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Comportamento abituale: niente tenuità del fatto

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per uso indebito di strumenti di pagamento. La richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stata respinta a causa del comportamento abituale, avendo l’imputato commesso lo stesso reato per tre volte, circostanza che osta all’applicazione del beneficio.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Comportamento Abituale e Tenuità del Fatto: Quando la Ripetizione del Reato Esclude la Non Punibilità

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, è uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità della sanzione penale. Tuttavia, la sua operatività è subordinata a precise condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come il comportamento abituale dell’imputato rappresenti un ostacolo insormontabile per l’applicazione di tale beneficio, anche a fronte di reati singolarmente considerati di modesta entità.

I Fatti del Caso: Uso Indebito e Ripetuto di Strumenti di Pagamento

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di indebito utilizzo di strumenti di pagamento. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione lamentando la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che l’offesa arrecata fosse di particolare tenuità. Il ricorrente, tuttavia, non contestava una specifica illogicità nella motivazione della Corte d’Appello, ma si limitava a riproporre la richiesta di applicazione del beneficio.

La Corte territoriale aveva negato la particolare tenuità del fatto basandosi su un elemento cruciale: l’imputato aveva commesso lo stesso reato per ben tre volte. Questa reiterazione della condotta illecita è stata considerata decisiva dai giudici di merito.

La Decisione della Cassazione sul Comportamento Abituale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno sottolineato come il ricorso fosse generico e privo di una critica puntuale alle argomentazioni della sentenza impugnata. Ma, soprattutto, hanno ribadito un principio cardine nell’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

La Reiterazione del Reato Come Ostacolo Assoluto

Il punto centrale della decisione è che la commissione ripetuta dello stesso reato configura un comportamento abituale. Secondo il quarto comma dell’art. 131-bis c.p., la non punibilità non può essere concessa quando l’autore ha commesso più reati della stessa indole, anche se ciascuno di essi, preso singolarmente, fosse di particolare tenuità. La ripetizione della condotta illecita è un indicatore di una maggiore pericolosità sociale e di una persistenza nel delinquere che il legislatore ha voluto escludere dal perimetro del beneficio.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione dell’ordinanza si fonda su una solida base normativa e giurisprudenziale. La Corte ha innanzitutto ricordato che la valutazione sulla particolare tenuità dell’offesa è un giudizio di merito, affidato alla discrezionalità del giudice, che deve tener conto dei parametri indicati dall’art. 133, primo comma, del codice penale (modalità della condotta, gravità del danno, grado della colpevolezza). Questa valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi logici manifesti, che nel caso di specie non sussistevano.

Il fattore dirimente, tuttavia, è stata l’applicazione del quarto comma dell’art. 131-bis. La Corte ha stabilito che la commissione di tre episodi identici di indebito utilizzo di strumenti di pagamento integra pienamente la nozione di comportamento abituale. Di conseguenza, la sussistenza di questa condizione ostativa rende superflua ogni altra valutazione sulla tenuità del singolo episodio. La legge stessa pone un divieto esplicito all’applicazione del beneficio in questi casi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: la speranza di ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto si infrange di fronte alla reiterazione di condotte illecite. Anche se un singolo reato può sembrare di lieve entità, la sua ripetizione seriale viene interpretata dall’ordinamento come un segnale di allarme che impedisce l’applicazione di istituti premiali. Per gli operatori del diritto, ciò significa che nella valutazione della strategia difensiva è essenziale considerare non solo il singolo fatto contestato, ma l’intera storia criminale del proprio assistito, poiché un comportamento abituale può precludere vie d’uscita altrimenti percorribili.

La commissione ripetuta dello stesso reato impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la commissione per tre volte dello stesso reato di indebito utilizzo di strumenti di pagamento configura un comportamento abituale ai sensi dell’art. 131-bis, quarto comma, cod. pen., che osta all’applicazione del beneficio.

Per negare la particolare tenuità del fatto, il giudice deve analizzare tutti gli elementi dell’art. 133 del codice penale?
No, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi. È sufficiente che il giudice indichi quelli ritenuti rilevanti per la sua decisione, come le modalità della condotta o, come in questo caso, la natura abituale del comportamento.

La valutazione sulla tenuità dell’offesa fatta dal giudice di merito può essere contestata in Cassazione?
Generalmente no. Trattandosi di un esercizio di discrezionalità del giudice del merito, la sua valutazione non può essere oggetto di ricorso per cassazione, a meno che non sia sorretta da una motivazione manifestamente illogica o arbitraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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