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Comportamento abituale: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21526/2024, ha annullato una decisione di merito che negava la causa di non punibilità per tenuità del fatto a un imputato con un solo precedente. La Corte ha ribadito che per configurare un comportamento abituale, ostativo al beneficio, sono necessari almeno due illeciti oltre a quello in esame, non essendo sufficiente un unico precedente della stessa indole.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Comportamento Abituale: Quando un Solo Precedente Non Basta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 21526 del 2024, offre un chiarimento cruciale sulla nozione di comportamento abituale ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Questa pronuncia è di fondamentale importanza, specialmente in relazione a reati diffusi come la guida in stato di ebbrezza, poiché stabilisce un principio chiaro: un solo precedente non è sufficiente a definire un reo come ‘abituale’ e, quindi, a precludergli l’accesso al beneficio.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di guida in stato di ebbrezza, previsto dall’art. 186 del Codice della Strada. La difesa dell’imputato aveva richiesto l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo la particolare tenuità del fatto. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva respinto tale richiesta, motivando la decisione sulla base della ritenuta abitualità del comportamento dell’imputato. Tale valutazione si fondava esclusivamente sulla presenza di un unico precedente penale per un reato della stessa indole. L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi presentato ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio su questo punto.

La Questione del Comportamento Abituale e la Decisione della Cassazione

Il nucleo della controversia giuridica riguarda l’interpretazione del concetto di comportamento abituale come presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità. La Corte d’Appello aveva adottato un’interpretazione estensiva, considerando sufficiente un solo precedente per integrare tale nozione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno sottolineato come tale interpretazione contrasti con la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite (sent. n. 13681 del 2016, Tushaj), secondo cui per aversi comportamento abituale è necessario che l’autore abbia commesso almeno due illeciti, oltre a quello in esame. La commissione di un solo illecito precedente non è, quindi, di per sé sufficiente a configurare l’abitualità e a impedire il riconoscimento della tenuità del fatto.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione è lineare e si fonda su un principio di legalità e tassatività. La Corte ha specificato che l’abitualità del comportamento rappresenta una condizione negativa, che deve essere accertata con rigore. Affermare che un singolo precedente possa bastare significherebbe ampliare in modo ingiustificato la portata della norma, limitando l’applicazione di un istituto volto a deflazionare il sistema penale per fatti di minima offensività.

Inoltre, la Corte ha rilevato che la sentenza d’appello era carente anche sotto un altro profilo: non conteneva alcuna valutazione ulteriore basata sui criteri dell’art. 133 c.p. (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole), che avrebbero potuto, anche implicitamente, giustificare il diniego del beneficio. La motivazione era concisa e basata unicamente sull’erroneo presupposto dell’abitualità derivante da un unico precedente. Per queste ragioni, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova e corretta valutazione della questione.

Le Conclusioni

La decisione in esame ribadisce un principio di garanzia fondamentale: le cause ostative all’applicazione di istituti di favore, come la non punibilità per tenuità del fatto, devono essere interpretate restrittivamente. Un solo precedente penale non può automaticamente etichettare un individuo come ‘delinquente abituale’. Sarà necessario, per il giudice di rinvio, valutare la questione non solo alla luce del corretto numero di precedenti, ma anche considerando tutti gli altri indici previsti dalla legge per stabilire se il fatto, nel suo complesso, possa essere considerato di particolare tenuità. La declaratoria di responsabilità per il reato contestato è stata comunque dichiarata irrevocabile, quindi il nuovo giudizio verterà esclusivamente sull’applicabilità o meno dell’art. 131-bis c.p.

Un solo precedente penale è sufficiente per considerare un comportamento abituale ai sensi dell’art. 131-bis c.p.?
No, la sentenza chiarisce, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, che la commissione di un solo illecito precedente non è sufficiente a configurare la nozione di comportamento abituale.

Cosa si intende per comportamento abituale secondo la giurisprudenza citata?
Per comportamento abituale, ai fini dell’esclusione della causa di non punibilità per tenuità del fatto, si intende la situazione in cui l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti oltre a quello preso in esame.

Qual è stato l’esito finale del ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. e ha rinviato il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio su questo specifico punto. La dichiarazione di responsabilità dell’imputato è stata invece confermata come irrevocabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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