Comportamento Abituale: la Cassazione Spiega Quando Nega la Tenuità del Fatto
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce due principi fondamentali della procedura penale: i requisiti di specificità del ricorso e i limiti all’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto. La pronuncia sottolinea come un comportamento abituale, attestato da precedenti penali, costituisca un ostacolo insormontabile per ottenere il beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p. e come la mera riproposizione di vecchi argomenti renda il ricorso inammissibile.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo alla pena di otto mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011, relativo alla violazione delle prescrizioni imposte da una misura di prevenzione. La sentenza, emessa in primo grado, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello.
Contro la decisione di secondo grado, la difesa proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione, poiché i giudici di merito non avrebbero valutato correttamente l’elemento soggettivo del reato.
2. Il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale per particolare tenuità del fatto, nonostante la presunta evidenza della lieve entità della condotta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa di entrambi i motivi di ricorso, ritenuti entrambi infondati.
Le Motivazioni: la Genericità del Ricorso e il Comportamento Abituale
L’ordinanza della Corte fornisce spiegazioni chiare e didattiche su due aspetti cruciali del processo penale. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla manifesta infondatezza delle doglianze difensive, ribadendo principi giurisprudenziali consolidati.
La Ripetizione dei Motivi d’Appello
In primo luogo, la Corte ha qualificato il ricorso come generico e aspecifico. I giudici hanno osservato che la difesa si era limitata a riproporre gli stessi motivi già ampiamente esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Secondo un principio consolidato, è inammissibile il ricorso per cassazione che reitera le medesime argomentazioni dell’appello senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso efficace deve, infatti, attaccare specificamente le ragioni della decisione che si contesta, non limitarsi a lamentare genericamente una carenza o illogicità.
L’Ostacolo del Comportamento Abituale alla Tenuità del Fatto
Il secondo e più significativo punto riguarda il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello aveva negato questo beneficio a causa della precedente commissione, da parte dell’imputato, di reati della stessa indole. La Cassazione ha confermato la correttezza di questa valutazione, spiegando che il presupposto del comportamento abituale è ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.
Citando un proprio precedente (Sez. 1, n. 9858/2024), la Corte ha chiarito che per “reati della stessa indole” si intendono non solo quelli previsti dalla stessa norma, ma anche quelli che, pur incriminati da disposizioni diverse, presentano caratteri fondamentali comuni per circostanze, condizioni ambientali o motivi. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che i plurimi precedenti per il delitto di evasione fossero sufficienti a configurare un comportamento abituale, rendendo impossibile il proscioglimento per tenuità del fatto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre due lezioni importanti. In primo luogo, ribadisce che un ricorso in Cassazione non può essere una semplice fotocopia dell’atto di appello; deve invece essere un’analisi critica e puntuale della sentenza di secondo grado. In secondo luogo, e con maggiore impatto sostanziale, conferma che l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un’ancora di salvezza per chiunque, ma è precluso a chi manifesta una propensione al crimine attraverso un comportamento abituale. La valutazione della “stessa indole” dei reati precedenti è ampia e non si ferma al dato puramente formale, ma analizza la sostanza delle condotte, offrendo ai giudici di merito un criterio flessibile ma rigoroso per negare il beneficio a chi non lo merita.
Quando un ricorso per cassazione è considerato ‘generico’ e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico e inammissibile quando si limita a riprodurre e reiterare gli stessi motivi già presentati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti specifici utilizzati nella sentenza impugnata.
La non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ può essere concessa a chi ha precedenti penali?
No, se i precedenti penali riguardano reati ‘della stessa indole’. In questo caso, si configura un ‘comportamento abituale’, che è un presupposto ostativo all’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale.
Cosa si intende per ‘reati della stessa indole’?
Sono reati che, anche se previsti da norme diverse, presentano caratteri fondamentali comuni. La valutazione tiene conto delle circostanze oggettive, delle condizioni ambientali in cui sono state compiute le azioni, o dei motivi che le hanno determinate. Ad esempio, un precedente per evasione può essere considerato della stessa indole rispetto alla violazione delle prescrizioni di una misura di prevenzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31212 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31212 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ROSARNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 21 novembre 2023 con cui la Corte di appello di Catanzaro, confermando la sentenza di primo grado, lo ha condannato alla pena di mesi otto di reclusione per il delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n.159/2011;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio d motivazione, per non avere i giudici di merito valutato la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, e per non avere concesso l’assoluzione ai sensi dell’art 131-bis cod.pen. nonostante la palese tenuità del fatto;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per genericità e aspecificità, in quanto ripropone gli stessi motivi già ampiamente valutati dalla sentenza impugnata e respinti con motivazione logica, completa e non contraddittoria, dovendosi pertanto applicare il consolidato principio di questa Corte, secondo cui «È inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione»(Sez. 2, n.27816 del 22/03/2019, Rv. 276970; vedi anche Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 236945);
ritenuto il ricorso manifestamente infondato, e perciò inammissibile, con riferimento all’omesso proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen., avendo la sentenza impugnata motivato il diniego di tale proscioglimento per la precedente commissione di reati della stessa indole, valutata applicando correttamente il principio dettato da questa Corte, secondo cui «In tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo de comportamento abituale ricorre quando l’autore abbia commesso altri reati della stessa indole, per tali intendendosi quelli che, anche se incriminati da norme diverse, presentino caratteri fondamentali comuni per le circostanze oggettive e le condizioni ambientali nelle quali le azioni sono state compiute, o per i motivi che li hanno determinati. (Fattispecie in cui si è ritenuta abituale la condotta di chi, condannato per il delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, annoverava plurimi precedenti per il delitto di evasione)» (Sez. 1, n. 9858 del 24/01/2024, Rv. 286154);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 01 luglio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente