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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La decisione si fonda sul principio che, a seguito di un concordato in appello (accordo sulla pena ex art. 599-bis c.p.p.), non è possibile sollevare questioni di merito che sono state oggetto di rinuncia. Il ricorso è ammesso solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo stesso, confermando la natura quasi definitiva di tale patteggiamento processuale.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena, chiudendo così il giudizio di secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i rigidi limiti all’impugnabilità della sentenza che recepisce tale accordo, chiarendo quali motivi di ricorso possano essere presentati e quali, invece, siano preclusi. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un soggetto condannato in primo grado per furto aggravato. In sede di appello, l’imputato e la procura generale raggiungevano un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. (il cosiddetto concordato in appello). Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva comunque ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento di una specifica attenuante.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile senza formalità, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Riforma Orlando (L. 103/2017), permette una definizione rapida dei ricorsi palesemente infondati. La Corte ha stabilito che la scelta di accedere al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a far valere la maggior parte delle doglianze, comprese quelle relative alla determinazione della pena, come nel caso di specie.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione risiede nella natura stessa del concordato in appello. La Corte ha richiamato la sua giurisprudenza costante, secondo cui, una volta perfezionato l’accordo sulla pena, non sono più deducibili in sede di legittimità questioni che sono state oggetto dei motivi di appello rinunciati. Questo divieto si estende anche a questioni rilevabili d’ufficio, come la sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., o a vizi nella determinazione della pena, a meno che questi non si traducano in una sanzione illegale.

La Cassazione ha chiarito che l’impugnazione avverso una sentenza emessa a seguito di patteggiamento in appello è consentita solo per motivi molto specifici, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Difetti nel consenso prestato dal pubblico ministero.
3. Una pronuncia del giudice difforme rispetto ai termini dell’accordo raggiunto tra le parti.

Nel caso specifico, il motivo addotto dal ricorrente – relativo a un’attenuante – esulava completamente da queste eccezioni. La sua doglianza rientrava tra quelle questioni coperte dalla rinuncia implicita nell’accordo. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile.

Conclusioni

La decisione riafferma con forza il carattere quasi tombale del concordato in appello. Per l’imputato e il suo difensore, la scelta di percorrere questa strada processuale deve essere attentamente ponderata, poiché preclude quasi ogni possibilità di un successivo controllo di legittimità sulla sentenza. L’accordo cristallizza la situazione processuale e la rinuncia ai motivi di appello è il prezzo da pagare per ottenere una pena concordata. La pronuncia serve da monito: una volta siglato il patto, le porte della Cassazione si chiudono, salvo che per denunciare specifici vizi genetici dell’accordo stesso.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver concluso un concordato in appello?
Sì, ma solo per un numero molto limitato di motivi. Il ricorso è ammesso unicamente se si contestano vizi relativi alla formazione della volontà di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o nel caso in cui la decisione del giudice sia difforme rispetto a quanto pattuito.

Quali questioni non possono essere sollevate in Cassazione dopo un accordo sulla pena in appello?
Non si possono sollevare questioni che sono state oggetto dei motivi di appello a cui si è rinunciato per raggiungere l’accordo. Ciò include critiche sulla valutazione delle prove, sul riconoscimento di attenuanti, sulla determinazione della pena (salvo che sia illegale) e persino sulla presenza di cause di proscioglimento che il giudice avrebbe potuto rilevare d’ufficio.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato in appello?
Quando la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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