Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3339 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3339 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/1/2023 emessa dalla Corte di appello di Trieste visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trieste confermava la condanna del ricorrente in ordine al reato di cui all’art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, rigettando la richiesta di concordato in appello e di riconoscimento delle attenuanti generiche.
Avverso l’indicata sentenza il ricorrente ha formulato quattro motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, eccepiva l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, cod.proc.pen. nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a statuire nel merito nei confronti del giudice che ha rigettato la richiesta di concordato in appello. A tal riguardo, pur dandosi atto dell’orientamento che esclude il denunciato vizio di legittimità costituzionale, si sottolinea come la decisione sul concordato comporta una indebita anticipazione di giudizio, come dimostrato nel caso di specie, in cui il rigetto è stato motivato da una valutazione sulla congruità della pena e sulla negazione delle circostanze generiche.
2.2. Con il secondo motivo, deduce il vizio di motivazione in ordine al rigetto della proposta di concordato sulla pena. Premette il ricorrente di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il rigetto del concordato è suscettibile di impugnazione con ricorso in cassazione, per poi sottolineare come, nel caso di specie, la Corte di appello si sarebbe limitata a ritenere incongrua l’ulteriore riduzione di pena conseguente al riconoscimento delle generiche, senza fornire adeguata motivazione.
2.3. Con il terzo motivo, deduce la motivazione apparente resa con riferimento alla quantificazione dei singoli aumenti disposti a titolo di continuazione. Sottolinea il ricorrente come la Corte di appello si sarebbe limitata a riconoscere che i singoli aumenti non sarebbero motivati, ma ciò sarebbe avvenuto per una sorta di oggettiva impossibilità di giustificare aumenti «insufficienti e incongrui».
Sostiene la difesa che, a prescindere dal giudizio valoriale espresso in ordine alla quantificazione degli aumenti, ciò che rileva è la sostanziale mancanza di motivazione, tale non potendosi considerare le generiche affermazioni contenute in sentenza.
2.4. Con il quarto motivo, deduce il vizio di motivazione in merito alla mancata concessione delle attenuanti generiche, sottolineando come la Corte di appello non aveva preso in considerazione la condotta processuale dell’imputato, il quale aveva ammesso gli addebiti e risarcito le persone offese del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il primo Motivo di ricorso, concernente l’eccepita illegittimità costituzionale
dell’art. 34 cod,proc.pen. nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del giudice che ha rigettato il concordato in appello a pronunciare nel merito, è infondato.
Ritiene la Corte di non doversi discostare dal consolidato principio, anche recentemente ribadito, secondo cui è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 599-bis cod. proc. pen., per violazione degli artt. 24, 25 e 76 Cost., nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità a partecipare al giudizio del collegio che abbia disatteso la richiesta di concordato sulla pena in appello, trattandosi di pronuncia incidentale adottata nella medesima fase processuale, non anticipatoria della decisione conclusiva e ragionevolmente affidata al medesimo giudice per esigenze di continuità e globalità (Sez.6, n. 2180 del 4/11/2022, dep.2023, Qosa, Rv. 284204; conf. Sez.4, n. 26904 del 15/5/2019, COGNOME, Rv. 276271; Sez.3, n. 12061 del 19/2/2020, Guzzardi, Rv. 278769).
Sul tema, del resto, Corte cost., sent. n. 448 del 2005, si è già pronunciata affermando che, nel caso del concordato in appello, il giudice è già investito, nella sede propria, del merito, per cui valuta la congruità della pena in base agli stessi elementi sui quali dovrà fondare la propria decisione al termine del giudizio di impugnazione. Non si è quindi in presenza, come nel caso dell’accordo delle parti sulla pena in primo grado, di un’anticipazione di giudizio, effettuata sulla base della consultazione e della valutazione degli atti del fascicolo del pubblico ministero.
In definitiva, quindi, il rigetto del concordato è una decisione adottata nell’ambito del procedimento, da parte del giudice investito del potere di definizione del giudizio e che non comporta la valutazione di una base probatoria diversa da quella sulla quale verrà adottata la decisione finale. Tali elementi collocano la decisione sul concordato tra le statuizioni legittimamente adottate dal medesimo giudice investo della decisione finale, senza che da ciò ne possa conseguire alcuna ipotesi di incompatibilità.
Venendo all’esame del secondo motivo, occorre partire dalla piena condivisione della tesi che, pur inizialmente minoritaria, si è andata ultimamente consolidando nel senso di ritenere che il provvedimento di rigetto del concordato di pena ex art. 599-bis cod. proc. pen. è ricorribile per cassazione unitamente alla sentenza resa all’esito del giudizio (Sez.6, n. 23164 del 18/5/2022, Ferrigno, Rv. 283284; Sez.6, n. 31556 del 13/7/2022, Eze, Rv. 283610; Sez.2, n.30624 del 7/6/2023, COGNOME, Rv. 284869; in senso difforme si veda Sez.6, n. 17875 del 22/4/2022, Rv. 283464; Sez.7, ord. n.20085 del 2/2/2021, Rv. 281512).
Fatta tale premessa, deve osservarsi come, nel caso di specie, la Corte di appello abbia fornito una più che adeguata motivazione del rigetto del concordato in appello. In particolare, la Corte ha individuato i singoli passaggi che hanno
condotto alla determinazione della pena in primo grado, esprimendo un motivato giudizio in ordine al fatto che il primo giudice, partendo da una pena base minima, aveva apportato aumenti a titolo di continuazione non proporzionati alla gravità del fatto (si veda p.5). Sottolineano i giudici di appello che la pena base, ragguagliata al minimo edittale, non tiene conto del quantitativo complessivo di sostanza stupefacente detenuta (complessivamente oltre 500 gr. di cocaina), delle modalità della condotta (occultamento dello stupefacente e ripetuti accessi per prelevare le dosi da cedere), della reazione alla sorpresa in flagranza, cui conseguiva un tentativo di fuga posto in essere con modalità pericolose.
I giudici di appello hanno tenuto conto anche del risarcimento del danno, sottolineando come l’imputato si fosse limitato a versare l’importo stabilito a titolo di provvisionale.
In conclusione, è stata resa un’ampia e dettagliata motivazione volta a dimostrare come il trattamento sanzionatorio di cui l’imputato aveva goduto in primo grado era già di assoluto favore e, in quanto tale, incompatibile con qualsivoglia ulteriore riduzione.
Sulla base di tali considerazioni, pertanto, deve ritenersi che la Corte di appello abbia reso una motivazione pienamente logica e immune da vizi circa le ragioni del rigetto della richiesta di concordato.
Le osservazioni sopra svolte, inoltre, dimostrano anche l’infondatezza degli ulteriori motivi di ricorso concernenti la motivazione in ordine ai singoli aumenti di pena per i reati posti in continuazione e il diniego delle attenuanti generiche.
Su quest’ultimo aspetto, è sufficiente richiamare il giudizio di particolare gravità insito nella motivazione resa in appello, tale da rendere un quadro logicamente incompatibile con il riconoscimento delle attenuanti.
Per quanto attiene, invece, alla ritenuta mancanza di motivazione in ordine ai singoli aumenti di pena a titolo di continuazione, deve rilevarsi che la Corte di appello, con motivazione sintetica, ha comunque dato atto di come gli aumenti fossero assolutamente nninimali e tali da non consentire una ulteriore riduzione, il che esclude la necessità di un’argomentazione ulteriore.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 30 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Presidbhte