Comportamento Abituale: Quando i Precedenti Escludono la Particolare Tenuità del Fatto
L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità della sanzione penale, evitando di punire condotte che, sebbene formalmente illecite, risultano di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precise condizioni, tra cui l’assenza di un comportamento abituale da parte del reo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i contorni di questo presupposto, specificando come i precedenti penali possano influenzare la decisione del giudice.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente sosteneva che il giudice di merito avesse errato nel non riconoscergli la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, contestando le modalità con cui era stata valutata la sua condotta pregressa. Secondo la difesa, mancava una dichiarazione formale di “delinquente abituale” che potesse giustificare l’esclusione del beneficio.
La Decisione della Corte
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto infondate le censure del ricorrente, confermando la correttezza della decisione impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si concentra sulla definizione e sull’accertamento del comportamento abituale come causa ostativa all’applicazione della non punibilità per tenuità del fatto. Vediamo i punti chiave del ragionamento dei giudici.
### La Nozione di Comportamento Abituale
La Corte ribadisce un principio consolidato, richiamando una precedente sentenza (Sez. 1, n. 9858 del 24/01/2024): il presupposto del comportamento abituale ricorre quando l’autore ha commesso altri reati “della stessa indole”. Con questa espressione si intendono non solo i reati previsti dalla stessa norma, ma anche quelli che, pur essendo disciplinati da norme diverse, presentano caratteri fondamentali comuni. Tali caratteri possono riguardare le circostanze oggettive, le condizioni ambientali in cui le azioni sono state compiute o i motivi che le hanno determinate. In sostanza, ciò che rileva è una tendenza a delinquere che emerge da una pluralità di fatti.
### L’Irrilevanza della Dichiarazione Formale di Abitualità
Il punto cruciale della decisione è la precisazione che, per escludere la tenuità del fatto, non è indispensabile una formale dichiarazione di “delinquente abituale”. Il giudice di merito, infatti, può argomentare in modo adeguato sulla non occasionalità del fatto basandosi su elementi concreti, come la presenza di precedenti penali specifici. Nel caso di specie, il giudice d’appello aveva correttamente tenuto in considerazione tali precedenti per concludere che la condotta dell’imputato non fosse un episodio isolato, ma si inserisse in un quadro di reiterazione di illeciti, integrando così il comportamento abituale.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione offre un’importante lezione pratica: la valutazione del comportamento abituale è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, che non è vincolato a requisiti formali come la dichiarazione di delinquenza abituale. La presenza di precedenti penali specifici e della stessa indole è un elemento sufficiente a dimostrare una tendenza a commettere reati, precludendo così l’accesso al beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Questa interpretazione rafforza la funzione selettiva dell’istituto, riservandolo a chi commette un illecito in modo veramente occasionale e non a chi, pur con reati di per sé lievi, manifesta una persistente inclinazione a violare la legge penale.
Cosa si intende per ‘comportamento abituale’ ai fini dell’esclusione della non punibilità per tenuità del fatto?
Si intende la condotta di chi ha commesso altri reati della stessa indole, ovvero illeciti che presentano caratteri comuni per circostanze oggettive, condizioni ambientali o motivi, anche se previsti da norme diverse.
È necessaria una dichiarazione formale di ‘delinquente abituale’ per negare il beneficio della tenuità del fatto?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è indispensabile. Il giudice può desumere il comportamento abituale dalla presenza di precedenti penali specifici, argomentando adeguatamente sulla non occasionalità del fatto.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8428 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 09/10/1984
avverso la sentenza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore abbia commesso altri reati della stessa indole, per tali intendendosi quelli che, anche s incriminati da norme diverse, presentino caratteri fondamentali comuni per le circostanze oggettive e le condizioni ambientali nelle quali le azioni sono state compiute, o per i motivi che li hanno determinati (Sez. 1, n. 9858 del 24/01/2024, S., Rv. 286154).
Nel caso di specie, il giudice – contrariamente a quanto dedotto complessivamente in ricorso – ha argomentato in modo adeguato sulla non occasionalità del fatto, essendovi precedenti penali specifici che ha tenuto in considerazione, mentre non è indispensabile che vi sia stata una formale dichiarazione di delinquente abituale, come ha affermato sul punto il ricorrente.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024