Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27371 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27371 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME NOME a ORTA NOVA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/05/2023 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del PG COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Campobasso, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 8 marzo 2022 dal Tribunale di Larino, ha dichiarato, per quanto qui rileva, non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al delitto di associazione per delinquere di cui al capo a), in quanto estinto per prescrizione, confermando la condanna di NOME COGNOME per il medesimo reato.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, formulando tre motivi di impugnazione.
2.1. Violazione dell’art. 603 cod. proc. pen., in ordine al mancato accoglimento, in difetto della minima motivazione, della richiesta di rinnovazione istruttoria, evidentemente rilevante in quanto avente ad oggetto l’acquisizione della sentenza emessa dalla medesima Corte di appello di Campobasso (nella stessa composizione) nei confronti degli altri coimputati dello stesso delitto associativo, assolti con la formula “perché il fatto non sussiste”.
2.2. Violazione dell’art. 238-bis cod. proc. pen., in riferimento alla medesima sentenza, comunque presente in atti, in quanto allegata da altro difensore al proprio atto di gravame, e purtuttavia completamente trascurata nell’apparato argomentativo.
2.3. Violazione dell’art. 416 cod. pen. e dell’art. 652 cod. proc. pen., avendo il medesimo giudice già statuito sull’insussistenza dell’associazione e sul totale difetto di prova in ordine a un qualsiasi pactum sceleris, con ciò fondando un assoluto e insanabile contrasto rispetto all’esito del presente procedimento,.ancora più irritualmente tenuto conto della natura di reato necessariamente plurisoggettivo che connota l’associazione per delinquere.
Ha proposto ricorso per cassazione altresì NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, formulando sei motivi di impugnazione.
3.1. Violazione dell’art. 34 cod. proc. pen., in ordine al rigetto, confermato anche dalla Corte di appello, dell’eccezione di incompatibilità del presidente e di un componente del collegio giudicante di primo grado che avevano già concorso a pronunciare, nell’ambito dello stesso processo in data 10 ottobre 2017, sentenza di incompetenza funzionale.
3.2. Violazione degli artt. 495, comma 4-ter, e 525, comma 2, cod. proc. pen., avuto riguardo alla sostituzione di uno dei giudici a latere, a cui era conseguita una formale richiesta di rinnovazione istruttoria, su cui il Tribunale non aveva provveduto e che la Corte di appello aveva considerato generica.
3.3. Violazione dell’art. 416 cod. pen. e dell’art. 652 cod. proc. pen., avendo il medesimo giudice già statuito sull’insussistenza dell’associazione e sul totale difetto di prova in ordine a un qualsiasi pactum sceleris, con ciò fondando un assoluto e insanabile contrasto rispetto all’esito del presente procedimento.
3.4. Violazione dell’art. 416 cod. pen., avendo i giudici di merito incongruamente desunto dal materiale captativo la consapevolezza degli imputati di far parte di un sodalizio organizzato e individuato il profitto associativo nel versamento del prezzo per ottenere i supporti digitali (cosiddette “chiavette”) illecitamente ricaricati.
3.5. Violazione dell’art. 416 cod. pen., non essendosi adeguatamente valorizzata la pronuncia assolutoria resa nei confronti dei coimputati (che erano proprio gli interlocutori registrati nelle intercettazioni poste alla bas dell’affermazione di colpevolezza).
3.6. Violazione degli artt. 33, 178, comma 1, e 179 cod. proc. pen. e dell’art. 12, d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, per difetto della capacità del giudice di primo grado, essendo il collegio giudicante irritualmente composto anche da un magistrato onorario.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Occorre preliminarmente dar conto della fondatezza del sesto motivo del ricorso presentato da NOME COGNOME.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il divieto, non derogabile, di destinazione del giudice onorario a comporre i collegi che giudicano i reati indicati nell’art. 407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen., introdotto dall’art. 12 d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, determina una limitazione alla capacità del giudice ai sensi dell’art. 33 cod. proc. pen., la cui violazione è causa di nullità assoluta ai sensi dell’art. 179 cod. proc. pen., in relazione all’art. 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 2, n. 8796 del 14/02/2024, Veneziano, non massimata; Sez. 3, n. 39119 del 06/07/2023, Rv. 285112; Sez. 3, n. 9076 del 21/01/2020 Rv. 279942).
Nel caso in esame, si procede per il reato di cui agli artt. 416, primo e secondo comma, cod. pen. Sussiste, pertanto, il suddetto divieto, avuto riguardo all’inclusione della fattispecie nel comma secondo dell’art. 407, lett. a), cod. proc. pen..
Dalla diretta lettura dei verbali di udienza del processo celebrato davanti al Tribunale di Larino, a cui il Collegio ha accesso quale giudice del fatto processuale emerge che la dottoressa NOME COGNOME, espressamente indicata quale «Giudice 0.T.», ha partecipato al giudizio e alla decisione quale componente del collegio. Non trova applicazione nel presente giudizio la disposizione derogatoria di cui all’art. 30, commi 1 e 5, del citato d.lgs. n. 116 del 2017, dal momento che la destinazione del giudice onorario di tribunale a comporre il collegio penale è successiva all’entrata in vigore della norma, nella sua originaria formulazione.
Alla luce delle predette considerazioni, pertanto, la sentenza impugnata e quella di primo grado devono essere annullate senza rinvio.
L’accoglimento del motivo giova anche all’altro ricorrente COGNOME, ai sensi dell’art. 587 cod. proc. pen., concernendo una violazione processuale non legata a ragioni strettamente personali.
Le restanti censure proposte da COGNOME e COGNOME restano assorbite.
Risulta integralmente decorso in data 8 settembre 2023, a fronte di fatti commessi sino all’8 dicembre 2014, il termine prescrizionale di cui agli artt. 157 e 160 cod. proc. pen. Il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall’art. 129 cod. proc. pen. impone che, nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, quando non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002 Conti Rv. 221403; Sez. 2, n. 1259 del 26/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284300). Non v’è dunque luogo per la trasmissione degli atti al giudice di primo grado, nell’impossibilità di un’utile prosecuzione del giudizio, dovendosi viceversa dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Consegue altresì la caducazione delle statuizioni civili, ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., in conseguenza dell’annullamento anche della sentenza di primo grado.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado perché i reati sono estinti per prescrizione, e revoca le statuizioni civili.
Così deciso 1’8 maggio 2023