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Concordato in appello: il ricorso non è ammesso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver stipulato un concordato in appello e rinunciato a specifici motivi, ha tentato di riproporli in sede di legittimità. La Suprema Corte ha ribadito che l’accordo procedurale rende definitive le rinunce, precludendo un successivo esame nel merito dei punti abbandonati. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Impossibile Ripensarci sui Motivi Rinunciati

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sui motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 336/2024) ha ribadito un principio fondamentale: una volta che si rinuncia a un motivo di appello tramite questo accordo, non è più possibile riproporlo in sede di legittimità. Questa decisione consolida la natura vincolante dell’accordo e ne definisce chiaramente i limiti di impugnabilità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. In secondo grado, la difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., il cosiddetto concordato in appello. In virtù di tale accordo, l’imputato aveva rinunciato a tutti i motivi di gravame ad eccezione di quello relativo alla quantificazione della pena.

Tra i motivi a cui aveva espressamente rinunciato vi era quello concernente la richiesta di applicazione della fattispecie di lieve entità prevista dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). Nonostante ciò, una volta definita la posizione in appello, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione lamentando proprio un vizio di motivazione sulla mancata applicazione di tale ipotesi lieve.

La Decisione della Corte e il ruolo del concordato in appello

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno applicato un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui la natura stessa del concordato in appello preclude la possibilità di contestare in Cassazione i punti che sono stati oggetto di rinuncia.

L’accordo processuale, infatti, cristallizza il perimetro del giudizio d’appello. La rinuncia a determinati motivi non è una semplice omissione, ma un atto dispositivo volontario che fa parte del sinallagma dell’accordo: si abbandonano alcune censure in cambio di un trattamento sanzionatorio concordato e, auspicabilmente, più mite. Permettere di rimettere in discussione tali punti in un secondo momento svuoterebbe di significato l’istituto stesso.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito in modo inequivocabile quali siano gli unici vizi che possono essere fatti valere contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. Il ricorso per cassazione è ammissibile esclusivamente se si deducono motivi attinenti a:

1. La formazione della volontà della parte: ad esempio, se il consenso all’accordo è stato viziato da errore, violenza o dolo.
2. Il consenso del Procuratore Generale: qualora vi siano state irregolarità nell’espressione del consenso da parte dell’accusa.
3. Il contenuto difforme della pronuncia del giudice: se la sentenza emessa non rispecchia i termini dell’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di queste specifiche ipotesi, ogni doglianza relativa ai motivi rinunciati o alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) è da considerarsi inammissibile. Nel caso di specie, l’imputato non contestava un vizio nella formazione dell’accordo, ma tentava di riaprire una questione di merito (l’ipotesi lieve) a cui aveva già volontariamente rinunciato. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza la natura pattizia e vincolante del concordato in appello. Per gli operatori del diritto, essa sottolinea l’importanza di una valutazione strategica approfondita prima di accedere a tale istituto. La rinuncia a un motivo di appello è una decisione processuale definitiva che non ammette ripensamenti. La sentenza conferma che l’efficienza e la deflazione del contenzioso, obiettivi primari del legislatore, si ottengono garantendo la stabilità e l’irrevocabilità degli accordi processuali validamente conclusi.

È possibile presentare ricorso per cassazione per motivi che sono stati oggetto di rinuncia in un concordato in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che sono inammissibili le doglianze relative a motivi che sono stati espressamente rinunciati nell’ambito di un accordo ex art. 599-bis cod. proc. pen.

In quali casi è ammissibile un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo se si contestano vizi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore Generale, o se la pronuncia del giudice è difforme rispetto a quanto concordato.

Qual è la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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