Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8582 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8582 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DELLE NOME nato a NAPOLI il 05/08/1967 NOME nato a NAPOLI il 20/01/1975 NOME nato a NAPOLI il 08/04/1965
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi per NOME COGNOME NOME e NOME e il rigetto per il ricorso di NOMECOGNOME
Lette le conclusioni scritte e nota spese, pervenute in data 19 dicembre 2024, del difensore di fiducia e procuratore speciale, avv. NOME COGNOME nell’interesse della costituita parte civile.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 21 giugno 2024 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia del GUP del Tribunale cittadino del 25 novembre 2020 nei
confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOMECOGNOME a seguito di sentenza di annullamento con rinvio della Prima sezione di questa Corte del 19 settembre 2023:
ha accolto la richiesta di concordato ex art.599 bis cod. proc. pen., formulato nell’interesse degli imputati, rideterminando la pena per i reati agli stessi ascritti, confermando nel resto.
L’accusa ha ad oggetto la partecipazione all’associazione di stampo camorristico denominata RAGIONE_SOCIALE COGNOME operante nella città di Napoli con i ruoli:
-Per NOME NOME di partecipe dedito alle attività di usura e riciclaggio nel settore dell’abbigliamento;
-Per NOME di partecipe nelle diverse attività illecite del sodalizio;
-Per NOME COGNOME esponente di vertice del sodalizio. nonché:
-i reati fine di estorsione e riciclaggio aggravati dal fine di agevolare la organizzazione per COGNOME NOME;
i reati fine di estorsione e detenzione e porto di armi aggravati dal fine di agevolare la organizzazione per NOMECOGNOME
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso gli imputati, con distinti atti sottoscritti dai rispettivi difensori di fiducia contenenti i seguenti motivi.
COGNOME NOME ha dedotto con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME i seguenti motivi.
2.1.Con il primo motivo denunzia violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza in punto di penale responsabilità e trattamento sanzionatorio.
La sentenza impugnata non ha fornito adeguata motivazione quanto alla penale responsabilità dell’imputato, alla individuazione come congrua di una pena base pari ad anni sette di reclusione.
2.2. Con il secondo motivo denunzia violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio nella parte in cui non ha adeguatamente motivato l’aumento per la contestata recidiva.
COGNOME COGNOME ha dedotto con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME il seguente motivo.
3.1. Con il motivo denunzia violazione di legge tradottasi in assenza di motivazione della sentenza in punto di trattamento sanzionatorio.
La sentenza impugnata non ha fornito adeguata motivazione quanto ai singoli aumenti di pena determinati a seguito del riconoscimento del vincolo della
continuazione tra i diversi fatti reato, non applicando i principi fissati da questa Corte a sezioni unite (S.U. n.47127 del 24/06/2021, COGNOME).
COGNOME NOME ha dedotto con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME, i seguenti motivi.
4.1.Con il primo motivo denunzia violazione di legge quanto alla identificazione dell’imputato.
Nel delimitare temporalmente la condotta associativa con cessazione della stessa nel 2011/2012, la sentenza impugnata opera un riferimento alla persona di NOME e non di NOME.
La motivazione relativa ad un soggetto diverso da Marsiglia comporta una grave contraddittorietà della motivazione.
Le stesse considerazioni possono operarsi con riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio laddove nel concordato erano stati previsti due aumenti di pena riferibili rispettivamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis comma 4 cod. pen. e di cui all’art. 416 bis comma 6 cod. pen. mentre nella sentenza impugnata la Corte territoriale ha operato un doppio aumento per l’art. 416 bis comma 4 cod. pen.
4.2. Con il secondo motivo denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 416 comma 6 cod. pen.
Il segmento di condotta della sentenza impugnata risulta l’attualizzazione di una precedente condotta accertata con sentenza passata in cosa giudicata relativamente alla quale non era stata riconosciuta la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis comma 6 cod. pen.
Trattandosi di circostanza di natura oggettiva con conseguente applicabilità dell’art. 59 comma secondo cod. pen., manca nella sentenza impugnata la motivazione circa la consapevolezza in capo al ricorrente della stessa senza considerare che la circostanza aggravante risulta incompatibile con il ruolo attribuito al ricorrente di uomo di fiducia di un affiliato, lontano dalle dinamiche economiche dei vertici dell’organizzazione.
4.3. Con il terzo motivo denunzia vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen.
La sentenza ha omesso di considerare una pluralità di circostanze di fatto favorevoli all’imputato ai fini del riconoscimento delle invocate attenuanti sia con riferimento al contegno post factum sia con riferimento alla mancata contestazione di reati fine diversi dalla contestazione associativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
1.Prima di analizzare i singoli ricorsi occorre premettere che per il concordato con rinuncia ai motivi di gravame nei confronti della pronuncia di primo grado istituto questo reintrodotto nel sistema processuale all’esito dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017 (a far data dal 3 agosto 2017)- non è stata prevista una disciplina specifica in merito alle censure proponibili con ricorso per cassazione, essendo stata stabilita espressamente solo la declaratoria di inammissibilità de plano ex art. 610, comma 5 bis, cod. proc. pen.
Questa Corte, tuttavia, ha più volte evidenziato come, in tema di concordato in appello, sia ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, Rv. 278170; Sez. 2 n. 22002 del 10/04/2019, Rv. 276102; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Rv. 272969).
Va segnalato che le Sezioni unite di questa Corte hanno altresì affermato che nei confronti della sentenza resa all’esito di concordato in appello è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza. (S.U. n. 19415 del 27/10/2022, dep.2023, COGNOME, Rv. 284481).
Indubbia risulta essere l’assenza di simmetria tra la limitazione dei motivi di ricorso avverso la sentenza di patteggiamento e la mancata previsione di simili od analoghe limitazioni ai motivi proponibili avverso la sentenza di cui all’art. 599 bis cod. proc. pen., non circondata da analoghi limiti rispetto al patteggiamento e da ipotesi di censure ricorribili per cassazione, con la conseguenza che le uniche doglianze proponibili sono quelle, come accennato, relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla formazione della volontà delle parti di accedere al concordato in appello, ed all’eventuale contenuto difforme della pronuncia del giudice di appello, nonché alla illegalità della sanzione inflitta.
Peraltro, la disciplina del patteggiamento in appello previgente, poi abrogato dal D.L. 92/2008 non era difforme.
Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, nel cd. patteggiamento della pena in appello, ai sensi dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., le parti esercitavano il potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, dando vita a un
negozio processuale liberamente stipulato che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non poteva essere unilateralmente modificato – salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata – da chi lo aveva promosso o vi aveva aderito, mediante proposizione di apposito motivo di ricorso per cassazione (Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Rv. 226715).
1.1.Alla stregua dei suddetti principi, deve rilevarsi:
l’inammissibilità dei due motivi di ricorso presentati nell’interesse di COGNOME Maurizio in quanto manifestamente infondati laddove lamentano la omessa motivazione quanto alla quantificazione della pena e all’aumento per la contestata recidiva, non vedendosi in ipotesi di pena illegale;
l’inammissibilità del motivo di ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME in quanto manifestamente infondato laddove lamenta la omessa motivazione quanto ai riconosciuti aumenti per la continuazione, non vedendosi in ipotesi di pena illegale;
l’inammissibilità dei motivi di ricorso presentati nell’interesse di NOME. Il primo motivo risulta chiaramente un errore materiale della motivazione della sentenza impugnata allorquando ha erroneamente indicato il cognome dell’imputato e il secondo aumento per la circostanza aggravante di cui all’art.416 comma 6 cod. pen.; l’evidente refuso esclude che possa ravvisarsi una contraddittorietà della motivazione. Il secondo e il terzo motivo involgono censure che non possono essere fatte valere in sede di concordato sulla pena con rinuncia agli altri motivi in ragione della giurisprudenza richiamata.
2.Alla inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Consegue altresì, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso, nella misura di euro tremila.
Quanto alla richiesta di liquidazione delle spese della parte civile, occorre evidenziare che la sentenza impugnata aveva escluso siffatta statuizione in favore della costituita FAI dal momento che la decisione non aveva ad oggetto la responsabilità degli imputati quanto piuttosto unicamente il quantum di pena in base alle indicazioni di questa Corte secondo cui in tema di spese processuali, la liquidazione di quelle sostenute dalla parte civile è condizionata alla sussistenza di un interesse civile tutelabile e, pertanto, non può essere disposta nel giudizio di impugnazione che abbia ad oggetto esclusivamente questioni attinenti al trattamento sanzionatorio.(Sez.1, n. 36686 del 14/02/2023 Rv. 285236).
Il punto della decisione non è stato oggetto di impugnazione della parte civile con la conseguenza che non possono essere liquidate le spese anche in questa fase.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Nulla sulle pl spese di parte civile.
Così deciso in Roma il 21 gennaio 2025 Il C9nsgliere estensore GLYPH
Il Presidente