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Competenza territoriale: sequestro e reati all’estero

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo, stabilendo che il tribunale del riesame aveva errato nel determinare la propria competenza territoriale. In un caso di reato associativo iniziato all’estero ma con una ‘cellula operativa’ in Italia, la Corte ha chiarito che la competenza si radica nel luogo del territorio nazionale dove si è manifestata l’attività criminosa, applicando le regole sussidiarie del codice di procedura penale. La decisione sottolinea l’importanza di individuare il giudice naturale anche in complesse vicende transnazionali.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Territoriale: Sequestro e Reati Transnazionali, la Cassazione Annulla e Rinvia

La determinazione della competenza territoriale rappresenta una delle questioni fondamentali nel processo penale, garantendo che un imputato sia giudicato dal cosiddetto ‘giudice naturale’ previsto dalla legge. La questione si complica notevolmente quando i reati, in particolare quelli di natura associativa, hanno una dimensione transnazionale. Con la sentenza n. 5482 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di sequestro preventivo, annullando l’ordinanza del Tribunale del Riesame e offrendo chiarimenti cruciali sui criteri per individuare il giudice competente quando un’associazione a delinquere opera tra l’Italia e l’estero.

I Fatti del Caso: Un’Associazione a Delinquere tra Italia ed Estero

Il caso trae origine da un’indagine su un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali, in particolare la sottrazione al pagamento delle accise su prodotti energetici. L’attività criminale, secondo le indagini, aveva una struttura complessa che si estendeva oltre i confini nazionali. A seguito di tali indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente su beni di proprietà di una ricorrente, ritenuta terza rispetto ad alcuni dei reati contestati.

L’Ordinanza del Tribunale del Riesame e i Motivi del Ricorso

La difesa della ricorrente proponeva istanza di riesame avverso il decreto di sequestro, sollevando diverse eccezioni. Il motivo principale, poi divenuto centrale nel giudizio di Cassazione, riguardava l’incompetenza territoriale del Tribunale di Trento. Secondo la difesa, la base operativa e costitutiva del sodalizio criminale si trovava a Cerignola, in provincia di Foggia, e pertanto la competenza avrebbe dovuto essere radicata presso il tribunale locale. Il Tribunale del Riesame di Trento, tuttavia, rigettava l’istanza, confermando la misura cautelare reale. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, articolando cinque motivi, tra cui la violazione di legge in merito alla competenza territoriale e il difetto di motivazione.

La questione della Competenza Territoriale nel Reato Associativo Transnazionale

Il cuore della controversia giuridica risiede nell’applicazione delle regole sulla competenza territoriale a un reato associativo permanente, la cui consumazione è iniziata all’estero ma ha visto una parte significativa della condotta svolgersi in Italia. La difesa sosteneva che, essendo Cerignola l’unico luogo italiano dove si era manifestata l’attività associativa, il giudice competente non poteva che essere quello di Foggia. Il Tribunale del riesame, invece, aveva seguito un ragionamento diverso, ritenuto errato dalla Cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, relativo alla violazione di legge sulla competenza territoriale, assorbendo gli altri. I giudici di legittimità hanno ricostruito il corretto iter logico-giuridico da seguire in questi casi.

Il Tribunale del Riesame aveva erroneamente equiparato la situazione (reato iniziato all’estero) a un’impossibilità di determinare la competenza secondo le regole ordinarie, omettendo di applicare le norme sussidiarie previste dal codice. La Cassazione ha chiarito che l’articolo 10, comma 3, del codice di procedura penale, stabilisce che per i reati commessi in parte all’estero, la competenza si determina secondo gli articoli 8 e 9 dello stesso codice.

Poiché il luogo di inizio della consumazione del reato associativo era stato individuato all’estero, la regola generale dell’art. 8 c.p.p. non era applicabile. Si doveva quindi fare ricorso alla regola integrativa dell’art. 9, comma 1, c.p.p., secondo cui la competenza spetta al giudice del luogo in cui è avvenuto l’ultimo atto diretto a commettere il reato. Nel caso di specie, la stessa ordinanza impugnata riconosceva che a Cerignola si trovava la ‘cellula operativa’ italiana e che lì si era svolta la ‘fase finale dell’attività criminosa’.

Questo elemento, secondo la Corte, era decisivo: Cerignola rappresentava il luogo nel territorio nazionale in cui si era concretamente manifestata una parte della condotta associativa. Di conseguenza, il Tribunale del Riesame avrebbe dovuto applicare questo criterio per risolvere la questione di competenza, invece di escluderla a priori.

Le Conclusioni: Principi di Diritto e Implicazioni Pratiche

La Corte di Cassazione ha quindi annullato l’ordinanza impugnata, rinviando il caso al Tribunale di Trento per un nuovo esame che dovrà attenersi ai principi enunciati. Il giudice del rinvio dovrà verificare la sussistenza della connessione tra i vari reati e, sulla base dei criteri corretti, determinare quale sia il giudice territorialmente competente. La sentenza riafferma un principio fondamentale: anche nei complessi scenari di criminalità transnazionale, le regole sulla competenza devono essere applicate con rigore per garantire che il procedimento si svolga davanti al giudice naturale precostituito per legge. Per i terzi interessati da un sequestro, la competenza va individuata in relazione al procedimento principale pendente nei confronti della persona indagata nella cui disponibilità si trovava il bene.

Come si determina la competenza territoriale per un reato associativo commesso in parte all’estero?
Quando un reato permanente come l’associazione a delinquere inizia all’estero, la competenza si determina in base alle regole sussidiarie. L’art. 10, comma 3, c.p.p. rimanda agli artt. 8 e 9. Non potendo applicare l’art. 8 (luogo di consumazione), si applica l’art. 9, comma 1, c.p.p., che radica la competenza nel luogo in cui è stata compiuta una parte dell’azione o, per i reati permanenti, nel luogo in cui è stato commesso l’ultimo atto.

Perché il Tribunale del riesame ha sbagliato nel determinare la propria competenza?
Il Tribunale ha errato perché ha parificato la situazione di un reato iniziato all’estero a quella di impossibilità di determinare la competenza, omettendo di applicare la regola integrativa prevista dall’art. 9, comma 1, del codice di procedura penale. Avrebbe dovuto invece considerare il luogo in Italia dove si è manifestata parte della condotta criminosa.

Qual è il ruolo del luogo dove si trova la ‘cellula operativa’ italiana ai fini della competenza?
È un ruolo decisivo. La Corte di Cassazione ha stabilito che la sede della ‘cellula operativa’, descritta come il luogo della ‘fase finale dell’attività criminosa’, è proprio l’elemento che consente di individuare, ai sensi dell’art. 9, comma 1, c.p.p., il giudice territorialmente competente nel territorio italiano, in quanto rappresenta il luogo dove si è concretamente manifestata la condotta del reato associativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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