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Competenza territoriale stupefacenti: il luogo del reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato per spaccio. Si è chiarito che, ai fini della competenza territoriale stupefacenti, il criterio determinante è il luogo in cui avviene la vendita finale al consumatore e non il luogo dove la sostanza viene semplicemente detenuta. La difesa dell’indagato è stata ritenuta generica perché si concentrava sulla detenzione in un circondario diverso da quello della cessione contestata.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Territoriale Stupefacenti: Decide il Luogo della Cessione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 31953/2024) offre un importante chiarimento sulla competenza territoriale stupefacenti, stabilendo un principio fondamentale per i reati che si sviluppano su più territori. La Corte ha precisato che la competenza si radica nel luogo dove avviene la cessione finale della sostanza, e non necessariamente dove questa viene custodita. Questa decisione ha implicazioni significative per l’accertamento delle responsabilità nelle reti di spaccio.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Civitavecchia nei confronti di un individuo, indagato per aver partecipato a una serie di delitti legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. L’indagato, in concorso con un altro soggetto, avrebbe ceduto cocaina a intermediari che poi la spacciavano nel comune di Manziana e nelle zone limitrofe.

L’indagato ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Roma, contestando due punti principali:
1. L’errata individuazione della competenza territoriale, sostenendo che il giudice competente fosse quello di Roma, poiché la detenzione della droga avveniva presso la sua abitazione romana.
2. L’insussistenza delle esigenze cautelari che giustificavano la misura della custodia in carcere.

Il Tribunale del Riesame ha rigettato il ricorso, confermando l’ordinanza del GIP. Di conseguenza, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione.

La Questione sulla Competenza Territoriale Stupefacenti

Il nodo centrale del ricorso in Cassazione riguardava la corretta interpretazione delle norme sulla competenza territoriale stupefacenti. Secondo la difesa, poiché l’indagato si limitava a custodire la sostanza stupefacente nella sua abitazione a Roma per conto del complice, il reato di detenzione si era consumato interamente nel circondario del Tribunale di Roma. Pertanto, il Tribunale di Civitavecchia non avrebbe avuto la giurisdizione per emettere la misura cautelare.

Questa tesi si scontrava con l’impostazione accusatoria, secondo cui l’attività criminale contestata non era la mera detenzione, ma la partecipazione a una rete organizzata il cui scopo finale era la cessione delle sostanze nel territorio di Manziana, ricadente appunto sotto la giurisdizione di Civitavecchia.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa.

L’analisi della Corte sul Luogo del Reato

I giudici hanno definito il motivo di ricorso sulla competenza come “generico” ed “eterogeneo”. La difesa, infatti, si era concentrata esclusivamente sull’attività di detenzione e custodia a Roma, trascurando completamente il fulcro della contestazione provvisoria: la cessione ai consumatori finali, un evento che si verificava pacificamente a Manziana e nelle zone circostanti. La Corte ha sottolineato che l’indagato era parte di una “coordinata sinergia criminosa” che andava oltre la semplice custodia, includendo la vendita al dettaglio in un altro territorio. Di conseguenza, il reato contestato si era consumato nel circondario di Civitavecchia, rendendo corretta la competenza di quel Tribunale.

La Valutazione sulle Esigenze Cautelari

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancanza di esigenze cautelari, è stato giudicato “palesemente infondato”. La Corte ha confermato la valutazione del Tribunale del Riesame, il quale aveva evidenziato la “sistematicità del contributo offerto” dall’indagato all’attività delittuosa e la “stabilità dei canali di fornitura”. Questi elementi rendevano concreto e attuale il pericolo di reiterazione dei reati, giustificando la misura della custodia in carcere come unica idonea a prevenire tale rischio.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione si fondano su una distinzione cruciale tra le diverse fasi dell’attività criminale. Mentre la detenzione della sostanza stupefacente a Roma poteva essere considerata un atto preparatorio o una parte della condotta complessiva, il reato specifico contestato nel capo d’imputazione provvisorio era quello della cessione. La legge processuale stabilisce che la competenza territoriale è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato. In questo caso, la consumazione del delitto di spaccio avveniva nel momento e nel luogo in cui la droga veniva venduta agli acquirenti finali.

Il ricorso è stato giudicato “eterogeneo” proprio perché tentava di spostare l’attenzione su un fatto (la detenzione) diverso da quello centrale per l’accusa (la cessione). Questo scarto logico ha reso l’argomentazione difensiva inefficace e, quindi, inammissibile.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio di grande rilevanza pratica: nella lotta al traffico di stupefacenti, spesso caratterizzato da una delocalizzazione delle varie fasi (stoccaggio, trasporto, vendita), la competenza territoriale stupefacenti si radica nel luogo dove si realizza l’ultimo e decisivo anello della catena criminale, ovvero la vendita al consumatore. Questa interpretazione permette agli inquirenti di procedere con maggiore efficacia, concentrando l’azione giudiziaria nel territorio dove il fenomeno criminale produce i suoi effetti più diretti, senza che gli indagati possano eludere la giurisdizione competente invocando il luogo di semplice detenzione della merce illegale.

Come si determina la competenza territoriale in un reato di spaccio di stupefacenti che si svolge in più luoghi?
Secondo questa sentenza, la competenza è determinata dal luogo in cui si consuma il reato contestato. Se l’accusa è per la cessione finale della sostanza, la competenza appartiene al tribunale del luogo in cui avviene tale cessione, anche se la detenzione preliminare è avvenuta altrove.

La semplice detenzione di droga in un luogo è sufficiente a radicare lì la competenza se la vendita avviene altrove?
No. Se l’attività criminale contestata è la partecipazione a una rete di spaccio che culmina nella vendita in un altro territorio, la competenza segue il luogo della vendita. La sola detenzione in un circondario diverso non è decisiva se non è il fulcro dell’imputazione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le argomentazioni della difesa erano generiche e “eterogenee”, ovvero non pertinenti rispetto al contenuto del provvedimento impugnato. La difesa si è concentrata sulla detenzione, mentre l’accusa e la misura cautelare si fondavano sulla cessione avvenuta in un’altra giurisdizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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