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Concordato in appello: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento in appello. L’ordinanza stabilisce che il ‘concordato in appello’ non può essere impugnato per vizi di motivazione o travisamento dei fatti, ma solo per specifici vizi procedurali legati alla formazione della volontà delle parti o a un’eventuale pena illegale.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, noto anche come patteggiamento in appello, è uno strumento processuale che offre una via per definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Tuttavia, la sua natura di negozio processuale impone limiti stringenti alla possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questi confini, chiarendo in quali casi il ricorso contro una sentenza di concordato è destinato all’inammissibilità.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato per reati di rapina, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, decideva, tramite il suo difensore, di accedere al concordato in appello. In accordo con la procura, la Corte di Appello di Roma applicava una pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione e 800 euro di multa. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un presunto travisamento dei fatti e una motivazione carente e illogica riguardo alla sua responsabilità penale.

Limiti al Ricorso contro il Concordato in Appello: La Decisione della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la sentenza emessa a seguito di concordato in appello (ex art. 599-bis c.p.p.) può essere impugnata solo per motivi specifici, che non includono una rivalutazione del merito della vicenda.

Il ricorrente, infatti, cercava di rimettere in discussione la sua colpevolezza attraverso motivi legati alla valutazione dei fatti e alla logicità della motivazione, argomenti tipici di un appello classico ma preclusi a chi sceglie la via dell’accordo processuale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha chiarito che il concordato in appello è un vero e proprio negozio processuale. Le parti (imputato e pubblico ministero) esercitano un potere dispositivo riconosciuto dalla legge, stipulando liberamente un accordo che, una volta recepito dal giudice nella sentenza, non può essere modificato unilateralmente.

L’impugnazione è consentita solo per vizi che attengono alla formazione dell’accordo stesso, quali:

1. Vizi della volontà: se il consenso di una delle parti a raggiungere l’accordo è stato viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Mancato consenso del pubblico ministero: se l’accordo è stato raggiunto senza il valido consenso della pubblica accusa.
3. Difformità della sentenza: se la pena applicata dal giudice è diversa da quella concordata tra le parti.
4. Illegalità della pena: se la pena pattuita è illegale e non conforme alla legge.

Nessuno di questi motivi era stato sollevato nel caso di specie. Il ricorso si basava, al contrario, su una critica alla ricostruzione dei fatti, un aspetto a cui l’imputato ha implicitamente rinunciato nel momento in cui ha scelto di accordarsi sulla pena. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che la scelta del concordato in appello è strategica e definitiva. Accettando di patteggiare la pena, l’imputato rinuncia a contestare nel merito la propria responsabilità e accetta che la sentenza diventi quasi inattaccabile, salvo i rari casi di vizi procedurali sopra elencati. Per l’avvocato, è fondamentale illustrare chiaramente al proprio assistito le conseguenze di tale scelta, sottolineando che non sarà più possibile, in sede di legittimità, sollevare questioni relative alla valutazione delle prove o alla coerenza della motivazione. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle Ammende, a riprova della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso degli strumenti di impugnazione.

Che cos’è il concordato in appello?
È un accordo processuale tra l’imputato e il pubblico ministero, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, con cui le parti concordano la pena da applicare nel giudizio di appello, rinunciando ai relativi motivi di impugnazione. L’accordo deve poi essere ratificato dal giudice.

Per quali motivi si può impugnare una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per motivi specifici che riguardano la validità dell’accordo, come vizi nella formazione della volontà delle parti, il mancato consenso del pubblico ministero, una pena applicata dal giudice diversa da quella concordata, o l’illegalità della pena stessa. Non è possibile contestare la ricostruzione dei fatti o la motivazione sulla responsabilità penale.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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