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Competenza territoriale truffa: il caso CIG Covid

In un caso di presunta truffa sui fondi CIG Covid-19, la Corte di Cassazione ha chiarito i criteri per la competenza territoriale truffa. La Corte ha stabilito che la competenza spetta al giudice del luogo in cui è stata percepita l’ultima erogazione indebita, qualificando il reato come a consumazione prolungata. La decisione sottolinea che il profitto del reato è il risparmio di spesa per la società, la quale ha sede nel luogo dove si radica la competenza.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza territoriale truffa: la Cassazione chiarisce sul caso CIG Covid

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha fornito un’importante chiave di lettura per determinare la competenza territoriale truffa nei casi di reati a consumazione prolungata, con specifico riferimento alle presunte frodi legate alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) erogata durante l’emergenza Covid-19. La decisione analizza dove si considera commesso il reato quando le erogazioni indebite si susseguono nel tempo, un tema cruciale per l’avvio e la prosecuzione del procedimento penale.

I Fatti del Caso: La presunta truffa ai danni dell’ente previdenziale

Il caso trae origine da un’indagine a carico degli amministratori di due società, accusati del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.). Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero richiesto e ottenuto la CIG Covid per i propri dipendenti, dichiarando falsamente all’ente previdenziale la sospensione delle attività lavorative. In realtà, i lavoratori avrebbero continuato a svolgere le proprie mansioni senza interruzioni.

Gli artifici e raggiri contestati consistevano nel dichiarare il falso, dissimulare le retribuzioni aggiuntive come ‘note spese’ e occultare l’effettiva continuità lavorativa. Ciò avrebbe procurato alle società un ingiusto profitto, quantificato in oltre 126.000 euro, corrispondente al risparmio sui costi del personale che sarebbero stati altrimenti a loro carico.

La Questione Giuridica: Dove si è consumato il reato?

La questione centrale, rimessa alla Corte di Cassazione dal Giudice per l’udienza preliminare di Milano, riguardava l’individuazione del tribunale competente a giudicare. Le difese degli imputati sostenevano la competenza del Tribunale di Roma, argomentando che il reato si fosse consumato lì, presso la sede della Direzione Generale dell’ente previdenziale dove le richieste telematiche venivano processate e dove avveniva la prima disposizione di pagamento o la prima autorizzazione al conguaglio contributivo.
La Procura di Milano, invece, riteneva la propria competenza, qualificando il reato come truffa a consumazione prolungata e individuando il momento consumativo nell’ultima erogazione indebita, avvenuta tramite accredito su un conto corrente di un dipendente nel circondario di Milano.

La decisione della Corte di Cassazione sulla competenza territoriale truffa

La Suprema Corte ha sposato la tesi della Procura, affermando la competenza del Tribunale di Milano. I giudici hanno qualificato il reato come ‘truffa a consumazione prolungata’. Questo tipo di reato si configura quando un’unica condotta fraudolenta iniziale è destinata a produrre i suoi effetti illeciti con cadenza periodica nel tempo, senza la necessità di ulteriori attività fraudolente.
In tali casi, il reato si considera consumato non al momento della prima erogazione, ma con la percezione dell’ultima rata dell’indebito profitto. Poiché l’ultimo pagamento era stato accreditato a un dipendente presso una banca situata nel circondario di Milano, è lì che si è radicata la competenza territoriale.

Le motivazioni della Sentenza

La Corte ha rafforzato la propria decisione con due argomentazioni decisive. In primo luogo, ha chiarito che l’ingiusto profitto del reato non era stato conseguito dai lavoratori (che percepivano semplicemente una prestazione assistenziale), ma dalle società. Il profitto consisteva nel ‘risparmio di spesa’ sui salari e sui contributi che avrebbero dovuto versare. Avendo le società sede a Milano, il profitto si è materializzato in quel territorio.

In secondo luogo, anche a voler considerare il momento della richiesta fraudolenta come dirimente, la competenza rimarrebbe a Milano. La documentazione prodotta, infatti, dimostrava che le richieste di CIG erano state inviate alla sede locale dell’ente previdenziale di Milano, e da questa autorizzate. Il delitto di truffa si consuma nel momento in cui l’autore ottiene l’ingiusto profitto. Nel caso di specie, tale profitto (risparmio di spesa) si è realizzato per le società con sede a Milano, nel momento in cui l’ente pubblico erogava le somme o autorizzava i conguagli, liberando le aziende dall’obbligo retributivo.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida un principio fondamentale in materia di competenza territoriale truffa: nei reati a consumazione prolungata, il foro competente è quello dell’ultima percezione dell’illecito profitto. Inoltre, chiarisce che nelle truffe legate a benefici per i dipendenti, il profitto illecito è da identificarsi nel risparmio di spesa per il datore di lavoro, radicando la competenza nel luogo dove la società ha la propria sede e realizza tale vantaggio economico. La decisione offre quindi un criterio chiaro e univoco per risolvere questioni di competenza in casi analoghi, sempre più frequenti nel contesto dei reati contro la pubblica amministrazione.

Come si determina la competenza territoriale in un caso di truffa a consumazione prolungata?
In un caso di truffa a consumazione prolungata, la competenza territoriale si determina nel luogo in cui è avvenuta la percezione dell’ultima erogazione indebita. Il reato si considera consumato in quel preciso momento e in quel luogo.

In un caso di truffa sulla CIG, il profitto ingiusto è dei lavoratori o della società?
Secondo la Corte, l’ingiusto profitto è conseguito dalle società e non dai lavoratori. Tale profitto consiste nel ‘risparmio di spesa’ per le retribuzioni e i contributi che le società avrebbero dovuto versare, pari all’erogazione ottenuta dall’ente previdenziale.

Perché la richiesta telematica all’ente previdenziale non sposta la competenza nel luogo dove ha sede l’ente?
La competenza non si sposta perché il reato di truffa si consuma non con la semplice richiesta, ma con l’ottenimento dell’ingiusto profitto. Inoltre, la Corte ha specificato che anche le richieste erano state inviate alla sede locale dell’ente (Milano) e non a quella centrale (Roma), e che il profitto (risparmio di spesa) si è concretizzato presso la sede delle società (Milano).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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