Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31122 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31122 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Varese in data 01/02/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso. il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, a mezzo del difensore, per l’annullamento dell’ordinanza, emessa in data 10 febbraio 2024, con la quale il Tribunale del riesame di Varese ha rigettato l’istanza di riesame avverso al decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio avente ad oggetto somme di denaro, strumenti e preziosi meglio elencati nel decreto di sequestro preventivo emesso a seguito di convalida di sequestro preventivo d’urgenza disposto dal Pubblico Ministero, nell’ambito di indagini svolte in relazione ai reati di cui all’art. 8 d.lgs n. 92 del 2017 (capo A) e 17-127 r.d. 773 del 1931 (capo B).
2. A sostegno dell’impugnazione, il difensore deduce, con un unico motivo di ricorso, carenza di motivazione ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 127 del r.d. n. 773 del 1931. Argomenta la ricorrente che l’ordinanza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la fattispecie di reato di cui all’art. 127 del r.d. n. 773 del 1931, relativa alla commercializzazione di preziosi senza la licenza del questore, non considerando che con il decreto legislativo n. 507 del 30 dicembre 1999,tale fattispecie era stata depenalizzata e trasformata in illecito amministrativo. Non sarebbero applicabili i principi stabiliti dal giurisprudenza di legittimità richiamata nell’ordinanza non essendovi la contestazione di reati in materia di riciclaggio e ricettazione. Allo stesso modo l’ordinanza impugnata avrebbe ritenuto configurabile la violazione di cui all’art. 8 della legge n. 92 del 2017 che prevede l’iscrizione all’O.A.M., iscrizione avente natura di pubblicità-notizia, da cui la mancata iscrizione non sarebbe sanzionata. Chiede l’annullamento dell’ordinanza.
Il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione.
Dal tenore del provvedimento impugnato risulta, in punto di fatto, che la ricorrente, che svolge l’attività di compro oro, non è in possesso della licenza del questore, prevista dall’art. 127 r.d. n. 773 del 1931, e non è iscritta nel registro degli operatori “compro oro” imposta dall’art. 3 del d.lgs n. 92 del 2017.
L’art. 127 del TULPS dispone che “I fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi, ((…)) hanno l’obbligo di munirsi di licenza del questore”.
L’art. 16 del d.lgs 31 marzo 1998, n. 112 ha modificato l’art. 127 del TULPS, escludendo l’obbligo di licenza per i soli “i cesellatori, gli orafi, gli incastrator pietre preziose e gli esercenti industrie o arti affini”.
L’attività di commercio di preziosi è tuttora sottoposta a licenza del questore.
L’art. 56 del d.lgs 30 dicembre 1999, n. 507 ha depenalizzato la contravvenzione di cui all’art. 705 cod.pen. e, ora, chiunque, senza la licenza dell’autorità o senza osservare le prescrizioni della legge, fabbrica o pone in commercio cose preziose, o compie su esse operazioni di mediazione o esercita altre simili industrie, arti o attività, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 258 a euro 1.549.
Ora, se non vi è dubbio, né contestazione, circa il fatto che l’art. 127 TULPS continui a prevedere l’obbligo di licenza del questore per chi svolge l’attività
di commercio di preziosi, come nel caso in esame, la questione di diritto concerne l’individuazione della sanzione prevista per il caso di violazione dell’art. 127 TULPS.
Prima degli interventi legislativi di cui si dirà, non vi è dubbio che trovasse applicazione l’art. 705 cod.pen. che puniva con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da lire duecentomila a lire due milioni “chiunque senza licenza dell’Autorità o senza osservare le prescrizioni di legge, fabbrica o pone in commercio cose preziose o compie su di esse operazioni di mediazione o esercita altre simili industrie, atti o attività”, norma che trovava ulteriori specificazioni ne artt. 127 e 128 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza concernenti, il primo, l’individuazione dei soggetti tenuti a munirsi dell’autorizzazione amministrativa e il secondo le modalità di compimento delle operazioni, l’obbligo di tenuta del registro giornaliero e di identificazione dell’operatore, e altri obbligh
L’art. 705 del codice penale era considerata dunque norma a carattere sanzionatorio delle prescrizioni dettate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e del relativo regolamento, rispetto alle quali peraltro il regime sanzionatorio previsto dall’art. 17 TULPS restava non operante, provvedendo a tal fine il codice penale (vedi Corte costituzionale sentenza n. 13 del 1996).
Con il decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480, – emanato in attuazione della legge-delega 21 dicembre 1993, n. 562, al fine di realizzare una vasta depenalizzazione dei reati minori ha previsto, per quel che qui direttamente interessa, la sanzione penale dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda fino a lire quattrocentomila per le violazioni del testo unico “per le quali non è stabilita una pena o una sanzione amministrativa ovvero non provvede il codice penale” (art. 17, primo comma, del TULPS, nel testo sostituito dall’art. 2 del decreto legislativo n. 480 del 1994) ed ha introdotto, con ‘art. 3, comma 1, dello stesso decreto legislativo, l’art. 17-bis del medesimo testo unico, il quale al comma 3 dispone che le “violazioni alle disposizioni di cui agli articoli… 126, 128, escluse le atti previste dall’art. 126… sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire due milioni”.
Il testo dell’art. 17 TULPS, introdotto dal d.lgs n. 480 del 1994, così dispone: 1. Salvo quanto previsto dall’art. 17-bis, le violazioni alle disposizioni di questo testo unico, per le quali non è stabilita una pena od una sanzione amministrativa ovvero non provvede il codice penale, sono punite con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a lire quattrocentomila. 2. Con le stesse pene sono punite, salvo quanto previsto dall’art. 17-bis, le contravvenzioni alle ordinanze emesse, in conformità alle leggi, dai prefetti, questori, ufficiali distaccati di pubblica sicurezza o sindaci.
Dall’interpretazione del complesso normativo risultante dalle modifiche era comunque chiaro che la violazione dell’art. 127 TULPS continuasse ad essere punita ai sensi dell’art. 705 cod.pen., norma che era stata esclusa dalla
depenalizzazione di cui al d.lvo n. 480 del 1994 che, invece, aveva depenalizzato l’art.706 cod.pen.
Sul tema era intervenuta la Corte costituzione che con la sentenza n. 13 del 1996 aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 705 del codice penale e dell’art. 13 del decreto legislativo n. 480 del 1994 nella parte in cui il primo contemplava la repressione penale del commercio non autorizzato di cose preziose ed il secondo aveva corrispondentemente depenalizzato il solo art. 706 del codice penale e non anche l’art. 705 dello stesso codice. Secondo i giudici delleilegge, “La scelta legislativa non appare, infatti, irragionevole ove si consideri la necessità di una maggiore tutela connessa all’autorizzazione all’esercizio del commercio di cose preziose (nuove) rispetto all’autorizzazione all’esercizio del commercio di cose antiche usate. Si tratta di un giudizio di valore che non può definirsi arbitrario, dato che esso già emerge dalla semplice comparazione della sanzione prevista dall’ancora vigente art. 705 del codice penale (arresto fino a tre mesi o ammenda da lire centomila a lire due milioni) rispetto alla pena prevista invece dall’abrogato art. 706 dello stesso codice (ammenda da lire ventimila a lire duecentomila).
8. E’ tuttavia intervenuto l’art. 56 del d.lvo 30 dicembre 1999, n. 507 che ha modificato l’art. 705 cod.pen. che ora prevede che “Chiunque, senza la licenza dell’autorità o senza osservare le prescrizioni della legge, fabbrica o pone in commercio cose preziose, o compie su esse operazioni di mediazione o esercita altre simili industrie, arti o attività, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 258 a euro 1.549. Si applicano le disposizioni di cui al terzo e quarto comma dell’articolo 686”.
La questione di diritto involge, ora, l’interpretazione dell’inciso dell’art. 17 TULPS comma 1 “ovvero non provvede il codice penale”, perché l’art. 127 TULPS non prevede nel caso di inosservanza alcuna sanzione.
L’art. 705 cod. pen., che era ritenuta norma sanzionatoria delle violazioni di cui all’art. 127 T.U.L.P.S., per il caso di assenza di licenza per la commercializzazione di preziosi, licenza che continua ad essere imposta a chi svolge la predetta attività, è rimasto tale nella descrizione della condotta sanzionata, ma è cambiata la sanzione: “Chiunque, senza la licenza dell’autorità o senza osservare le prescrizioni della legge, fabbrica o pone in commercio cose preziose, o compie su esse operazioni di mediazione o esercita altre simili industrie, arti o attività, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 258 a euro 1.549. Si applicano le disposizioni di cui al terzo e quarto comma dell’articolo 686”.
Si è già detto che il d.lvo n. 480 del 1994 aveva sottratto dalla depenalizzazione l’art. 705 cod.pen. e che tale previsione non contrastava con gli artt. 3 e 41 della Cost (sentenza n. 13 del 1996). Ma successivamente è
intervenuto l’art. 56 del d.lvo n. 504 del 1999 che ha espressamente depenalizzato l’art. 705 cod.pen. ed ha previsto l’applicazione dei commi 3 e 4 dell’art. 686 cod.pen. con i quali il legislatore ha inteso chiaramente sottrarre l’intera disciplina dall’area di rilevanza penale delle violazioni indicate per le quali trovano applicazioni le disposizioni di cui alla legge 689/1981.
Il riferimento contenuto nell’art. 17 TULPS alle disposizioni del codice penale va, dunque, riferito alla disposizione del codice penale come ora risultante dalla depenalizzazione, norma speciale applicabile nel caso concreto.
Del resto, è sufficiente scorrere la parte speciale del codice penale per rendersi conto che molte fattispecie non prevedono più sanzioni penali bensì sanzioni amministrative sostitutive e perfino illeciti civili.
Consegue che la violazione dell’art. 127 TULPS è sottratta dalla disciplina penale essendo prevista la sanzione amministrativa dell’art. 705 cod.pen. e, dunque, l’assenza di fumus commissi delicti con riguardo a tale violazione.
Diversamente, sussiste il fumus del restante reato non inciso dalle deduzioni svolte.
Infatti, la previsione di cui all’art. 8 d. Igs. n. 92/2017 sanziona penalmente lo svolgimento dell’attività di compro oro in assenza dell’iscrizione nel registro degli operatori di cui all’articolo 3. Si ha, dunque, un reato formale, che prescinde dalle modalità di svolgimento dell’attività e rispetto al quale non è prospettabile, tanto più nella sede del riesame reale, la carenza del dolo (sul quale, peraltro, il Tribunale ha motivato).
10. L’ordinanza va annullata senza rinvio limitatamente al fatto contestato nel capo B) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al capo B) perché il fatto non è previsto dalla legge. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso il 25/06/2024