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Concordato in appello: limiti al ricorso Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello), ha tentato di sollevare questioni relative alla prescrizione del reato. La Corte ha ribadito che l’adesione al concordato comporta la rinuncia a tali motivi, rendendo il ricorso manifestamente infondato.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette di raggiungere un accordo sulla pena. Tuttavia, la scelta di percorrere questa via processuale comporta precise conseguenze, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Con la decisione n. 9968/2024, i giudici supremi hanno ribadito i ristretti limiti di ammissibilità del ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di tale accordo.

I fatti di causa

Nel caso in esame, la Corte di Appello di Napoli, su richiesta concorde delle parti, aveva riformato una sentenza di primo grado per il reato di rapina. La pena era stata rideterminata in un anno e alcuni mesi di reclusione e 600 euro di multa, con revoca di una pena accessoria. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando la mancata valutazione della prescrizione del reato e l’erroneo riconoscimento della recidiva.

I motivi del ricorso: prescrizione e recidiva

Il ricorrente ha sostenuto che i giudici d’appello avessero violato la legge per due ragioni principali:

1. Mancata declaratoria di prescrizione: A suo dire, il reato di rapina si era già estinto per prescrizione prima della sentenza d’appello, e la Corte avrebbe dovuto rilevarlo d’ufficio ai sensi dell’art. 129 c.p.p., indipendentemente dall’accordo sulla pena.
2. Erronea valutazione della recidiva: Il riconoscimento della recidiva, che aveva influito sulla quantificazione della pena concordata, era stato, a suo avviso, irragionevole e illegittimo.

In sostanza, l’imputato tentava di rimettere in discussione elementi che, implicitamente, erano stati oggetto della sua stessa richiesta di concordato.

La decisione della Corte di Cassazione e il principio del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno richiamato un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la scelta di aderire al concordato in appello implica una rinuncia a far valere determinate censure.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che il ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per motivi molto specifici, quali:

* Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
* Mancanza del consenso del pubblico ministero.
* Contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto.

Sono invece inammissibili le doglianze relative a motivi a cui la parte ha rinunciato, come la mancata valutazione di cause di proscioglimento (ad esempio, la prescrizione) o vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale o di specie diversa da quella prevista dalla legge. Accedendo al concordato, l’imputato accetta una certa pena in cambio della rinuncia a contestare altri aspetti della sentenza di primo grado. Pertanto, sollevare successivamente questioni come la prescrizione equivale a contraddire la scelta processuale precedentemente effettuata.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma la natura “tombale” del concordato in appello rispetto a molteplici questioni di merito e di diritto. Per l’imputato e il suo difensore, la decisione di proporre un accordo sulla pena deve essere ponderata attentamente, poiché preclude la possibilità di far valere in Cassazione la maggior parte delle doglianze, incluse quelle potenzialmente dirimenti come l’estinzione del reato per prescrizione. La sentenza emessa a seguito di concordato cristallizza la situazione processuale, e le uniche vie di impugnazione rimangono quelle strettamente legate a vizi genetici dell’accordo stesso.

Che cos’è il concordato in appello?
È un accordo tra l’imputato e il pubblico ministero, ratificato dal giudice, per definire l’entità della pena nel giudizio di appello, rinunciando agli altri motivi di impugnazione.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver patteggiato la pena in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordarsi o se la sentenza del giudice è diversa dall’accordo. Non è possibile sollevare questioni a cui si è rinunciato con l’accordo, come la mancata valutazione della prescrizione.

Perché la Corte ha respinto il motivo sulla prescrizione del reato?
Perché, secondo la giurisprudenza costante, aderendo al concordato in appello, l’imputato rinuncia implicitamente a sollevare motivi di impugnazione diversi da quelli pattuiti, inclusa la richiesta di proscioglimento per prescrizione, che sarebbe stata oggetto di valutazione nel merito se non ci fosse stato l’accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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