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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8972/2024, dichiara inammissibili i ricorsi di quattro imputati condannati per rapina e sequestro di persona. La Corte chiarisce che l’adesione al concordato in appello (patteggiamento in appello) implica una rinuncia a sollevare successive contestazioni, salvo l’applicazione di una pena illegale. Viene inoltre confermato che reati funzionalmente collegati, come rapina e sequestro del trasportatore, sono considerati ‘della stessa indole’ ai fini della recidiva, e che il ricorso per cassazione non può mirare a una nuova valutazione dei fatti già esaminati nei gradi di merito.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione diventa inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8972/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per cassazione a seguito di un concordato in appello. La decisione sottolinea come l’accordo sulla pena in secondo grado comporti una sostanziale rinuncia a future doglianze, consolidando i principi di economia processuale e di definitività delle decisioni.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una complessa vicenda criminale che vedeva coinvolti quattro soggetti, accusati di aver commesso una rapina ai danni di un autotrasportatore e di averlo sequestrato per il tempo necessario a scaricare la merce. In primo grado, il Tribunale aveva emesso una sentenza di condanna per tutti gli imputati.

La Decisione della Corte di Appello

In secondo grado, il procedimento ha preso due strade diverse. Per tre degli imputati, le parti hanno raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, il cosiddetto concordato in appello. Sulla base di tale accordo, la Corte ha riformato parzialmente la sentenza, dichiarando estinto per prescrizione il reato di sequestro per alcuni e rideterminando le pene per le rapine. Per il quarto imputato, non avendo aderito ad alcun accordo, la Corte ha proceduto con un giudizio ordinario, assolvendolo da un’accusa di rapina ma confermando la condanna per l’altra.

I Motivi del Ricorso e il ruolo del concordato in appello

Nonostante l’esito del giudizio di secondo grado, tutti e quattro gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione. I motivi erano vari:

* Per chi aveva aderito al concordato: si contestava l’errato calcolo della prescrizione per il sequestro di persona e la mancata motivazione sulla conferma di una misura di sicurezza.
* Per chi non aveva aderito: si lamentava la mancata riqualificazione del reato da concorso in rapina a favoreggiamento reale, oltre a vizi di motivazione e travisamento dei fatti.

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, basando la sua decisione su principi giuridici consolidati.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni distinguendo le posizioni degli imputati.

Per coloro che avevano optato per il concordato in appello, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: l’accordo sulla pena implica la rinuncia a sollevare nel successivo giudizio di legittimità ogni altra doglianza, anche se relativa a questioni rilevabili d’ufficio. L’unica eccezione è costituita dall’applicazione di una pena illegale, circostanza non verificatasi nel caso di specie. Pertanto, le lamentele sul mancato riconoscimento di attenuanti o su aspetti sanzionatori erano precluse.

Riguardo alla questione della prescrizione sollevata da uno degli imputati, la Corte ha chiarito che il reato di sequestro di persona era strettamente funzionale alla rapina. Questo legame rende i due delitti ‘della stessa indole’ ai sensi dell’art. 101 c.p., giustificando l’applicazione della recidiva specifica anche al sequestro e, di conseguenza, l’allungamento dei termini di prescrizione che hanno impedito l’estinzione del reato.

Per l’imputato che non aveva aderito al concordato, la Corte ha respinto i ricorsi qualificandoli come tentativi di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che il ricorso per cassazione può censurare solo vizi di motivazione macroscopici e palesemente illogici, non semplici incongruenze o la preferenza per una diversa ricostruzione dei fatti. Nel caso in esame, le decisioni di primo e secondo grado erano coerenti (‘doppia conforme’) e basate su un’analisi logica degli elementi probatori, come i tabulati telefonici che dimostravano il contributo consapevole dell’imputato alla realizzazione della rapina.

Conclusioni

La sentenza n. 8972/2024 rafforza due importanti principi del nostro sistema processuale penale. In primo luogo, il concordato in appello è uno strumento che, pur offrendo una riduzione della pena, comporta una rinuncia quasi totale a ulteriori impugnazioni. Le parti devono essere consapevoli che tale scelta cristallizza l’accertamento dei fatti e della responsabilità. In secondo luogo, viene ribadito il perimetro invalicabile del giudizio di Cassazione: la Suprema Corte non è un ‘terzo grado di merito’ e non può riesaminare le prove, ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Di conseguenza, i ricorsi basati su un presunto ‘travisamento dei fatti’ sono destinati all’inammissibilità se non dimostrano un errore percettivo evidente e decisivo da parte del giudice di merito.

Dopo aver concluso un ‘concordato in appello’, è ancora possibile presentare ricorso in Cassazione?
Sì, ma solo per contestare l’applicazione di una pena illegale. L’accordo sulla pena, secondo la sentenza, implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questioni che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio, come la prescrizione maturata prima della sentenza d’appello.

Quando due reati diversi, come rapina e sequestro di persona, sono considerati ‘della stessa indole’ ai fini della recidiva?
Sono considerati ‘della stessa indole’ non solo i reati che violano la stessa norma, ma anche quelli che, pur previsti da norme diverse, presentano caratteri fondamentali comuni per natura dei fatti o motivi che li hanno determinati. Nel caso analizzato, il sequestro era strettamente funzionale alla rapina (per scaricare la merce), quindi è stato ritenuto della stessa indole, con conseguenze sull’applicazione della recidiva e sul calcolo della prescrizione.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi. Il suo sindacato è limitato a verificare la presenza di vizi di motivazione macroscopici, come la sua totale mancanza, l’illogicità manifesta o la contraddittorietà, ma non può accogliere censure che mirano a una diversa interpretazione delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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