Comportamento Abituale e Tenuità del Fatto: La Cassazione Fa Chiarezza
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131 bis del codice penale, è spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30680/2024, torna sul tema, specificando i contorni del comportamento abituale come causa ostativa al riconoscimento di tale beneficio. Questa decisione sottolinea come una valutazione complessiva della condotta dell’imputato, inclusi i precedenti penali per reati della stessa indole, sia fondamentale per un corretto inquadramento giuridico.
Il Fatto: Dalla Condanna per Ricettazione all’Assoluzione in Appello
Il caso trae origine da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Teramo nei confronti di un individuo per il reato di ricettazione. Successivamente, la Corte d’appello di L’Aquila, pur riconoscendo la colpevolezza dell’imputato, riformava parzialmente la sentenza, assolvendolo ai sensi dell’art. 131 bis c.p. per particolare tenuità del fatto.
Secondo la Corte territoriale, i precedenti dell’imputato, definiti come ‘non specifici e risalenti nel tempo’, non erano sufficienti a configurare un comportamento abituale tale da impedire l’applicazione della causa di non punibilità.
Il Ricorso del Procuratore Generale e il Comportamento Abituale
Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello. Il motivo del ricorso era incentrato sulla violazione di legge, in particolare degli artt. 131 bis e 648 c.p. Il Procuratore ha sostenuto che la Corte d’appello avesse errato nel sottovalutare la storia criminale dell’imputato. Quest’ultimo, infatti, risultava gravato da condanne sia precedenti sia successive al fatto in giudizio, e per reati della stessa indole, circostanza che avrebbe dovuto escludere in radice la possibilità di applicare la non punibilità per tenuità del fatto.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno richiamato il consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sent. Tushaj, n. 13681/2016), secondo cui il comportamento abituale sussiste quando ‘l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame’.
La Corte ha inoltre precisato la nozione di ‘reati della stessa indole’, definendoli come quelli che, ‘anche se incriminati da norme diverse, presentino caratteri fondamentali comuni per le circostanze oggettive e le condizioni ambientali nelle quali le azioni sono state compiute, o per i motivi che li hanno determinati’.
Nel caso specifico, l’imputato aveva una condanna per truffa continuata, divenuta irrevocabile prima dei fatti di ricettazione, e un’altra condanna irrevocabile per indebito utilizzo di carte di credito, commesso successivamente. Secondo la Cassazione, si tratta di ‘delitti che condividono la finalità di lucro e la messa in pericolo dell’altrui patrimonio’. Questa sequenza di reati, per la loro natura e collocazione temporale, integrava pienamente la nozione di comportamento abituale, rendendo illegittima la decisione della Corte d’appello.
Conclusioni: L’Impatto della Sentenza sull’Art. 131 bis c.p.
La sentenza in commento ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. non può limitarsi al singolo episodio criminoso, ma deve estendersi a un’analisi completa della personalità e della condotta pregressa dell’imputato. La presenza di più precedenti penali per reati che, pur diversi nel nomen iuris, condividono la medesima finalità illecita (in questo caso, l’aggressione al patrimonio altrui per profitto), delinea un quadro di abitualità nel commettere reati. Tale quadro è incompatibile con la ratio della norma sulla particolare tenuità del fatto, pensata per escludere la punibilità di episodi criminosi veramente isolati e di minima offensività. La Cassazione, annullando la sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, ha riaffermato la necessità di un esame rigoroso dei presupposti ostativi, garantendo un’applicazione coerente e non estensiva del beneficio.
Quando un comportamento viene considerato ‘abituale’ ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto?
Secondo la Cassazione, il comportamento è abituale quando l’autore, oltre al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due illeciti, anche se giudicati in un momento successivo.
Precedenti penali per reati di diversa natura possono configurare il comportamento abituale?
Sì, se i reati, pur previsti da norme diverse, presentano caratteri fondamentali comuni, come le circostanze, le condizioni ambientali o i motivi che li hanno determinati. Nel caso di specie, truffa e indebito utilizzo di carte di credito sono stati considerati della stessa indole della ricettazione perché condividono la finalità di lucro e il danno al patrimonio altrui.
Qual è la conseguenza del riconoscimento del comportamento abituale?
Il riconoscimento del comportamento abituale costituisce un ostacolo normativo che impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131 bis del codice penale.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30680 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30680 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a CEFALU il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2024 della Corte d’appello di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME che ha concluso chiedendo annullarsi con rinvio la sentenza.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza impugnata in questa sede, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Teramo del 13 maggio 2022, che aveva condannato COGNOME NOME per il delitto di ricettazione, assolvendo l’imputato, perché non punibile ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen.
Ha proposto ricorso il Procuratore generale deducendo con unico motivo, violazione di legge, in relazione all’art. 131 bis, 648 cod. pen., 530 cod. proc. pen.; la Corte territoriale aveva affermato, in modo errato, di escludere l’abitualità del comportamento dell’imputato, ritenendo che i precedenti “non specifici e risalenti nel tempo” non fossero di ostacolo al riconoscimento della causa di non punibilità, mentre l’imputato risultava raggiunto da condanne, sia prima che dopo la commissione del fatto da giudicare e per reati della stessa indole.
•10,
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, con riguardo alle caratteristiche dei presupposti che l’art. 131 bis cod. pen. prevede per il riconoscimento dalla causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, «il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame» (n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266591 – 01, seguita da Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, COGNOME, Rv. 278347 – 01); reati accomunati dalla stessa indole, nozione che ricorre quando i reati per cui sono state riportate le condanne «anche se incriminati da norme diverse, presentino caratteri fondamentali comuni per le circostanze oggettive e le condizioni ambientali nelle quali le azioni sono state compiute, o per i motivi che li hanno determinati» (Sez. 1, n. 9858 del 24/01/2024, S., Rv. 286154 – 01).
Rispetto al fatto oggetto di imputazione (commesso dall’imputato in due occasioni il 24.4.2017 ed il 6.5.2017) il ricorrente ha concordato l’applicazione della pena per il delitto di truffa continuata commessa nel 2016, con sentenza divenuta irrevocabile il 16 aprile 2017 prima della commissione dei fatti (circostanza che risulta ostativa all’eventuale estinzione del reato, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen.) ed ha riportato ulteriore condanna irrevocabile per un fatto di indebito utilizzo di carte di credito commesso nel 2018; si tratta di delitti che condividono la finalità di lucro e la messa in pericolo dell’altrui patrimonio (sulla natura plurioffensiva del delitto previsto dall’art. 493 ter cod. pen, Sez. 2, n. 39276 del 22/09/2021, Arena, Rv. 282204 – 01).
L’errata applicazione della disposizione dell’art. 131 bis cod. pen., comporta l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
Così deciso l’ 11 luglio 2024
GLYPH
Il Consigli e Estensore
La Presidente