Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9118 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 9118 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a NAPOLI il DATA_NASCITA,
avverso la sentenza dei 11/09/2024 della Corte d’appello di Napoli udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza dell’11/10/2022 il Tribunale di Napoli aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di rapina impropria per cui, esclusa la contestata recidiva e ritenute invece in suo favore le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., l’aveva condannato alla pena finale di anni 2 di reclusione ed euro 400 di multa, oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali;
la Corte di appello di Napoli, nel prendere atto dell’accordo processuale raggiunto tra difensore, a tal fine munito di procura speciale, ed il Procuratore Generale, con la rinuncia ai motivi di impugnazione diversi da quelli concernenti il trattamento sanzionatorio, ha rideterminato la pena in quella, concordata dalle parti e che ha stimato congrua, di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 400 di multa;
3. ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del difensore che deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge con riguardo all’art. 125 comma 3, cod. proc. pen., quanto alla diminuzione inferiore al terzo per le attenuanti generiche, alla asimmetrica diminuzione RAGIONE_SOCIALE pene detentiva e pecuniaria, alla maggiore diminuzione riferita alle circostanze attenuanti generiche rispetto a quella riferita all’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen..
Il ricorso è inammissibile.
1. Va ancora una volta in quest’occasione ribadito che, stante la peculiarità dell’istituto del “concordato in appello”, la richiesta su cui hanno convenuto le parti in ordine alla misura finale della pena è vincolante nella sua integralità, senza che il giudice possa addivenire a una pena diversa, in quanto l’accoglimento della richiesta postula la condivisione della qualificazione giuridica data al fatto e di ogni altra circostanza influente sul calcolo della pena (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 4665 del 20/11/2019, dep. 2020, Rv. 278114 – 01, in cui la Corte ha precisato che l’applicazione di una pena diversa da quella concordata implica l’annullamento senza rinvio della decisione, atteso che il negozio processuale convenuto tra le parti è unitario, innestandosi l’applicazione della pena concordata sulla rinunzia ai motivi di impugnazione).
Questa Corte, nel suo massimo consenso, aveva affermato che le parti, attraverso l’istituto di cui all’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., esercitano i potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, dando vita a un negozio processuale liberamente stipulato che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato – salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata – da chi lo ha promosso o vi ha aderito, mediante proposizione di apposito motivo di ricorso per cassazione (cfr., Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226715).
Tanto premesso, è allora appena il caso di riaffermare che la misura della riduzione della pena per effetto del riconoscimento di circostanze attenuanti rappresenta un tipico aspetto della discrezionalità attribuita al giudice del merito e non può costituire oggetto di ricorso per cassazione laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico (cfr., Sez. 4, n. 54966 del 20.9.2017, COGNOME); sotto altro profilo, inoltre, è consolidata, nella giurisprudenza di questa Corte, l’affermazione secondo cui, nel caso di reati puniti con pene congiunte, la riduzione derivante dal riconoscimento di circostanze attenuanti deve essere operata su entrambe le pene da irrogare, ma il giudice non è obbligato a seguire il medesimo criterio nella determinazione della sanzione
detentiva e di quella pecuniaria, con la conseguenza che la individuazione del minimo della prima non comporta, di per ciò stesso, che tale risultato debba riguardare anche la seconda (cfr., Sez. 3, n. 37849 del 19/05/2015, D.G. Rv. 265184 – 01; Sez. 4, n. 20228 del 15/03/2012, COGNOME, Rv. 252682 – 01,; conf., tra le non massimate, Sez. 2, n. 30548 del 14/05/2024, COGNOME; Sez. 5, n. 35277 del 12/07/2023, COGNOME; conf., specificamente, in tema di applicazione concordata della pena, Sez. 4, Sentenza n. 42144 del 14/10/2021, COGNOME, Rv. 282069 – 01).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 9/01/2025
Il AVV_NOTAIO esten5ore il Presidente