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Conclusioni scritte PEC: quando c’è nullità in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per violenza privata tentata. L’imputata lamentava la nullità della sentenza d’appello per mancata valutazione delle conclusioni scritte PEC inviate dalla difesa. La Corte ha stabilito che tale omissione costituisce nullità solo se le conclusioni presentano un contenuto argomentativo autonomo e nuovo rispetto all’atto di appello, e non una mera riproduzione dello stesso.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conclusioni Scritte PEC: non basta il copia-incolla per la nullità

L’invio di memorie e conclusioni scritte via PEC è una prassi consolidata nel processo penale, ma quali sono le conseguenze se il giudice d’appello le ignora? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 2998/2024) fa luce su questo punto cruciale, stabilendo un principio chiaro: la nullità della sentenza scatta solo se le conclusioni hanno un contenuto argomentativo autonomo e non sono una semplice fotocopia dell’atto di appello. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un’imputata per il reato di violenza privata tentata. La sentenza di primo grado veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello. Avverso quest’ultima decisione, la difesa proponeva ricorso per cassazione, basando le proprie doglianze su un unico, ma fondamentale, motivo di carattere procedurale.

Il Motivo del Ricorso: L’Omissione delle Conclusioni Scritte PEC

Il difensore sosteneva che la sentenza d’appello fosse affetta da una nullità generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. Il vizio derivava, secondo la tesi difensiva, dalla mancata valutazione da parte della Corte d’Appello delle conclusioni scritte che erano state inviate tramite Posta Elettronica Certificata (PEC). Questa omissione avrebbe leso il diritto di intervento e di difesa dell’imputato.

La Decisione della Cassazione sulle Conclusioni Scritte

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno chiarito che, sebbene l’omessa valutazione di una memoria difensiva possa integrare una nullità, non si tratta di un automatismo. Per far valere il vizio, è necessario che l’atto ignorato costituisca un effettivo esercizio del diritto di difesa.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra un atto meramente ripetitivo e uno che apporta nuovi elementi alla discussione processuale. La Cassazione, richiamando un suo precedente orientamento (sentenza n. 44424/2022), ha specificato che le conclusioni scritte via PEC devono possedere un “autonomo contenuto argomentativo volto a sostenere le ragioni del gravame”.
Nel caso specifico, un’analisi degli atti ha rivelato che le conclusioni inviate dalla difesa si limitavano a riprodurre pedissequamente quanto già esposto nell’atto di appello. Non aggiungevano nuove argomentazioni, diverse prospettive o ulteriori elementi a supporto delle tesi difensive. Di conseguenza, la loro mancata valutazione da parte della Corte d’Appello non ha comportato alcuna reale compressione del diritto di difesa, poiché il collegio aveva già a disposizione tutti gli argomenti nel corpo dell’impugnazione principale. In assenza di un concreto pregiudizio, non può configurarsi la nullità lamentata.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica per gli avvocati. Le conclusioni finali, anche se inviate telematicamente, non devono essere un semplice riassunto formale, ma un’occasione per rafforzare, approfondire o persino introdurre nuovi profili argomentativi (nei limiti consentiti). Solo in questo modo esse assumono la dignità di un atto difensivo essenziale, la cui omissione da parte del giudice può concretamente viziare la sentenza. In sintesi: per lamentare una violazione del diritto di difesa, bisogna prima averlo esercitato in modo sostanziale e non meramente formale.

Quando l’omessa valutazione delle conclusioni scritte via PEC causa la nullità della sentenza?
Secondo la Corte di Cassazione, l’omessa valutazione causa nullità solo se le conclusioni presentano un autonomo contenuto argomentativo, volto a sostenere le ragioni dell’impugnazione, e non si limitano a ripetere quanto già esposto nell’atto di appello.

È sufficiente che le conclusioni scritte riproducano gli argomenti dell’appello per essere considerate un valido esercizio del diritto di difesa?
No. La Corte ha stabilito che se le conclusioni si limitano a riprodurre quanto già dedotto con l’atto di appello, non costituiscono un effettivo esercizio del diritto di difesa la cui omissione possa determinare una nullità processuale.

Qual è stato l’esito del ricorso nel caso specifico analizzato dalla Corte?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, l’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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