LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concessione suppletiva e abuso d’ufficio: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava misure cautelari per abuso d’ufficio a carico di funzionari pubblici. Questi avevano rilasciato una concessione suppletiva per un’area demaniale a un concessionario che aveva già occupato abusivamente lo spazio. Secondo la Corte, in presenza di violazioni che impongono la revoca della concessione originaria, è precluso il rilascio di un ampliamento. Tale palese illegittimità dell’atto amministrativo costituisce un grave indizio del dolo intenzionale richiesto per il reato di abuso d’ufficio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concessione Suppletiva Illegittima: Quando Diventa Abuso d’Ufficio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31969 del 2024, ha affrontato un caso emblematico riguardante i limiti della concessione suppletiva di beni demaniali e le sue implicazioni penali, in particolare in relazione al reato di abuso d’ufficio. La pronuncia chiarisce che il rilascio di un ampliamento di concessione è illegittimo qualora sussistano i presupposti per la revoca del titolo originario, e tale illegittimità può configurare un grave indizio del reato a carico dei funzionari pubblici.

Il Contesto: L’Ampliamento di una Concessione Demaniale

Il caso origina da un’indagine su un concessionario di un’area demaniale marittima (spiaggia) che aveva occupato una porzione di arenile ben più ampia di quella autorizzata. A seguito di un sequestro preventivo per occupazione abusiva, il Comune competente, anziché procedere alla revoca della concessione originaria per le gravi inadempienze, rilasciava al medesimo soggetto una concessione suppletiva, sanando di fatto l’abuso e ampliando notevolmente l’area a sua disposizione.

La Procura della Repubblica, ritenendo illegittimo tale atto e ravvisando il reato di abuso d’ufficio a carico dei funzionari comunali responsabili, richiedeva l’applicazione di misure cautelari interdittive. I giudici di merito, tuttavia, rigettavano la richiesta, qualificando l’atto come espressione di discrezionalità amministrativa non sindacabile dal giudice penale in assenza di una manifesta irrazionalità.

La Decisione della Cassazione sulla concessione suppletiva

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando la decisione dei giudici di merito e delineando principi cruciali in materia. I giudici hanno evidenziato due errori fondamentali nell’ordinanza impugnata.

La Violazione delle Norme sulla Decadenza

In primo luogo, la normativa regionale (e quella nazionale del codice della navigazione) stabilisce che, in presenza di determinate violazioni da parte del concessionario – come l’occupazione abusiva di aree ulteriori o il mancato pagamento dei canoni – l’amministrazione non ha margini di discrezionalità: è tenuta a dichiarare la decadenza della concessione. Questo potere non è una scelta, ma un atto dovuto, basato su una discrezionalità meramente tecnica, limitata alla verifica dei presupposti di fatto.

L’Errata Applicazione dell’Istituto della Concessione Suppletiva

In secondo luogo, la Corte ha chiarito che l’istituto della concessione suppletiva è un’eccezione ai principi di concorrenza e deve essere interpretato restrittivamente. Può essere concesso solo in situazioni eccezionali, quando l’area aggiuntiva è:
1. Oggettivamente funzionale e necessaria al corretto utilizzo del bene già concesso.
2. Di minima consistenza quantitativa.

Nel caso di specie, l’area aggiuntiva era più grande di quella originaria, rendendo evidente che non si trattava di un piccolo ampliamento funzionale, ma di una nuova e autonoma concessione che avrebbe dovuto essere messa a gara.

Le Motivazioni: Illegittimità Macroscopica e Dolo

La Cassazione ha stabilito che i giudici di merito hanno errato nel non rilevare la palese e macroscopica illegittimità del provvedimento amministrativo. La scelta di rilasciare una concessione suppletiva invece di dichiarare la decadenza obbligatoria della concessione originaria non rientrava in alcun margine di discrezionalità amministrativa, ma costituiva una chiara violazione di legge.

Questa evidente illegittimità, secondo la Corte, non è solo l’elemento oggettivo del reato di abuso d’ufficio, ma diventa anche il principale “indice sintomatico” del dolo intenzionale richiesto dall’art. 323 c.p. Quando l’atto è così palesemente contrario alla legge, è difficile sostenere che il funzionario non avesse l’intenzione di procurare un ingiusto vantaggio. L’errore del Tribunale è stato quello di escludere i gravi indizi di colpevolezza partendo da una premessa sbagliata, ovvero la presunta legittimità dell’atto discrezionale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la discrezionalità della Pubblica Amministrazione non è un potere assoluto e insindacabile, ma è strettamente vincolato al rispetto della legge. Quando la legge impone un’azione specifica, come la revoca di una concessione per gravi inadempienze, il funzionario non può scegliere una via alternativa per favorire il privato.

Le implicazioni sono significative:
* Per i funzionari pubblici: la decisione serve da monito sulla necessità di applicare rigorosamente le norme che regolano le concessioni demaniali, evidenziando che aggirarle attraverso strumenti eccezionali come la concessione suppletiva può integrare il grave reato di abuso d’ufficio.
* Per il controllo di legalità: la sentenza conferma che il giudice penale ha il dovere di valutare la legittimità degli atti amministrativi quando questi costituiscono il presupposto di un reato, senza che ciò rappresenti un’indebita ingerenza nei poteri della P.A.
* Per la trasparenza: viene riaffermata l’importanza delle procedure di gara pubblica, limitando l’affidamento diretto a casi eccezionali e rigorosamente definiti per evitare favoritismi e garantire la parità di trattamento.

È possibile rilasciare una concessione suppletiva se il concessionario ha violato i termini della concessione originaria?
No. Secondo la Corte, se sussistono le condizioni per la decadenza della concessione originaria (come l’occupazione abusiva di aree ulteriori), la Pubblica Amministrazione è tenuta a dichiararla, senza margini di discrezionalità. È quindi preclusa la possibilità di rilasciare un ampliamento o una concessione suppletiva.

L’illegittimità di un atto amministrativo è sufficiente per provare il dolo nel reato di abuso d’ufficio?
La sentenza chiarisce che una “macroscopica illegittimità” dell’atto, come quella riscontrata nel caso di specie, è un fondamentale “indice sintomatico” del dolo intenzionale. Sebbene non sia una prova automatica, costituisce un elemento di prova cruciale per dimostrare l’intento del funzionario di favorire qualcuno o arrecare un danno ingiusto in violazione di legge.

Quali sono i limiti per il rilascio di una concessione suppletiva tramite affidamento diretto?
L’affidamento diretto di una concessione suppletiva è un’eccezione e deve essere interpretato restrittivamente. Può essere ammesso solo in presenza di situazioni eccezionali e a condizione che l’ampliamento sia obiettivamente funzionale e necessario per l’utilizzo del bene già concesso, abbia una minima consistenza quantitativa e non riguardi un bene che potrebbe formare oggetto di una concessione autonoma e distinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati