raggiunto tra le parti.

Il Ricorso e la questione sul concordato in appello

Nonostante l’accordo, le imputate proponevano ricorso per cassazione. Il motivo sollevato era unico e specifico: la violazione di legge e il difetto di motivazione riguardo alla sussistenza di una delle circostanze aggravanti contestate (art. 625 n. 7 c.p.). In sostanza, pur avendo concordato la pena, le ricorrenti tentavano di rimettere in discussione un aspetto fondamentale della qualificazione giuridica del fatto per cui erano state condannate.

La Differenza con il Patteggiamento

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibili i ricorsi, ha colto l’occasione per marcare la differenza tra il concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.) e l’applicazione della pena su richiesta delle parti, o “patteggiamento” (art. 444 c.p.p.). Mentre nel patteggiamento l’accordo abbraccia anche i termini dell’accusa, consentendo un ricorso per cassazione anche sulla qualificazione giuridica, nel concordato in appello l’accordo si innesta sulla rinuncia ai motivi di impugnazione. Questa rinuncia comporta la cristallizzazione della responsabilità e della qualificazione giuridica del fatto, rendendo impossibile contestarli successivamente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha affermato un principio consolidato: il ricorso avverso una sentenza di concordato in appello è ammissibile solo in casi eccezionali e tassativi. Questi includono:

1. Vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero.
3. Contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo stipulato.
4. Illegalità della pena inflitta, qualora essa sia di un tipo diverso da quello previsto dalla legge o non rientri nei limiti edittali.

Qualsiasi doglianza relativa a motivi a cui si è rinunciato, come la valutazione delle prove, la ricostruzione dei fatti o la sussistenza di aggravanti, è inammissibile. L’accordo stesso presuppone l’accettazione del quadro accusatorio in cambio di una pena più mite. Tentare di contestare tali elementi in Cassazione costituisce un abuso del diritto di impugnazione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame ribadisce con fermezza la natura e la finalità del concordato in appello. Per l’imputato e il suo difensore, la scelta di accedere a questo rito deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza che essa implica una rinuncia quasi totale a future contestazioni. Il beneficio di una pena certa e ridotta si paga con la preclusione della possibilità di rimettere in discussione il merito della vicenda processuale davanti alla Corte di Cassazione. Il ricorso resta un’opzione percorribile solo per vizi procedurali gravi o per palesi illegalità della sanzione, escludendo ogni tentativo di riesame della colpevolezza e delle circostanze del reato.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ per contestare la sussistenza di un’aggravante?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo sul ‘concordato in appello’ implica la rinuncia a contestare la responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto, incluse le circostanze aggravanti. L’impugnazione è quindi inammissibile per tali motivi.

Quali sono gli unici motivi per cui si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
Secondo la pronuncia, il ricorso è ammesso solo per motivi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, al contenuto difforme della pronuncia rispetto all’accordo, o all’illegalità della pena (se non rientra nei limiti di legge o è di tipo diverso da quello previsto).

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
In caso di inammissibilità, la Corte condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è commisurato alla colpa nell’aver proposto un ricorso non consentito. Nel caso specifico, la somma è stata di 4.000 euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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