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Comportamento abituale: no a tenuità del fatto

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata per tentato furto. La Corte ha confermato la decisione di merito che negava la non punibilità per particolare tenuità del fatto a causa del comportamento abituale della ricorrente, desunto da precedenti condanne per reati della stessa indole. Anche le attenuanti generiche sono state negate sulla base della personalità dell’imputata.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Comportamento abituale: quando i precedenti penali escludono la tenuità del fatto

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema di grande rilevanza pratica: l’impatto dei precedenti penali sulla possibilità di beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. La Corte chiarisce come la presenza di un comportamento abituale, desunto da condanne pregresse per reati della stessa indole, rappresenti un ostacolo insormontabile all’applicazione di tale istituto. La decisione offre inoltre spunti sulla discrezionalità del giudice nel negare le attenuanti generiche basandosi sulla personalità dell’imputato.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda una persona condannata in primo grado e in appello per il reato di tentato furto ai danni di un noto negozio di abbigliamento. L’imputata, non accettando la sentenza di condanna della Corte d’Appello di Roma, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando due specifiche violazioni di legge.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La ricorrente ha basato il suo appello su due principali motivi:

1. Mancata applicazione della causa di non punibilità: Si sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel non riconoscere la particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p., che avrebbe portato a una sentenza di proscioglimento.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: La difesa lamentava un’erronea applicazione della legge penale e un vizio di motivazione per non aver concesso le circostanze attenuanti generiche, che avrebbero comportato una riduzione della pena.

L’impatto del comportamento abituale sulla tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, ritenendolo infondato. Il punto centrale della decisione ruota attorno al concetto di comportamento abituale. L’art. 131-bis, comma 4, c.p. stabilisce chiaramente che la causa di non punibilità non si applica se l’autore ha commesso più reati della stessa indole.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato che l’imputata aveva già riportato due condanne definitive per reati gravi come rapina ed estorsione. Secondo la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite (sentenza n. 13681/2016), la serialità che integra l’abitualità si realizza quando l’autore, dopo due reati della stessa indole, commette un’ulteriore condotta illecita analoga. Pertanto, la Corte ha concluso che i giudici di merito avevano correttamente escluso il beneficio della tenuità del fatto a causa del comportamento abituale della ricorrente.

La valutazione della personalità per le attenuanti generiche

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha affermato che la decisione di negare le attenuanti generiche era legittimamente fondata sulla personalità dell’imputata, così come emergeva dalle precedenti condanne. I giudici hanno sottolineato che, ai fini della concessione o esclusione delle attenuanti generiche, il giudice può basare la propria valutazione anche su un solo elemento tra quelli indicati dall’art. 133 c.p., qualora lo ritenga prevalente e decisivo.

In questo caso, la personalità negativa dell’imputata, testimoniata dai suoi precedenti penali, è stata considerata un fattore preponderante, tale da neutralizzare altri elementi potenzialmente favorevoli, come il valore non elevato della merce che si era tentato di sottrarre.

Le motivazioni della Cassazione

Sulla base di queste argomentazioni, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Le motivazioni della Corte d’Appello sono state ritenute corrette e in linea con i principi di diritto. La Corte ha ribadito che il comportamento abituale è un ostacolo oggettivo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. e che la valutazione delle attenuanti generiche rientra nell’ampia discrezionalità del giudice di merito, il quale può legittimamente basarsi sulla personalità del reo per negarle, anche a fronte di un danno patrimoniale esiguo.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la recidiva e la serialità nel commettere reati della stessa indole precludono l’accesso a benefici premiali come la non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione sottolinea come il legislatore e la giurisprudenza intendano riservare tale istituto a casi di criminalità veramente occasionale e di minima offensività. Inoltre, conferma l’ampio potere del giudice di merito nel valutare la personalità complessiva dell’imputato ai fini della concessione delle attenuanti generiche, potendo un passato criminale significativo superare considerazioni legate alla modesta entità del singolo episodio delittuoso.

Quando il comportamento di una persona è considerato ‘abituale’ al punto da impedire la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte, il comportamento è abituale quando l’autore ha commesso più reati della stessa indole. Nel caso specifico, la presenza di due condanne definitive precedenti per reati contro il patrimonio, seguite da un ulteriore tentativo di furto, è stata considerata sufficiente per configurare la serialità ostativa all’applicazione del beneficio.

Può un giudice negare le attenuanti generiche anche se il danno economico del reato è molto basso?
Sì. La Corte ha confermato che il giudice può negare le attenuanti generiche basando la sua decisione su un unico elemento negativo ritenuto prevalente, come la personalità dell’imputato desunta dai suoi precedenti penali. Questo fattore può essere considerato più rilevante di altri elementi potenzialmente positivi, come il valore esiguo della merce sottratta.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La conseguenza per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso ritenuto privo dei presupposti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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