Concordato in Appello: Impossibile Ripensarci sui Motivi Rinunciati
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sui motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 336/2024) ha ribadito un principio fondamentale: una volta che si rinuncia a un motivo di appello tramite questo accordo, non è più possibile riproporlo in sede di legittimità. Questa decisione consolida la natura vincolante dell’accordo e ne definisce chiaramente i limiti di impugnabilità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. In secondo grado, la difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., il cosiddetto concordato in appello. In virtù di tale accordo, l’imputato aveva rinunciato a tutti i motivi di gravame ad eccezione di quello relativo alla quantificazione della pena.
Tra i motivi a cui aveva espressamente rinunciato vi era quello concernente la richiesta di applicazione della fattispecie di lieve entità prevista dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). Nonostante ciò, una volta definita la posizione in appello, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione lamentando proprio un vizio di motivazione sulla mancata applicazione di tale ipotesi lieve.
La Decisione della Corte e il ruolo del concordato in appello
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno applicato un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui la natura stessa del concordato in appello preclude la possibilità di contestare in Cassazione i punti che sono stati oggetto di rinuncia.
L’accordo processuale, infatti, cristallizza il perimetro del giudizio d’appello. La rinuncia a determinati motivi non è una semplice omissione, ma un atto dispositivo volontario che fa parte del sinallagma dell’accordo: si abbandonano alcune censure in cambio di un trattamento sanzionatorio concordato e, auspicabilmente, più mite. Permettere di rimettere in discussione tali punti in un secondo momento svuoterebbe di significato l’istituto stesso.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha chiarito in modo inequivocabile quali siano gli unici vizi che possono essere fatti valere contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. Il ricorso per cassazione è ammissibile esclusivamente se si deducono motivi attinenti a:
1. La formazione della volontà della parte: ad esempio, se il consenso all’accordo è stato viziato da errore, violenza o dolo.
2. Il consenso del Procuratore Generale: qualora vi siano state irregolarità nell’espressione del consenso da parte dell’accusa.
3. Il contenuto difforme della pronuncia del giudice: se la sentenza emessa non rispecchia i termini dell’accordo raggiunto tra le parti.
Al di fuori di queste specifiche ipotesi, ogni doglianza relativa ai motivi rinunciati o alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) è da considerarsi inammissibile. Nel caso di specie, l’imputato non contestava un vizio nella formazione dell’accordo, ma tentava di riaprire una questione di merito (l’ipotesi lieve) a cui aveva già volontariamente rinunciato. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa pronuncia rafforza la natura pattizia e vincolante del concordato in appello. Per gli operatori del diritto, essa sottolinea l’importanza di una valutazione strategica approfondita prima di accedere a tale istituto. La rinuncia a un motivo di appello è una decisione processuale definitiva che non ammette ripensamenti. La sentenza conferma che l’efficienza e la deflazione del contenzioso, obiettivi primari del legislatore, si ottengono garantendo la stabilità e l’irrevocabilità degli accordi processuali validamente conclusi.
È possibile presentare ricorso per cassazione per motivi che sono stati oggetto di rinuncia in un concordato in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che sono inammissibili le doglianze relative a motivi che sono stati espressamente rinunciati nell’ambito di un accordo ex art. 599-bis cod. proc. pen.
In quali casi è ammissibile un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo se si contestano vizi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore Generale, o se la pronuncia del giudice è difforme rispetto a quanto concordato.
Qual è la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 336 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONZA il 03/08/1982
avverso la sentenza del 30/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato av so alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME NOME deduce, con il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dalla Corte d’Appello di Roma, in data 30/05/2023, vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990;
rilevato che, dalla sentenza impugnata, emerge che il predetto imputato, nel concordare con il P.G. il trattamento sanzionatorio ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., aveva contestualmente rinunciato ai motivi diversi da quello sulla pena (tra i quali vi era, appunto, quello concernente il comma 5 dell’art. 73);
ritenuto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, dovendo trovare applicazione il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, secondo cui è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599 bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Rv. 272969);
Ritenuto che alla declaratoria di inammissibilità debba seguire la condanna del ricorrentf al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle nmende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della gassa delle ammende.
Così deciso il 1 dicembre 2023
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