Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare, rinunciando ai motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile i limiti del successivo ricorso avverso la sentenza che ratifica tale accordo, ribadendo un principio consolidato: una volta scelta la via del patteggiamento, non si può tornare indietro per ridiscutere il merito.
I fatti del processo
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo, pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bergamo, per reati legati agli stupefacenti, aggravati ai sensi dell’art. 80 del d.P.R. 309/90. In secondo grado, la Corte di Appello di Brescia, accogliendo la richiesta di concordato in appello, aveva ridotto la pena inflitta e sostituito l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con una temporanea di cinque anni. Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando due questioni: la tardività della presentazione della richiesta di concordato e la violazione di legge relativa all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 80.
La decisione della Cassazione sul concordato in appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sulla natura e sugli effetti del concordato in appello. I giudici hanno smontato le argomentazioni della difesa, basandosi su due pilastri fondamentali.
La tardività della richiesta e il comportamento concludente
In merito al primo motivo, relativo al presunto ritardo nella presentazione della dichiarazione di concordato, la Corte ha osservato che la questione era superata dal comportamento stesso dell’imputato. Avendo egli stesso aderito all’accordo in udienza senza sollevare alcuna eccezione, ha di fatto sanato qualsiasi vizio procedurale, dimostrando la sua volontà di concludere il processo in quel modo. Il suo consenso ha reso irrilevante la questione della tempistica.
I limiti invalicabili del ricorso per Cassazione
Sul secondo motivo, la Cassazione ha richiamato la sua giurisprudenza costante. Il ricorso avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per motivi molto specifici, che attengono alla formazione della volontà delle parti e alla legalità della pena. In particolare, è ammissibile solo se si contesta:
1. Un vizio nella formazione della volontà di accedere al concordato.
2. La validità del consenso prestato dal pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto.
Sono invece inammissibili tutte le altre doglianze, come quelle relative ai motivi di appello a cui si è rinunciato, alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), o a vizi nella determinazione della pena, a meno che quest’ultima non sia palesemente illegale (perché diversa da quella prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali). Nel caso di specie, le critiche dell’imputato non rientravano in nessuna delle categorie ammesse.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura pattizia del concordato in appello. Si tratta di un negozio processuale in cui l’imputato sceglie volontariamente di barattare la possibilità di un esito assolutorio con la certezza di una pena ridotta. Questa rinuncia ai motivi di appello è il fulcro dell’istituto. Permettere all’imputato di rimettere in discussione, davanti alla Cassazione, proprio i punti a cui ha rinunciato, snaturerebbe la funzione stessa del concordato, trasformandolo in una mera tappa interlocutoria anziché in una definizione del processo. La Corte, citando un proprio precedente (sent. n. 22002/2019), ha sottolineato che il controllo di legittimità è circoscritto alla verifica della legalità dell’accordo e della pena che ne deriva, non potendosi estendere a una nuova valutazione del merito.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma con fermezza un principio cardine: la scelta di aderire al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente i pro e i contro, poiché una volta raggiunto l’accordo e ratificato dal giudice, le porte per un’ulteriore impugnazione sul merito si chiudono quasi ermeticamente. La sentenza diventa sindacabile solo per vizi genetici dell’accordo o per palesi illegalità sanzionatorie, escludendo ogni possibilità di riesame dei fatti o delle valutazioni giuridiche che l’imputato ha accettato di non contestare più.
È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile esclusivamente per contestare vizi relativi alla formazione della volontà della parte, al consenso del pubblico ministero, o qualora la sentenza del giudice sia difforme dall’accordo raggiunto. Non è possibile contestare i motivi di appello a cui si è rinunciato.
Se la proposta di concordato viene presentata in ritardo rispetto ai termini di legge, l’accordo è comunque valido?
Secondo la Corte, sì. Se l’imputato, pur consapevole del ritardo, accetta di accedere al concordato in udienza senza sollevare eccezioni, il suo comportamento sana il vizio procedurale. La sua volontà di concludere il processo in quel modo prevale sulla tardività della proposta.
Dopo un concordato in appello, si possono contestare in Cassazione errori nella determinazione della pena?
No, a meno che la pena applicata non sia illegale. È inammissibile un ricorso che contesti la congruità o la quantificazione della pena concordata, a meno che la sanzione non rientri nei limiti previsti dalla legge (limiti edittali) o sia di una specie diversa da quella legale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1145 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1145 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 08/11/1979
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avv o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza emessa il 03/11/2023 dalla Corte di appello di Brescia che, in accoglimento del concordato di cui all’art. 599-bis cod. pen., ha ridotto la pena inflitta, conseguentement revocando la pena accessoria dell’interdizione perpetua dei pubblici uffici e quella dell’interdizione legale ed applicando l’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. Ha confermato nel resto la pronuncia di condanna resa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bergamo per il reato di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen., 73 comma 4 e 80 comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Ritenuto che i motivi sollevati (Violazione dell’art. 599-bis, comma 1, cod. proc. pen., per inosservanza del termine previsto a pena di decadenza per la dichiarazione e la rinuncia ai motivi di appello; inosservanza dell’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/90) sono inammissibili. Quanto al primo motivo, si osserva che la questione delta tardività della presentazione della dichiarazione di concordato e della correlativa rinuncia è superata dal comportamento stesso dell’imputato che, pur a conoscenza di detto termine, ha inteso accedere al concordato, nulla eccependo sul punto in udienza, con ciò mostrando di voler così concludere il processo a proprio carico. Quanto al secondo motivo, occorre ricordare che, per costante giurisprudenza della Corte regolatrice, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione de pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 27610201), condizioni nel caso non ricorrenti;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente