Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23659 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23659 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME, che ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
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Motivi della decisione
COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, pronunciata ai sensi degli artt. 599 bis e ss. cod. proc. pen. deducendo, l’COGNOME, vizio motivazionale e violazione di legge in relazione alla mancata verifica della ricorrenza dei presupposti per la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, disposta ai sensi Li dell’art.86 dPR 309/90 dal primo giudice, nonché in relazione.éri.qualificazione giuridica dei fatti nell’ambito dell’ariL.73 comma 5 dPR 309/90 e, l’COGNOME, assumendo la omessa considerazione del quarto motivo di appello /con il quale era stato dedotto l’assorbimento del disvalore dei fatti di cui alle contestazioni 4.42 e 4.43 nei fatti giudicati di cui ai capi 4.40 e 4.41, trattandosi di condotte di cessione intimamente connesse alle ipotesi di detenzione ivi contestate.
Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata in relazione a tali profili di doglianza.
I ricorsi si presentano manifestamente infondati e quindi vanno dichiarati inammissibili.
Questa Corte di legittimità ha chiarito che, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599 bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore COGNOME ,Generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen (Sez. 2, Ordinanza n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969). E in altra condivisibile pronuncia si è ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accord sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dal nuovo art. 599-bis cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione. (così Sez. 5, Ordinanza n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 273194, che, in applicazione del principio, ha ritenuto inammissibile il ricorso concernente la valutazione sulla sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen.).
3.1 È poi inammissibile il ricorso per cassazione, avverso la sentenza resa all’esito del concordato sui motivi di appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., volto a
censurare la qualificazione giuridica del fatto, in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questione rilevabile di ufficio, con l’unica eccezione dell’irrogazione di una pena illegale (in motivazione la Corte ha precisato che detto principio, elaborato con riferimento all’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., resta applicabile all’attuale concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., che costituisce la sostanziale riproposizione del precedente strumento deflattivo t i ez.6, n.41254 del 04/07/2019, Leone, Rv.277196). In ogni caso il giudice distrettuale ha esamiNOME le condotte contestate agli imputati in ciascun capo di imputazione prendendo posizione, con articolato iter motivazionale, sulla qualificazione giuridica di ogni ipotesi delittuosa, e su tali argomentazioni i ricorrenti non hanno sollevato alcuna censura di legittimità.
3.2 Parimenti inammissibile è la doglianza articolata dall’Oussiali attraverso il richiamo al quarto motivo di appello (concernente una asserita ipotesi di assorbimento di due delle fattispecie ascritte). A parte le considerazioni sopra svolte in ordine ai limiti di sindacato del giudice di legittimità in relazione alla qualificazion giuridica dei fatti contestati, il giudice distrettuale a pag.20 della sentenza impugnata, penultimo capoverso, non solo ha dato atto della rinuncia dell’imputato a coltivare tale doglianza, ma ha anche escluso che ricorressero profili di evidenza in base ai quali dovere pronunciare sentenza assolutoria ai sensi dell’art.129 comma 2 cod.pen., rappresentando le ragioni per li quali le contestazioni di cui ai capi 4.40, 4.41, 4.42 e 4.43 delineassero fattispecie del tutto autonome di detenzione e di cessione di sostanze stupefacenti.
3.3 Quanto infine alla misura di sicurezza dell’espulsione comminata dal primo giudice al ricorrente COGNOME ai sensi del disposto di cui all’art.86, dPR 309/90, il giudice distrettuale, a pagina 44 della sentenza impugnata, non solo ha evidenziato che, sulla specifica questione, comune a tutti gli imputati, nessuna delle difese aveva mosso alcuna censura, ma che neppure la statuizione contenuta nella sentenza di primo grado aveva formato oggetto dei motivi di impugnazione in appello, con la conseguenza che la questione non risulta proponibile per la prima volta nel presente giudizio di legittimità, ai sensi dell’art.606 cpv. cod.proc.pen.
4. Entrambi i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle am mende.
Così deciso in Roma il 22/03/2024.