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Concordato in Appello: Limiti al Ricorso in Cassazione

Due individui ricorrono in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’. La Suprema Corte dichiara i ricorsi inammissibili, ribadendo che l’accordo sulla pena preclude la possibilità di sollevare nuove doglianze, salvo vizi nella formazione della volontà o pena illegale. L’accordo, infatti, implica una rinuncia ai motivi di appello non concordati.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Precluso

Il Concordato in Appello, introdotto nel nostro ordinamento processuale penale con l’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo volto a velocizzare la definizione dei processi. Tuttavia, la scelta di accedere a tale accordo comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare successivamente la decisione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23659/2024, chiarisce in modo netto i limiti del ricorso contro una sentenza emessa a seguito di questo patteggiamento di secondo grado.

Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda due imputati che, dopo aver raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello, hanno deciso di presentare comunque ricorso per Cassazione, sollevando questioni che erano state di fatto superate dall’accordo stesso. La decisione della Corte è stata perentoria: i ricorsi sono manifestamente infondati e, quindi, inammissibili.

I Fatti di Causa

Due soggetti, condannati in primo grado per reati legati agli stupefacenti, avevano presentato appello. In sede di giudizio di secondo grado, le difese avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., rinunciando a specifici motivi di appello in cambio di una rideterminazione della pena. Nonostante ciò, una volta emessa la sentenza d’appello che recepiva l’accordo, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione.

Un ricorrente lamentava la mancata verifica dei presupposti per una misura di sicurezza e l’errata qualificazione giuridica di un reato. L’altro, invece, contestava il mancato assorbimento di alcune condotte di cessione di stupefacenti in quelle più ampie di detenzione.

L’Applicazione del Concordato in Appello e i Limiti al Ricorso

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella sua giurisprudenza. Quando le parti scelgono la via del Concordato in Appello, accettano di limitare il perimetro del giudizio a specifici punti. Questo atto dispositivo, ovvero la scelta volontaria di rinunciare a determinati motivi di impugnazione, ha un effetto preclusivo non solo per il giudice d’appello ma anche per l’intero prosieguo del processo, incluso il giudizio di legittimità.

L’accordo sulla pena implica, per sua natura, una rinuncia a far valere ogni altra doglianza, anche se relativa a questioni che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio, come le cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p. L’unica eccezione a questa regola ferrea è l’ipotesi in cui venga irrogata una pena illegale, ovvero una sanzione non prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o applicata in violazione di norme inderogabili.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili sulla base delle seguenti motivazioni:
1. Rinuncia Implicita: L’accordo processuale ex art. 599-bis c.p.p. comporta una rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza. Le questioni sulla qualificazione giuridica del fatto o sull’assorbimento dei reati rientrano tra i punti a cui i ricorrenti avevano implicitamente rinunciato aderendo al concordato.
2. Effetto Preclusivo: Il potere dispositivo riconosciuto alle parti dall’istituto del Concordato in Appello limita la cognizione del giudice e preclude la riproposizione di motivi rinunciati. È un meccanismo analogo alla rinuncia espressa all’impugnazione.
3. Divieto di Nuove Questioni: In merito alla misura di sicurezza, la Corte ha evidenziato che la questione non era stata nemmeno sollevata con i motivi d’appello. Di conseguenza, non poteva essere proposta per la prima volta in sede di legittimità, come previsto dall’art. 606, comma 3, c.p.p.

La Corte ha specificato che il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di ‘patteggiamento in appello’ è ammissibile solo per motivi strettamente circoscritti, quali vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore Generale o a un contenuto della sentenza difforme da quanto concordato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza la natura dispositiva e tombale del Concordato in Appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole che sta compiendo una scelta strategica che preclude, quasi del tutto, la possibilità di un successivo controllo da parte della Corte di Cassazione. La decisione di accordarsi sulla pena equivale a una rinuncia a contestare tutti gli altri aspetti della sentenza di primo grado, cristallizzando la decisione su quei punti. Pertanto, la valutazione sull’opportunità di un concordato deve essere ponderata attentamente, tenendo conto che, salvo casi eccezionali come l’applicazione di una pena illegale, la porta del ricorso per Cassazione sui motivi rinunciati sarà definitivamente chiusa.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo un accordo sulla pena in appello (concordato)?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, problemi relativi al consenso del Procuratore Generale, un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, oppure l’applicazione di una pena illegale.

Se si accetta un concordato in appello, si rinuncia a tutti i motivi del ricorso originale?
Sì, l’accordo implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questioni che il giudice potrebbe rilevare di sua iniziativa. L’effetto è preclusivo sull’intero svolgimento processuale residuo.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione una questione non discussa in appello?
No, la sentenza chiarisce che una questione non dedotta nei motivi di appello non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 606 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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