Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26169 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26169 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME nato a Napoli il 20/09/2001 COGNOME NOME nata a San Giorgio a Cremano il 03/12/1996 COGNOME NOME nato a Napoli il 20/12/1994 avverso la sentenza della Corte di Firenze in data 12/12/2024 udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha chiesto l’annullamento della sentenza con riferimento alle posizioni di COGNOME e COGNOME, il rigetto del ricorso di COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’ appello di Firenze ha confermato quella emessa dal GUP del Tribunale di Lucca in data 06/03/2024 con la quale, in esito a giudizio abbreviato, gli odierni ricorrenti sono stati condannati alla pena ritenuta di giustizia in ordine ai
delitti di rapina aggravata e lesioni aggravate in concorso.
2.Avverso detta sentenza hactrcer proposto ricorso per cassazione NOME deducendo, con il primo motivo, violazione di legge in relazione all’art. 599 bis c.p.p. e nullità della sentenza per violazione dell’art. 178 c.p.p., per non avere la Corte di appello, a seguito del rigetto della proposta di concordato, fissato l’udienza per la discussione ed emesso direttamente sentenza nel merito.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 599 bis c.p.p. ed illogicità della motivazione per avere la Corte di appello respinto la richiesta di concordato sulla base di considerazioni erronee ( il diniego delle attenuanti generiche in regime di prevalenza sull’aggravante e la prognosi negativa sul comportamento futuro dell’imputata).
Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 628 e 582 c.p.,) per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto integrato il delitto di rapina e non quello di furto con strappo e giudicato la fattispecie consumata e non tentata.
In ultimo, contesta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sull’aggravante delle più persone riunite, avuto riguardo alla giovane età, al proprio stato di incensuratezza ed al comportamento confessorio .
3.COGNOME NOME nel suo ricorso con i primi tre motivi propone censure analoghe a quelle sollevate dalla COGNOME per cui ad essi si rinvia.
Con il quarto motivo si duole del mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. evidenziando la tempestività della richiesta (avanzata prima dell’emissione ordinanza di ammissione al rito abbreviato).
Con il successivo motivo si duole del mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., avendo il Ventre apportato un contributo di minima importanza alla consumazione del delitto
4.COGNOME NOME con il primo motivo deduce violazione di legge per la mancata valutazione del legittimo impedimento a comparire dell’imputato, all’udienza del 06/03/2024.
Con il secondo motivo deduce illogicità della motivazione per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi di Ventre e Cimmino sono fondati avuto riguardo al ( comune )
motivo di natura processuale riguardante la violazione del contraddittorio. Il ricorso di NOME è inammissibile.
2.La Corte d’appello all’udienza del 12/12/2024, in presenza di una proposta di concordato avanzata dalla difesa di Ventre COGNOME e condivisa dalla Pubblica accusa, ha rigettato la richiesta, senza fissare l’udienza ai fini della discussione ed ha emesso la sentenza.
Palese è quindi la violazione dell’art. 599 bis c.p.p. e del contraddittorio posto che nell’attuale formulazione dell’art. 599 bis c.p.p. applicabile ratione temporís ex d.lgs. 150/2022, in vigore dal 30 dicembre 2022: «Quando procede nelle forme di cui all’articolo 598-bis, la corte, se ritiene di non poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione di queste e indica se l’appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato alle altre parti. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte in udienza . Quando procede con udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, la corte, se ritiene di non poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, dispone la prosecuzione del giudizio ».
La nuova disciplina prevede dunque, con due alternative modalità a seconda che il giudizio sia svolto nelle forme camerali non partecipate ovvero, con udienza con la partecipazione delle parti, la possibilità di riproporre il concordato non accolto.
La Novella segue il precedente orientamento giurisprudenziale sul punto r maturato nella vigenza del comma 3 dell’art. 599-bis, nella precedente formulazione, e dei commi 1-bis e 2 dell’art. 602 c.p.p., poi abrogati nell’ambito del complessivo riassetto dell’istituto. A mente del detto orientamento è nulla, ai sensi degli artt. 178, lett. b) e c), e 180 c.p.p., la sentenza pronunciata immediatamente dopo il rigetto dell’accordo proposto dalle parti, senza che il giudice abbia disposto la prosecuzione del dibattimento, come previsto dall’art. 602, comma 1-bis, c.p.p., atteso che, in tal modo, risulta impedita alle parti la discussione e la formulazione delle conclusioni nel merito (Sez. 6, n. 17875 del 22/04/2022, M., Rv. 283464, in motivazione; Sez. 5, n. 47574 del 02/07/2019, P., Rv. 277546 – 01).
La Suprema Corte ha chiarito che anche nell’attuale formulazione normativa, al rigetto della proposta di concordato sulla pena, debba seguire la discussione nel merito ovvero, eventualmente, la riproposizione di una
nuova e diversa richiesta ex art. 599-bis c.p.p., avuto riguardo alla chiara ratio legis di incentivare la definizione anticipata del giudizio di appello, rafforzando gli spazi di negozialità.
In tali termini si veda Sez. 2, n. 45287 del 17/10/2023, COGNOME, Rv. 285347. Con tale sentenza, invero, è stata ritenuta evidente l’assenza di violazione dell’interesse dell’imputato ad accedere a un trattamento sanzionatorio di favore e comunque a dispiegare nella maniera più ampia il proprio diritto di difesa (con conseguente impossibilità di deduzione della relativa nullità), in quanto il difensore, durante l’udienza di discussione, aveva concluso anche nel merito, riportandosi ai motivi di appello in caso di mancato accoglimento della proposta. Queste richieste, pur in via subordinata, sono state ritenute tali da escludere – implicitamente, ma chiaramente – qualsiasi volontà di presentare un ulteriore concordato, qualora il primo non avesse sortito esito positivo.
Ne consegue che, mutatis mutandis, nella vigenza dell’art. 599-bis c.p.p.,come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore dal 30 dicembre 2022, è nulla, ai sensi degli artt. 178, lett. b) e c), e 180 cod. proc.pen., la sentenza che rigetti l’accordo proposto dalle parti senza che esse, sostanzialmente proseguito il giudizio per aver la Corte ritenuto non accoglibile l’accordo ma senza esplicitarlo, abbiano discusso, atteso che, in tal modo, risulta impedito il diritto di difesa dell’imputato e la partecipazione del Pubblico Ministero.
Nell’astratta fattispecie appena descritta si sussume quella concretizzatisi nella specie, come emerge dagli atti processuali conoscibili dalla Suprema Corte in ragione della tipologia di errore dedotto.
Infatti, all’udienza del 12 dicembre 2024, fissata dal giudice d’appello è stata presentata nell’interesse degli imputati COGNOME e COGNOME, richiesta di concordato cui il Pubblico Ministero ha assentito. Nonostante ciò, la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di concordato solo con la sentenza resa a conclusione del giudizio d’appello, quindi sostanzialmente proseguendo nel giudizio, ma senza consentire la discussione da parte della difesa e, invero, anche da parte dell’accusa.
Sul punto ha chiarito la Corte di legittimità ( Sez. 5, Sez. 5 n. 10964/2023 n. m.) che la norma ricomprende anche le ipotesi di impugnazione relativa a sentenza di primo grado pronunciata all’esito di rito abbreviato, e decidibile in appello nella forma dell’udienza camerale non partecipata.
La natura assorbente del vizio, consente di ritenere superflua la disamina degli ulteriori motivi proposti dai ricorrenti COGNOME e COGNOME
3.11 ricorso di NOME NOME è inammissibile perché basato su motivi aspecifici e manifestamente infondati.
Il primo motivo riproduce una censura, di ordine processuale, cui la Corte di merito ha dato corretta ed esaustiva risposta (cfr. pagg. 13 e 14 della
sentenza impugnata). Occorre infatti ribadire che non costituisce legittimo impedimento a comparire in giudizio, quello consistente nello sciopero di
carattere nazionale del comparto ferroviario che impedisca all’imputato di raggiungere dalla propria residenza,i1 luogo di celebrazione dell’udienza
laddove esistano altri mezzi di trasporto che consentano di raggiungere la sede giudiziaria (Sez. 4, n. 5104 del 05/02/1991, Rv. 187082).
Il secondo motivo è generico poiché il ricorrente non si confronta con quanto diffusamente argomentato dalla Corte di merito circa il diniego delle
attenuanti generiche, limitandosi a riproporre argomenti che la Corte ha esaminato e puntualmente disatteso (cfr. pag. 18 della sentenza
impugnata).
Ed invero, il giudizio di bilanciamento tra aggravanti e attenuati è rimesso alla discrezionalità del giudice e non è suscettibile di censura laddove, come nella specie, risulti esente da arbitrii e illogicità manifeste avuto riguardo ai parametri indicati dall’art. 133 c.p.p.
4.Alla stregua di quanto complessivamente esposto deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di COGNOME NOME che va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
La sentenza impugnata va invece annullata senza rinvio quanto alle posizioni di COGNOME NOME e NOME
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata da COGNOME NOME e COGNOME NOME e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Firenze per l’ulteriore corso. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13/06/2025