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Comportamento abituale: assoluzione non fa precedente

La Corte di Cassazione chiarisce che una precedente assoluzione non può essere considerata per stabilire il comportamento abituale, elemento che impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il caso riguardava un imputato condannato per guida senza patente a cui era stata negata la non punibilità sulla base di precedenti episodi, uno dei quali conclusosi con assoluzione.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Comportamento Abituale e Causa di Non Punibilità: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23940 del 2024, interviene su un tema cruciale del diritto penale: i limiti alla valutazione del comportamento abituale ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: una precedente sentenza di assoluzione non può essere utilizzata per dimostrare l’abitualità della condotta di un imputato e, di conseguenza, per negargli il beneficio.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di cui all’art. 73 del D.Lgs. 159/2011. L’imputato, già destinatario di un avviso orale da parte del Questore, era stato sorpreso alla guida di un’autovettura pur non avendo mai conseguito la patente. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la condanna, negando però l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La decisione dei giudici di merito si fondava sulla ritenuta abitualità della condotta dell’imputato, il quale, secondo l’accusa, era già stato colto in altre occasioni alla guida senza patente. Tuttavia, la difesa ha sollevato un punto critico nel suo ricorso per cassazione: una delle vicende precedenti, considerata dai giudici per fondare il giudizio di abitualità, si era in realtà conclusa con una sentenza di assoluzione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Comportamento Abituale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa, annullando la sentenza impugnata limitatamente al punto sulla non punibilità e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione. Il Collegio ha ritenuto che i giudici di merito fossero incorsi in un errore di diritto e in un vizio di motivazione.

Il cuore della decisione si basa sull’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite (sentenza Tushaj, n. 13681/2016), secondo cui il comportamento abituale sussiste quando l’autore ha commesso almeno due illeciti della stessa indole, oltre a quello per cui si procede. Questi illeciti possono essere oggetto di condanne irrevocabili o anche di procedimenti ancora pendenti. La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ribadisce e chiarisce un aspetto fondamentale di tale principio.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato in modo inequivocabile che nel novero degli ‘illeciti’ rilevanti per configurare l’abitualità non possono rientrare fatti per i quali l’imputato sia stato assolto. La logica è stringente: una sentenza di assoluzione, con qualunque formula sia stata pronunciata, esclude la rilevanza penale di quel fatto storico. Pertanto, considerarlo come un ‘precedente’ sintomatico di una tendenza a delinquere costituisce un errore di diritto.

I giudici di legittimità hanno sottolineato che la valutazione del giudice deve basarsi su sentenze di condanna irrevocabili o procedimenti pendenti, ma non può in alcun modo ‘recuperare’ il fatto storico di un procedimento conclusosi con un’assoluzione per fondare un giudizio negativo sull’imputato. La Corte d’Appello, pur riconoscendo l’esito assolutorio di una delle sentenze precedenti, aveva erroneamente ritenuto di poter comunque valutare ‘il fatto storico della guida senza patente’ come indice di abitualità. Questa interpretazione è stata censurata dalla Cassazione perché viola il principio secondo cui un’assoluzione esclude in radice la possibilità di considerare quel comportamento come un ‘reato’ ai fini della valutazione dell’abitualità.

Conclusioni

La sentenza n. 23940/2024 rafforza un principio di garanzia fondamentale nel nostro ordinamento. Stabilisce che la valutazione del comportamento abituale deve fondarsi su elementi certi e giuridicamente rilevanti, come condanne o procedimenti in corso, escludendo categoricamente fatti che, a seguito di un processo, sono stati ritenuti non penalmente rilevanti. In pratica, una volta che un imputato viene assolto per un determinato fatto, quel fatto non può più ‘perseguitarlo’ in futuri procedimenti per negargli benefici di legge come la non punibilità per particolare tenuità. La decisione impone ai giudici di merito un’analisi più rigorosa e rispettosa degli esiti processuali, evitando di basare giudizi di pericolosità sociale su eventi che il sistema giudiziario stesso ha già dichiarato irrilevanti.

Una sentenza di assoluzione può essere usata per dimostrare il comportamento abituale di un imputato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i fatti per i quali un imputato è stato assolto non possono essere considerati per configurare il comportamento abituale che osta all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

Cosa serve per configurare il ‘comportamento abituale’ ai sensi dell’art. 131-bis c.p.?
Perché il comportamento sia ritenuto abituale, l’autore deve aver commesso, oltre al reato per cui si procede, almeno altri due reati della stessa indole. Tali reati possono risultare da sentenze di condanna irrevocabili o anche da procedimenti pendenti davanti allo stesso giudice.

Qual è stato l’esito del ricorso in questo specifico caso?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello limitatamente alla parte in cui negava la causa di non punibilità. Ha rinviato il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il punto attenendosi al principio che la precedente assoluzione non può essere presa in considerazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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