Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18690 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18690 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ERICE il 31/01/1973
avverso la sentenza del 11/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 11.10.2024, la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani dell’11.12.2023 di condanna di COGNOME NOME alla pena di quattro mesi di arresto per il reato di cui all’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011.
Avverso la predetta sentenza, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso, articolandolo in cinque motivi.
2.1 n primo motivo, che eccepisce la prescrizione del reato, è manifestamente infondato.
Trattandosi di reato commesso il 10.6.2019, trova applicazione il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite in data 13.12.2024 (PG c. COGNOME, motivazione non ancora depositata), secondo cui la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continua ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, lett. a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019.
Di conseguenza, la prescrizione è rimasta sospesa alla data della sentenza di primo grado dell’11.12.2023.
2.2 Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto basato su censure di merito inconferenti (per esempio, la non ragionevole affermazione secondo cui la prova dell’assenza dell’imputato in occasione del primo controllo sarebbe smentita dal fatto che sia stato poi trovato in casa un’ora e mezza dopo) o irrilevanti (per esempio, la enfatizzazione della presunta inattendibilità della teste COGNOME che non sposta alcunché, perché la prova dello specifico fatto contestato non dipende affatto dalle sue dichiarazioni) rispetto ad una motivazione invece del tutto logica e congrua.
Sotto questo profilo, il ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata e si limita a proporre la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, attività entrambe precluse, tuttavia, al giudice di legittimità (Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 01).
2.3 Quanto al terzo motivo, la Corte d’Appello ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, richiamando i plurimi
precedenti specifici dell’imputato, in base ai quali ha ritenuto abituale la condotta dell’imputato.
Si tratta di motivazione conforme al principio secondo cui, in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore abbia commesso altri reati della stessa indole (Sez. 1, n. 9858 del 24/1/2024, Rv. 286154 – 01).
Il ricorrente l’avversa inammissibilmente sulla base di un motivo manifestamente infondato in quanto apodittico e contradditorio, basato sull’argomento che la Corte d’Appello non avrebbe spiegato il motivo per cui quattro precedenti violazioni della misura di prevenzione sarebbero della stessa indole del reato ”’sub iudice: ma, così congegnato, il motivo omette inspiegabilmente di tenere conto che COGNOME è stato da ultimo condannato appunto per l’inosservanza delle prescrizioni della misura della sorveglianza speciale.
2.4 Il quarto motivo è generico.
La motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche è più che adeguata e fa convenientemente riferimento ai numerosi e specifici precedenti dell’imputato, oltre che, comunque, all’assenza di altri elementi di segno positivo.
In questo modo, la Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549 – 02).
2.5 Anche il quinto motivo è manifestamente infondato, in quanto privo di critica specifica al provvedimento impugnato.
La Corte d’Appello motiva adeguatamente in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, richiamando le circostanze del fatto e la capacità a delinquere dell’imputato – ossia i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. – e in tal modo assolvendo al ridotto onere motivazionale richiesto per l’irrogazione di una pena solo di poco superiore al minimo edittale.
A fronte di tale motivazione, il ricorso, dal canto suo, si limita a reiterare il motivo di appello, senza confutare le argomentazioni della sentenza d’appello in virtù delle quali non era stato accolto.
Per quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, con la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30.1.2025