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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 26918/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza che aveva applicato una pena concordata in appello. La Corte ha chiarito che il ‘concordato in appello’ implica la rinuncia a contestare la qualificazione giuridica del fatto e il bilanciamento delle circostanze. L’impugnazione è consentita solo in casi eccezionali, come l’applicazione di una ‘pena illegale’, ovvero una sanzione non prevista dalla legge per quel reato, e non per una pena ritenuta semplicemente sproporzionata.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare, in cambio di una rinuncia ai motivi di appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 26918/2024) ha ribadito i rigidi limiti all’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di tale accordo, chiarendo quando il ricorso diventa inammissibile.

I fatti di causa

Nel caso di specie, un imputato era stato condannato in primo grado per omicidio preterintenzionale e lesioni personali aggravate. In sede di appello, la difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale, ottenendo una parziale riforma della sentenza con una rideterminazione della pena a sette anni e sei mesi di reclusione. La Corte d’assise d’appello, preso atto del concordato in appello, aveva emesso la sentenza in conformità all’accordo tra le parti.

Il ricorso in Cassazione e i motivi di doglianza

Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori dell’imputato hanno proposto ricorso per Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Erronea qualificazione giuridica dei fatti: la difesa sosteneva che i fatti dovessero essere qualificati come omicidio colposo anziché preterintenzionale, criticando la valutazione dell’elemento soggettivo del reato.
2. Illegalità della pena: si lamentava che la sanzione fosse sproporzionata, in quanto le circostanze attenuanti generiche non erano state giudicate prevalenti sulle aggravanti, portando a una pena non adeguata alla reale gravità del fatto.

Le motivazioni della Corte: il perimetro del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara lezione sui limiti dell’impugnazione successiva a un concordato in appello. I giudici hanno sottolineato che questo istituto si fonda su una rinuncia ai motivi di impugnazione. Accettando l’accordo, la difesa implicitamente rinuncia a contestare punti come la qualificazione giuridica del reato e la valutazione delle circostanze, che sono stati oggetto della negoziazione.

La Suprema Corte ha precisato che il ricorso avverso una sentenza “concordata” è ammissibile solo in casi eccezionali e circoscritti. In particolare, è possibile impugnare la sentenza per:
* Vizi relativi alla formazione della volontà di accedere al concordato.
* Contenuto della sentenza difforme dall’accordo raggiunto.
* Applicazione di una pena illegale.

La distinzione cruciale tra pena ‘illegale’ e pena ‘illegittima’

La Corte ha ribadito un principio fondamentale, consolidato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite: una pena è illegale solo quando, per specie o quantità, si colloca al di fuori del sistema sanzionatorio previsto dalla legge per quella fattispecie di reato. È, ad esempio, illegale una pena detentiva per un reato che prevede solo una sanzione pecuniaria, o una pena superiore al massimo edittale.

Una pena illegittima, invece, è quella che, pur rientrando nella cornice edittale, è stata determinata in violazione di legge (ad esempio, per un errato bilanciamento delle circostanze). Nel caso del concordato in appello, la contestazione di una pena meramente illegittima non è ammessa, poiché l’accordo tra le parti sana tale vizio.

Le doglianze dell’imputato, relative alla qualificazione giuridica e al giudizio di bilanciamento, rientravano tra i motivi rinunciati con l’accordo. Non essendo stata denunciata l’applicazione di una pena “illegale” nel senso stretto del termine, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in commento conferma che la scelta di aderire al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Comporta la quasi totale preclusione della possibilità di ricorrere in Cassazione. L’impugnazione rimane una via percorribile solo per vizi genetici dell’accordo o per l’ipotesi, molto rara, di irrogazione di una sanzione che la legge non contempla affatto per quel reato. Pertanto, le parti devono ponderare attentamente i benefici della riduzione di pena a fronte della rinuncia a far valere le proprie argomentazioni davanti al giudice di legittimità.

È sempre possibile ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
No, la possibilità di ricorrere è estremamente limitata. L’accordo implica la rinuncia alla maggior parte dei motivi di impugnazione, inclusi quelli relativi alla qualificazione giuridica del fatto e alla determinazione della pena, a meno che quest’ultima non sia ‘illegale’.

Cosa si intende per ‘pena illegale’ che giustifica un ricorso dopo un concordato in appello?
Per ‘pena illegale’ si intende una sanzione che, per specie (es. arresto invece di reclusione) o per quantità (es. superiore al massimo previsto dalla legge), non rientra in quella astrattamente prevista dal codice penale per il reato in questione. Non è sufficiente che la pena sia ritenuta sproporzionata o frutto di un errato bilanciamento delle circostanze.

Con il concordato in appello si rinuncia a contestare la qualificazione giuridica del reato?
Sì, l’accordo delle parti sui punti concordati, che porta alla rideterminazione della pena, implica la rinuncia a sollevare nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, inclusa quella sulla qualificazione giuridica del fatto, poiché rientra nell’oggetto dell’accordo stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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