LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati contro una sentenza della Corte d’Appello che aveva rideterminato la loro pena sulla base di un concordato in appello. La Suprema Corte ribadisce che tale accordo processuale limita drasticamente i motivi di impugnazione, escludendo censure sulla motivazione o sulla valutazione dei presupposti per il proscioglimento, in quanto tali aspetti sono implicitamente rinunciati dalle parti con l’accordo stesso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione ne definisce i limiti invalicabili

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono i confini entro cui può essere impugnata una sentenza che ne deriva? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta, dichiarando inammissibili i ricorsi che non rispettano i rigidi paletti normativi e giurisprudenziali. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere la natura e gli effetti di tale accordo processuale.

I Fatti del Processo

Due soggetti, condannati in primo grado dal Tribunale per tentato furto pluriaggravato in concorso, avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello. In virtù di tale patto, la Corte territoriale, in riforma della prima decisione, aveva rideterminato la pena per entrambi. Nello specifico, la pena per il primo imputato era stata fissata in un anno e dieci mesi di reclusione e 600 euro di multa, mentre per il secondo in un anno e sei mesi di reclusione e 600 euro di multa. Nonostante l’accordo, entrambi gli imputati proponevano ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione della sentenza d’appello, in particolare per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità.

La Decisione della Corte e il ruolo del Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda sulla specifica natura del concordato in appello, che si differenzia nettamente dal patteggiamento in primo grado (ex art. 444 c.p.p.). L’accordo in appello si innesta sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, comportando l’impossibilità per l’imputato di contestare successivamente la propria responsabilità penale o la qualificazione giuridica del fatto. Di conseguenza, il perimetro del ricorso in Cassazione avverso una sentenza di questo tipo è estremamente ristretto.

I Motivi di Ricorso Ammessi

La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso è ammissibile solo ed esclusivamente per motivi che attengono a:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Sono invece inammissibili tutte le doglianze relative a motivi a cui la parte ha rinunciato, come la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., o i vizi sulla determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale (cioè non rientrante nei limiti edittali o diversa da quella prevista dalla legge).

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha sottolineato che i ricorsi presentati dagli imputati erano basati su motivi non consentiti, in quanto miravano a contestare la logicità della motivazione della sentenza d’appello, un aspetto coperto dalla rinuncia implicita nell’accordo. L’adesione al concordato in appello preclude un riesame del merito della vicenda, cristallizzando l’accertamento di responsabilità contenuto nella sentenza di primo grado, fatte salve le modifiche sulla pena pattuite. I giudici hanno quindi agito in conformità con un consolidato orientamento giurisprudenziale, che vede nel concordato uno strumento che limita la devoluzione al giudice dell’appello alla sola rideterminazione della pena.

Le Conclusioni

La pronuncia conferma la rigidità dei presupposti per impugnare una sentenza frutto di un accordo in appello. Gli imputati che scelgono questa via processuale devono essere pienamente consapevoli che stanno rinunciando a gran parte delle loro facoltà di impugnazione. L’inammissibilità dei ricorsi ha comportato, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma (4.000 euro ciascuno) in favore della Cassa delle ammende, a causa dell’elevato grado di colpa nel proporre un’impugnazione palesemente infondata. Questa decisione serve da monito sull’importanza di una valutazione attenta e consapevole prima di accedere a istituti come il concordato in appello.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammesso unicamente se riguarda vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, il mancato consenso del pubblico ministero, o una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito.

Quali motivi di ricorso sono inammissibili contro una sentenza di “concordato in appello”?
Sono inammissibili tutti i motivi a cui si è rinunciato con l’accordo, come le censure sulla motivazione della sentenza, sulla valutazione della responsabilità, sulla qualificazione giuridica del fatto o sulla mancata applicazione di una causa di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Perché i ricorrenti sono stati condannati al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende è una conseguenza prevista dalla legge in caso di inammissibilità del ricorso. La Corte ha stabilito un importo elevato (4.000 euro) in ragione dell'”elevato coefficiente di colpa” dimostrato dai ricorrenti nel proporre un’impugnazione per motivi chiaramente non consentiti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati