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Comportamento abituale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spendita di monete false (art. 455 c.p.). I giudici hanno ritenuto manifestamente infondati i motivi di appello, sottolineando che il comportamento abituale del ricorrente impediva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a differenza di quanto concesso a un correo. La Corte ha confermato la decisione della Corte d’Appello, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Comportamento Abituale: Quando Esclude la Non Punibilità per Tenuità del Fatto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 36975/2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto: il comportamento abituale dell’imputato costituisce un ostacolo insormontabile all’applicazione di questo beneficio. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per spendita di monete false, confermando la solidità delle valutazioni dei giudici di merito.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla condanna inflitta a un individuo dalla Corte d’Appello di una città del nord Italia per il reato previsto dall’art. 455 del codice penale, ovvero l’aver messo in circolazione monete contraffatte. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre specifici motivi per chiederne l’annullamento.

I motivi del ricorso: tra falso grossolano e comportamento abituale

La difesa dell’imputato ha articolato il proprio ricorso su tre principali censure:

1. Vizio di motivazione sul falso grossolano: Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente motivato le ragioni per cui la contraffazione delle banconote non fosse da considerarsi “grossolana”, cioè talmente evidente da non poter ingannare nessuno e, di conseguenza, non costituire reato.
2. Mancata applicazione della non punibilità: Il punto cruciale del ricorso riguardava la contestazione della mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto). La difesa lamentava una disparità di trattamento, poiché tale beneficio era stato concesso a un correo, ma negato al proprio assistito. La Corte di merito aveva giustificato tale diniego ravvisando un comportamento abituale.
3. Diniego delle sanzioni sostitutive: Infine, il ricorrente si doleva della mancata applicazione di sanzioni sostitutive alla pena detentiva, ritenendo che i giudici avessero trascurato tale possibilità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandoli tutti manifestamente infondati e, perciò, inammissibili. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.

Il rigetto del motivo sul falso grossolano

Sul primo punto, la Cassazione ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse corredata da “adeguate ragioni a sostegno” e rispettosa dei principi giurisprudenziali in materia. In altre parole, la Corte d’Appello aveva spiegato in modo sufficiente perché le banconote false non potevano essere considerate una contraffazione palesemente riconoscibile.

Il ruolo ostativo del comportamento abituale

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del secondo motivo. La Corte ha definito la censura “generica e manifestamente infondata”. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente spiegato che, per il ricorrente, sussisteva l’ipotesi del comportamento abituale. Questa condizione, per espressa previsione di legge, è ostativa all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La scelta di non concedere il beneficio, quindi, non era arbitraria, ma fondata su un preciso presupposto normativo che differenziava la posizione del ricorrente da quella del correo.

La ripetitività degli altri motivi

Infine, per quanto riguarda la richiesta di sanzioni sostitutive, la Cassazione ha liquidato il motivo come “meramente riproduttivo” di censure già esaminate e respinte dalla Corte di merito. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni senza individuare vizi specifici nella sentenza impugnata.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio consolidato: l’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile indiscriminatamente. La valutazione del giudice deve tener conto di tutti gli indici previsti dalla norma, tra cui spicca, in negativo, il comportamento abituale. Quando la condotta illecita non è episodica ma si inserisce in un quadro di ripetitività, l’autore del reato non può beneficiare di un trattamento di favore. La decisione ribadisce inoltre l’importanza di formulare ricorsi specifici e non meramente ripetitivi delle argomentazioni già vagliate nei gradi di merito. Per l’imputato, la declaratoria di inammissibilità comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’onere di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché il comportamento abituale impedisce l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Perché la legge stessa lo prevede come causa ostativa. La Corte ha confermato che, avendo la Corte d’Appello ravvisato un comportamento abituale da parte del ricorrente, ha correttamente negato l’applicazione del beneficio, a prescindere dal fatto che fosse stato concesso a un correo la cui posizione era evidentemente diversa.

Cosa accade se un motivo di ricorso si limita a riproporre questioni già decise dal giudice di merito?
Il motivo viene considerato “meramente riproduttivo” e, di conseguenza, inammissibile. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un giudice di legittimità, e i ricorsi devono evidenziare vizi specifici della sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni.

È sufficiente che una banconota sia falsa per essere puniti ai sensi dell’art. 455 c.p.?
No, la falsità deve essere idonea a ingannare. Se la contraffazione è così evidente e grossolana da essere immediatamente riconoscibile da chiunque, il reato può essere escluso. In questo caso, però, i giudici di merito avevano motivato adeguatamente sul perché il falso non fosse da considerarsi grossolano, e la Cassazione ha ritenuto tale motivazione corretta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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