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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per riciclaggio e ricettazione, la cui pena era stata rideterminata tramite un concordato in appello. La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso avverso tale tipo di sentenza è consentito solo per vizi specifici legati alla formazione dell’accordo o all’illegalità della pena, escludendo doglianze sulla valutazione della colpevolezza o sulla quantificazione della sanzione, poiché l’adesione al concordato implica una rinuncia a tali motivi.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello e Ricorso in Cassazione: I Limiti Fissati dalla Suprema Corte

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per la difesa che può portare a una riduzione della pena. Tuttavia, tale scelta comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha delineato con precisione i confini, spesso invalicabili, del ricorso avverso una sentenza frutto di tale accordo, confermando la sua natura quasi definitiva.

I Fatti del Processo

Il caso in esame ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Bari, che, in parziale riforma di una precedente decisione, aveva accolto la richiesta di concordato in appello formulata dalle parti. Di conseguenza, le pene inflitte a due imputati, condannati per riciclaggio in concorso (e uno dei due anche per ricettazione), venivano rideterminate. Nonostante l’accordo raggiunto, entrambi gli imputati, tramite i loro difensori, proponevano ricorso per Cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza d’appello.

Le doglianze sollevate erano diverse: un ricorrente lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato esame di possibili cause di proscioglimento, oltre a questioni relative al diniego di attenuanti e alla determinazione della pena. L’altro, invece, denunciava una violazione di legge penale specifica nella quantificazione della sanzione.

La Decisione della Corte: Ricorsi Inammissibili

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli basati su motivi non consentiti dalla legge. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: il ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è un’ipotesi eccezionale e limitata.

L’accesso a questo strumento di impugnazione è possibile solo in circostanze ben definite, quali:
1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Pronuncia di una sentenza con un contenuto difforme rispetto all’accordo raggiunto.
4. Omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, qualora questa fosse già maturata prima della sentenza stessa (come stabilito dalle Sezioni Unite).

La Differenza con il Patteggiamento e le Motivazioni sul concordato in appello

La Corte ha sottolineato che l’accordo in appello si fonda sulla rinuncia ai motivi di impugnazione. Questo significa che l’imputato, accettando il concordato, accetta implicitamente la propria responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto, rinunciando a contestarle ulteriormente. Di conseguenza, sono inammissibili tutte le censure che riguardano la valutazione delle prove, la sussistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), il diniego di attenuanti o la determinazione della pena, a meno che quest’ultima non sia illegale, ovvero inflitta al di fuori dei limiti edittali o in una specie diversa da quella prevista dalla legge.

Il provvedimento evidenzia come la fisionomia del concordato in appello sia diversa da quella del patteggiamento (ex art. 444 c.p.p.). Nel concordato, l’accordo si innesta sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, rendendo ancora più ristrette le possibilità di un successivo ricorso rispetto a quelle previste per il patteggiamento. L’unica vera ancora di salvezza per l’imputato, una volta siglato l’accordo, rimane l’eventuale illegalità della pena, un vizio che la Cassazione può rilevare d’ufficio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, inviando un messaggio chiaro agli operatori del diritto: la scelta del concordato in appello è una via quasi senza ritorno. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro cristallizza l’accertamento di colpevolezza e preclude quasi ogni ulteriore discussione nel merito. Gli imputati e i loro difensori devono ponderare con estrema attenzione questa opzione, essendo consapevoli che, una volta raggiunto l’accordo, le porte della Cassazione si chiudono per la maggior parte delle questioni. La decisione finale ha quindi comportato, per i ricorrenti, non solo la conferma della condanna ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per aver adito la Corte con motivi non consentiti.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.)?
Sì, ma solo per motivi molto specifici e limitati, come vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, dissenso del pubblico ministero, contenuto della pronuncia difforme rispetto all’accordo, oppure omessa dichiarazione di prescrizione del reato maturata prima della sentenza.

Si può lamentare in Cassazione la mancata valutazione di cause di proscioglimento dopo un concordato in appello?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che le doglianze relative alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. sono inammissibili, poiché l’accordo sul concordato implica la rinuncia a tali motivi di impugnazione.

Cosa succede se si propone un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato in appello?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se si ravvisano profili di colpa, anche al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie dove è stata fissata in tremila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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