Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14794 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14794 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 2866/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LOCRI il 06/02/1959 avverso l’ordinanza del 13/06/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME (soggetto condannato alla pena di anni tredici di reclusione, perchØ riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.), il quale aveva domandato il computo – ai fini dell’individuazione della pena espianda – del periodo di carcerazione sofferto dal 25/05/2012 al 03/04/2013, quale presofferto per custodia cautelare in carcere.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME con atto a firma degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo un motivo unico, a mezzo del quale lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art. 657 cod. proc. pen., nonchØ mancanza e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.
La Corte di appello ha errato nella individuazione della norma da applicare, atteso che essa si Ł limitata a un inconferente richiamo al principio giurisprudenziale in base al quale – in presenza di reato permanente – non può essere operata la scomposizione dello stesso in una pluralità di reati, antecedenti e successivi rispetto alla esecuzione dello stato detentivo rivelatosi senza titolo, con conseguente impossibilità di imputare la pena espiata senza titolo al reato permanente, protrattosi oltre il periodo di carcerazione. Nel caso di specie, però, la carcerazione subita da Armocida nel
periodo dal 25/05/2012 al 03/04/2013 non Ł senza titolo, non Ł stata patita in diverso procedimento e non Ł riferita a reato posto in continuazione. Tale detenzione, invece, Ł stata subita in relazione al delitto ex art. 416-bis cod. pen. (oggetto di condanna nel processo cd. Mandamento Ionico), nell’ambito di un procedimento penale poi confluito in quest’ultimo, per il quale il ricorrente si trova attualmente in espiazione pena.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il provvedimento ha applicato correttamente il principio giurisprudenziale per cui, a differenza di quanto accade in relazione al reato continuato, per il quale Ł possibile una scomposizione dei singoli reati e la determinazione della pena in relazione a ciascun reato, il reato permanente non consente una scomposizione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato.
In punto di ricostruzione della vicenda processuale, giova precisare come l’esecuzione della prima ordinanza di custodia cautelare, nei confronti di Armocida, risalga al 25/05/2012 (il provvedimento restrittivo della libertà personale venne adottato all’interno del procedimento penale distinto dal numero 4607/gip); tale misura cautelare venne annullata dal Tribunale del riesame, dopo l’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione. Ancor prima di tale decisione del Tribunale del riesame, la posizione dell’odierno ricorrente era stata stralciata dal procedimento penale recante numero 7144/2011 ed era confluita – unitamente ad altre – nel procedimento distinto dal numero 10/2013; tale posizione venne poi nuovamente stralciata, per confluire in un fascicolo di nuova iscrizione (procedimento penale numero 1701/2013), poi riunito al preesistente numero 8375/2009. Venne poi effettuato un ulteriore stralcio, con iscrizione al numero 2294/2017 e, successivamente, si giunse alla riunione al procedimento numero 1095/2010, da cui venne infine stralciata tale posizione, per confluire nel 5194/2017.
Gli elementi di valutazione e conoscenza desumibili dall’incarto processuale, dunque, confermano la correttezza della tesi difensiva, inerente al fatto che si tratti sempre della medesima notizia di reato, semplicemente trasmigrata in diversi fascicoli, ovviamente distinti da diversi numeri di ruolo. Allo stato, infatti, non risultano dati fattuali atti a smentire la deduzione in ordine all’identità del reato, che, pertanto, non può che esser considerato unitario; il provvedimento impugnato, infatti, non spiega su quale fondamento fattuale riposi il presupposto per cui dovrebbe applicarsi l’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., in relazione al reato associativo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata ed il rinvio per nuovo esame – con piena libertà, quanto agli esiti – alla Corte di appello di Reggio Calabria.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Reggio Calabria.
Così deciso il 21/03/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente