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Concordato in appello: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38114/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di Appello emessa a seguito di ‘concordato in appello’. La Corte ha ribadito che, in tali casi, i motivi di ricorso sono limitati (numerus clausus) a questioni sulla formazione della volontà delle parti o sulla difformità della pronuncia rispetto all’accordo, escludendo doglianze sulla qualificazione giuridica o sulla congruità della pena.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: ecco quando non puoi più ricorrere in Cassazione

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, scegliere questa via processuale comporta delle conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 38114/2024) ha chiarito in modo netto i confini del ricorso successivo, ribadendo un principio fondamentale: non si può tornare a discutere del merito della condanna.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce da un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. In secondo grado, i giudici avevano parzialmente riformato la condanna di primo grado, rideterminando la pena proprio in accoglimento di una proposta di concordato in appello formulata dalle parti (pubblico ministero e difesa dell’imputato).

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato decideva di presentare comunque ricorso per cassazione, sollevando questioni relative alla qualificazione giuridica del fatto. In particolare, si lamentava la mancata valutazione circa la sussistenza di un’aggravante e, di conseguenza, si contestava la congruità della pena concordata e applicata.

Il ricorso dopo il concordato in appello e i suoi limiti

La difesa mirava a rimettere in discussione elementi che, di fatto, erano stati oggetto dell’accordo tra le parti. Il ricorso si basava sulla presunta violazione di legge legata alla qualificazione del reato, un tema che incide direttamente sulla determinazione della pena finale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha immediatamente evidenziato la natura e i limiti dell’istituto del concordato in appello.

Secondo un orientamento consolidato, la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è ricorribile in cassazione solo per un numerus clausus di motivi, ovvero un elenco tassativo e non ampliabile. Questi motivi non riguardano il merito della decisione, ma solo la validità dell’accordo stesso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo chiaro e perentorio le ragioni. I giudici hanno richiamato la giurisprudenza costante secondo cui, in tema di concordato in appello, il ricorso è ammissibile esclusivamente se si deducono motivi relativi a:

1. La formazione della volontà della parte: ad esempio, se il consenso all’accordo è stato viziato da errore, violenza o dolo.
2. Il consenso del pubblico ministero: se vi sono stati vizi nell’espressione del consenso da parte dell’accusa.
3. Il contenuto difforme della pronuncia del giudice: qualora la sentenza si discosti da quanto pattuito nell’accordo.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è preclusa. In particolare, sono inammissibili i ricorsi che sollevano questioni relative a motivi a cui si è rinunciato con l’accordo (come la qualificazione giuridica o la valutazione delle prove), alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o a vizi nella determinazione della pena che non si traducano in una sanzione illegale.

Nel caso di specie, la lamentela del ricorrente sulla qualificazione giuridica e sulla congruità della pena rientrava proprio tra i motivi rinunciati con l’adesione al concordato. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile de plano, ovvero senza la necessità di un’udienza pubblica, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rafforza un principio cardine della procedura penale: la scelta del concordato in appello è una scelta strategica che implica una rinuncia a far valere ulteriori motivi di impugnazione sul merito della vicenda. Chi accede a questo istituto ottiene una ridefinizione certa della pena ma, al contempo, perde la possibilità di contestare la valutazione dei fatti e la correttezza della pena concordata, a meno che questa non sia palesemente illegale o frutto di un accordo viziato. Questa ordinanza serve da monito: la via dell’accordo processuale è una strada senza ritorno per quanto riguarda il riesame nel merito della condanna.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
No, di regola non è possibile. Il ricorso è ammesso solo per un numero chiuso di motivi che riguardano vizi nella formazione della volontà delle parti (imputato e pubblico ministero) o il caso in cui la sentenza del giudice sia diversa dall’accordo raggiunto.

Quali tipi di lamentele (doglianze) non possono essere presentate in Cassazione dopo un concordato in appello?
Sono inammissibili tutte le doglianze che riguardano motivi a cui si è rinunciato con l’accordo, come la qualificazione giuridica del fatto, la valutazione delle prove, la mancata applicazione di cause di proscioglimento e, in generale, i vizi sulla determinazione della pena, a meno che la sanzione non sia illegale.

Cosa accade se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza emessa a seguito di concordato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza un valido motivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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