LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Comportamento abituale: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una condanna per violazione delle prescrizioni imposte. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, che ripetevano argomenti già respinti, e sulla corretta esclusione della non punibilità per tenuità del fatto, data la presenza di un comportamento abituale dell’imputato, desunto da precedenti reati della stessa indole.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Comportamento Abituale: la Cassazione Spiega Quando Nega la Tenuità del Fatto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce due principi fondamentali della procedura penale: i requisiti di specificità del ricorso e i limiti all’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto. La pronuncia sottolinea come un comportamento abituale, attestato da precedenti penali, costituisca un ostacolo insormontabile per ottenere il beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p. e come la mera riproposizione di vecchi argomenti renda il ricorso inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo alla pena di otto mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011, relativo alla violazione delle prescrizioni imposte da una misura di prevenzione. La sentenza, emessa in primo grado, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello.

Contro la decisione di secondo grado, la difesa proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione, poiché i giudici di merito non avrebbero valutato correttamente l’elemento soggettivo del reato.
2. Il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale per particolare tenuità del fatto, nonostante la presunta evidenza della lieve entità della condotta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa di entrambi i motivi di ricorso, ritenuti entrambi infondati.

Le Motivazioni: la Genericità del Ricorso e il Comportamento Abituale

L’ordinanza della Corte fornisce spiegazioni chiare e didattiche su due aspetti cruciali del processo penale. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla manifesta infondatezza delle doglianze difensive, ribadendo principi giurisprudenziali consolidati.

La Ripetizione dei Motivi d’Appello

In primo luogo, la Corte ha qualificato il ricorso come generico e aspecifico. I giudici hanno osservato che la difesa si era limitata a riproporre gli stessi motivi già ampiamente esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Secondo un principio consolidato, è inammissibile il ricorso per cassazione che reitera le medesime argomentazioni dell’appello senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso efficace deve, infatti, attaccare specificamente le ragioni della decisione che si contesta, non limitarsi a lamentare genericamente una carenza o illogicità.

L’Ostacolo del Comportamento Abituale alla Tenuità del Fatto

Il secondo e più significativo punto riguarda il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello aveva negato questo beneficio a causa della precedente commissione, da parte dell’imputato, di reati della stessa indole. La Cassazione ha confermato la correttezza di questa valutazione, spiegando che il presupposto del comportamento abituale è ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Citando un proprio precedente (Sez. 1, n. 9858/2024), la Corte ha chiarito che per “reati della stessa indole” si intendono non solo quelli previsti dalla stessa norma, ma anche quelli che, pur incriminati da disposizioni diverse, presentano caratteri fondamentali comuni per circostanze, condizioni ambientali o motivi. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che i plurimi precedenti per il delitto di evasione fossero sufficienti a configurare un comportamento abituale, rendendo impossibile il proscioglimento per tenuità del fatto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre due lezioni importanti. In primo luogo, ribadisce che un ricorso in Cassazione non può essere una semplice fotocopia dell’atto di appello; deve invece essere un’analisi critica e puntuale della sentenza di secondo grado. In secondo luogo, e con maggiore impatto sostanziale, conferma che l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un’ancora di salvezza per chiunque, ma è precluso a chi manifesta una propensione al crimine attraverso un comportamento abituale. La valutazione della “stessa indole” dei reati precedenti è ampia e non si ferma al dato puramente formale, ma analizza la sostanza delle condotte, offrendo ai giudici di merito un criterio flessibile ma rigoroso per negare il beneficio a chi non lo merita.

Quando un ricorso per cassazione è considerato ‘generico’ e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico e inammissibile quando si limita a riprodurre e reiterare gli stessi motivi già presentati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti specifici utilizzati nella sentenza impugnata.

La non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ può essere concessa a chi ha precedenti penali?
No, se i precedenti penali riguardano reati ‘della stessa indole’. In questo caso, si configura un ‘comportamento abituale’, che è un presupposto ostativo all’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale.

Cosa si intende per ‘reati della stessa indole’?
Sono reati che, anche se previsti da norme diverse, presentano caratteri fondamentali comuni. La valutazione tiene conto delle circostanze oggettive, delle condizioni ambientali in cui sono state compiute le azioni, o dei motivi che le hanno determinate. Ad esempio, un precedente per evasione può essere considerato della stessa indole rispetto alla violazione delle prescrizioni di una misura di prevenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati