Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1753 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1753 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nata a Arona il 17/07/1965 Avverso la sentenza emessa in data 07/05/2024 dalla Corte di Appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 07/05/2024, la Corte d’Appello di Torino ha confermato la sentenza di condanna alla pena di giustizia emessa dal Tribunale di Verbania, in data 04/03/2022, nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di cui all’art. 515 cod. pen. (così diversamente qualificata l’originaria imputazione in danno di COGNOME NOME).
Ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla omessa valutazione delle conclusioni scritte tempestivamente presentate nel giudizio di appello, trattato con il c.d. rito cartolare. Si censura il travisamento in cui la Cor territoriale era incorsa, affermando che le conclusioni erano state presentate solo dal Procuratore Generale, e si sottolinea che le conclusioni scritte depositate presentavano “un contenuto argomentativo più ampio dell’appello proposto, e, pertanto, avrebbero potuto determinare una decisione diversa e favorevole alla signora COGNOME se prese in considerazione dalla Corte di Appello” (pag. 4 del ricorso).
2.2. Violazione di legge con riferimento al mancato esame dell’istanza di liquidazione dei compensi al difensore della ricorrente, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, presentata unitamente alle conclusioni.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, richiamando la recente elaborazione giurisprudenziale che ritiene indispensabile, per l’annullamento, verificare che le conclusioni non esaminate presentino un reale contenuto argomentativo, e ritenendo generiche, sul punto, le censure difensive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo ordine di doglianze risulta privo delle necessarie connotazioni di specificità.
Questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato che «in tema di disciplina emergenziale da Covid-19, l’omessa valutazione delle conclusioni scritte inviate dalla difesa a mezzo PEC ex art. 23-bis d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020 n. 176, integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio per lesione del diritto di intervento dell’imputato, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., a condizione che esse abbiano un autonomo contenuto argomentativo volto a sostenere le ragioni del gravame, perché solo in tal caso costituiscono effettivo esercizio del diritto di difesa» (Sez. 6, n. 44424 del 30/09/2022, Manca, Rv. 284004 – 01. In senso conforme, cfr. anche Sez. 2, n. 30232 del 16/05/2023, COGNOME, Rv. 284802 01).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, è evidente che sarebbe stata necessaria una adeguata prospettazione, in sede di proposizione del ricorso, delle connotazioni contenutistiche dell’atto depositato, elemento indispensabile per denunciare fondatamente una nullità correlata ad una
omessa, o non adeguata valutazione dell’atto medesimo da parte della Corte d’Appello procedente.
Sul punto, il ricorso risulta invece del tutto generico, essendosi la difesa limitata a sostenere che la memoria presentava un contenuto “più ampio” dell’appello, e che il suo esame “avrebbe potuto comportare” una decisione diversa e più favorevole alla FOMIA.
2.2. Del tutto privo di consistenza appare il secondo motivo di ricorso, essendo evidente che la mancata decisione sulla richiesta di liquidazione dei compensi non inficia la sentenza impugnata, ben potendo il difensore sollecitare nuovamente la liquidazione attraverso altra autonoma istanza.
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 4 dicembre 2024
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