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Comportamento abituale: no alla tenuità del fatto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, confermando che la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) non può essere applicata in presenza di un comportamento abituale. Tale condizione è desunta dalla presenza di molteplici condanne precedenti, non unificate dal vincolo della continuazione, che rivelano una tendenza a delinquere dell’imputato, ostacolando la concessione del beneficio.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Comportamento abituale e tenuità del fatto: la Cassazione fa chiarezza

L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per deflazionare il sistema giudiziario, evitando processi per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è soggetta a precisi limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito come la presenza di un comportamento abituale del reo, desumibile da precedenti condanne, costituisca un ostacolo insormontabile alla concessione di tale beneficio.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La difesa sosteneva che il reato contestato fosse di lieve entità e che, pertanto, meritasse di essere archiviato senza una condanna. La Corte territoriale, tuttavia, aveva respinto tale richiesta basandosi sia sulla gravità concreta del fatto, desunta dalle modalità della condotta e dal grado di colpevolezza, sia sulla presenza di elementi ostativi legati alla personalità dell’imputato.

La decisione della Corte e il ruolo del comportamento abituale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno innanzitutto confermato la correttezza della valutazione operata dalla Corte d’Appello, la cui motivazione era già di per sé sufficiente a giustificare il rigetto della richiesta.

L’argomento decisivo: i precedenti penali

La Cassazione ha poi introdotto un argomento rafforzativo di cruciale importanza. Ha evidenziato come, nel caso di specie, sussistesse la condizione ostativa del comportamento abituale. Consultando il certificato del casellario giudiziale dell’imputato, emergeva la presenza di plurime condanne per diversi reati, non uniti dal cosiddetto ‘vincolo della continuazione’ (art. 81, comma 2, c.p.). Quest’ultimo istituto consente di considerare più reati come un’unica violazione se commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. L’assenza di tale unificazione formale dimostrava che l’imputato aveva commesso nel tempo reati distinti e autonomi, sintomo di una tendenza a delinquere che la legge intende escludere dal beneficio della tenuità del fatto.

Le motivazioni

La Corte ha richiamato un importante principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 18891/2022), secondo cui la pluralità di reati unificati dalla continuazione non è di per sé ostativa al riconoscimento dell’art. 131-bis c.p. In quel caso, infatti, le diverse violazioni possono essere valutate come un’unica condotta. Al contrario, quando il casellario giudiziale riporta diverse condanne separate, come nella vicenda in esame, tale valutazione unitaria non è possibile. Ogni condanna rappresenta un episodio a sé stante che, nel complesso, delinea un quadro di abitualità nel commettere reati, incompatibile con la finalità dell’istituto. La decisione si fonda quindi su una distinzione netta: una cosa è commettere più illeciti nell’ambito di un unico progetto criminoso, altra è avere una storia criminale costellata di episodi indipendenti. Questa seconda ipotesi integra pienamente il comportamento abituale che preclude la non punibilità.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica: ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudice deve compiere una valutazione complessiva non solo sulla gravità del singolo episodio, ma anche sulla personalità dell’imputato. La presenza di precedenti penali nel casellario giudiziale, se non riconducibili a un unico disegno criminoso, diventa un elemento decisivo e negativo. La sentenza riafferma la necessità di un’analisi rigorosa del passato giudiziario dell’imputato, impedendo che soggetti con una propensione a delinquere possano beneficiare di un istituto pensato per reati genuinamente occasionali e di minima entità.

Quando il comportamento abituale impedisce la non punibilità per tenuità del fatto?
Secondo la Corte, il comportamento abituale, ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sussiste quando dal certificato del casellario giudiziale risultano più condanne per reati non avvinti dal nesso della continuazione. Questa pluralità di condanne separate indica una tendenza a delinquere.

Una pluralità di reati uniti dal vincolo della continuazione impedisce di per sé il beneficio della tenuità del fatto?
No. La Corte, richiamando una precedente sentenza delle Sezioni Unite, chiarisce che una pluralità di reati formalmente unificati ex art. 81, comma 2, c.p. non è di per sé ostativa, in quanto tali reati possono essere valutati come un’unica violazione complessiva.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso senza un esame del merito, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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