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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9972/2024, dichiara inammissibili i ricorsi contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La Corte ribadisce che non si possono contestare motivi rinunciati, come la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., se la pena concordata non è illegale. Questa decisione consolida il principio secondo cui la scelta del rito speciale limita le successive impugnazioni.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per la difesa che può portare a una riduzione della pena. Tuttavia, questa scelta non è priva di conseguenze sul piano delle successive impugnazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9972/2024) ribadisce con fermezza i limiti del ricorso contro una sentenza che recepisce tale accordo, chiarendo quali motivi possano essere validamente proposti e quali, invece, debbano considerarsi rinunciati.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Patteggiamento in Secondo Grado

Il caso trae origine da una condanna emessa dal GIP del Tribunale di Milano nei confronti di due soggetti per plurimi episodi di rapina aggravata in concorso. In secondo grado, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo sulla pena, formalizzato attraverso la procedura del concordato in appello. La Corte d’Appello di Milano, accogliendo la richiesta, rideterminava le sanzioni per entrambi gli imputati. Nonostante l’accordo raggiunto, i due condannati decidevano di presentare ricorso per cassazione, sollevando questioni di legittimità.

Il ricorso in Cassazione e le ragioni del concordato in appello

I ricorrenti, tramite il loro difensore, hanno tentato di portare all’attenzione della Suprema Corte due principali doglianze:
1. Per entrambi, una presunta violazione dell’art. 129 c.p.p., sostenendo che i giudici di merito avrebbero dovuto dichiarare il proscioglimento per evidente assenza di prove, nonostante l’accordo sulla pena.
2. Per uno solo dei due, una errata applicazione delle norme sul concorso di reati e sulla continuazione, che avrebbe portato a una pena più gravosa del dovuto.

Il fulcro della questione era se, dopo aver accettato un concordato in appello, fosse ancora possibile contestare la sussistenza stessa della responsabilità penale o i criteri di commisurazione della pena pattuiti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, aderendo a un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno chiarito che la scelta di accedere al concordato sulla pena in appello comporta una rinuncia implicita a far valere determinate censure. Nello specifico, non sono ammissibili doglianze relative a:
* Motivi rinunciati: come la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p., poiché l’accordo sulla pena presuppone un’ammissione di responsabilità o, quantomeno, la rinuncia a contestarla nel merito.
* Determinazione della pena: non si possono contestare i criteri con cui la pena è stata determinata, a meno che la sanzione finale non sia illegale, ovvero inflitta al di fuori dei limiti edittali previsti dalla legge o di tipo diverso da quello prescritto.

L’unico ricorso ammissibile avverso una sentenza di concordato in appello è quello che verte su vizi relativi alla formazione della volontà della parte, al consenso del pubblico ministero, o a un contenuto della pronuncia del giudice difforme dall’accordo. Nel caso di specie, i motivi proposti non rientravano in queste categorie, ma miravano a una rivalutazione del merito preclusa dalla scelta processuale effettuata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la scelta del concordato in appello è un’arma a doppio taglio. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro chiude quasi del tutto la porta a un successivo ricorso in Cassazione. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che, salvo vizi genetici dell’accordo o palesi illegalità della pena, la sentenza emessa in seguito a concordato diviene, di fatto, definitiva. La decisione di intraprendere questa strada processuale richiede, pertanto, un’attenta ponderazione dei rischi e dei benefici, poiché implica la rinuncia a contestare nel merito la propria responsabilità.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile solo se riguarda vizi nella formazione della volontà della parte, nel consenso del pubblico ministero, o se la sentenza del giudice è difforme dall’accordo. Non è possibile contestare il merito della responsabilità.

Se si accetta un concordato in appello, si può ancora chiedere l’assoluzione per una causa evidente di non punibilità (art. 129 c.p.p.)?
No. Secondo la Corte, la scelta di concordare la pena implica una rinuncia a far valere motivi che attengono al merito della colpevolezza, inclusa la richiesta di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Quali vizi della pena possono essere contestati in Cassazione dopo un concordato in appello?
Possono essere contestati solo i vizi che si traducono in una ‘illegalità’ della sanzione. Ciò avviene quando la pena inflitta è al di fuori dei limiti minimi o massimi previsti dalla legge per quel reato, oppure è di un genere diverso da quello stabilito dalla norma (es. reclusione invece di arresto). Non sono ammesse censure sulla ‘congruità’ della pena concordata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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