Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22258 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22258 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 8151/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME
Sui ricorsi proposti da: NOMECOGNOME nato a FUJIAN (CINA) il 15/07/1989 NOME COGNOME nato a FUJIAN (CINA) il 15/12/1963 avverso l’ordinanza del 15/01/2025 del TRIBUNALE di LIVORNO, udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/11/2025 il Tribunale di Livorno ha respinto l’istanza di riesame che era stata proposta nell’interesse di NOME COGNOME contro il decreto del GIP che, all’esito della convalida di quello eseguito d’urgenza dalla PG, aveva disposto il sequestro preventivo delle somme di euro 177.500,00 e 5.000,00 rinvenute nella disponibilità del ricorrente in quanto oggetto di una condotta di riciclaggio perchØ ritenuta provento della commissione dei reati di cui agli artt. 5 e 11 del D. Lg.vo 74 del 2000;
ricorrono per cassazione NOME COGNOME quale indagato, a mezzo del difensore e NOME COGNOME quale terza interessata alla restituzione della somma, a mezzo del medesimo Avvocato NOME COGNOME munito a tal fine di procura speciale che deduce:
2.1 violazione/erronea applicazione delle norme inerenti la competenza territoriale (artt. 8, 9, 12, 16, 27 e 321 cod. proc. pen.): rileva che, con i motivi di riesame, era stata eccepita l’incompetenza per territorio del GIP di Livorno, luogo in cui il reato era stato accertato ma, certamente, non quello ove il denaro era stato ricevuto ed il delitto ipotizzato era stato consumato e che doveva individuarsi, in assenza di elementi diversi, in quello del delitto presupposto; segnala tuttavia l’erroneità della decisione del Tribunale del Riesame che avrebbe dovuto rilevare che il GIP, nel convalidare il sequestro, avrebbe a sua volta dovuto trasmettere gli atti ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. all’AG del luogo di consumazione del delitto di ricettazione o di riciclaggio, entrambi reati istantanei che si realizzano con la ricezione della cosa di provenienza delittuosa; aggiunge che, ai fini della individuazione del giudice competente, in mancanza di elementi idonei, Ł giocoforza ricorrere o al criterio suppletivo di cui all’art. 9 cod. proc. pen. ovvero far riferimento al luogo di consumazione del meno grave tra i reati contestati ovvero, nel caso di specie, quello di cui all’art. 5 D. Lg.vo 74 del 2000 per il quale l’AG di Cagliari sta peraltro procedendo nei confronti della moglie del ricorrente;
2.2 violazione/errata applicazione delle norme inerenti il fumus commissi delicti del reato presupposto e, in particolare, degli artt. 125, 309, 321 e 324 cod. proc. pen.: rileva che il GIP di
Livorno ha motivato l’adozione del sequestro limitandosi a richiamare l’atto di PG non supportato da alcun elemento di riscontro, violando così l’obbligo, per il giudice della cautela reale, di verificare, sia pure in termini di fumus, la serietà degli indizi acquisiti a giustificazione della adozione del sequestro senza – come invece avvenuto nel caso di specie – appiattirsi sulla richiesta del PM ovvero su mere deduzioni investigative; segnala che lo stesso Tribunale del riesame ha ritenuto pacifiche le violazioni di natura fiscale ipotizzate a carico della moglie del ricorrente evocando i plurimi accertamenti di cui la ditta di costei sarebbe stata destinataria senza, tuttavia, averli a disposizione e non avendo potuto perciò operare quella necessaria concreta verifica richiesta dalla giurisprudenza di legittimità; in tal modo sia il GIP che il Tribunale hanno confezionato una motivazione meramente apparente sulla sussistenza degli elementi propri del delitto presupposto;
2.3 violazione/erronea applicazione delle norme inerenti il fumus commissi delicti del reato presupposto e, in particolare, dell’art. 5 del D. Lg.vo 74 del 2000: segnala la genericità della contestazione elevata nel decreto di sequestro preventivo in quanto carente della necessaria indicazione dell’entità dell’imposta evasa per singola annualità ai fini della verifica del superamento della soglie di punibilità previste dalla legge; segnala che, nel caso di specie, tale indicazione manca del tutto non essendo precisato se l’imposta evasa sia da ritenersi cumulata per tutti gli anni dal 2021 al 2024 e se per ciascun anno sia stata superata la soglia di punibilità; osserva, ancora, che era stata fornita la prova della provenienza lecita di quelle somme di danaro dalla società RAGIONE_SOCIALE, riferibile alla madre dell’indagato; richiama, inoltre, la motivazione resa dal Tribunale quanto alla verifica del superamento delle soglie di punibilità e sull’imposta evasa nel 2021 segnalandone la erroneità sotto entrambi i profili, anche alla luce della giurisprudenzadi legittimità che, con riguardo ad un caso simile, ha censurato il provvedimento del Tribunale del riesame ribadendo come il superamento delle soglie fosse un elemento costitutivo del delitto in esame e, per altro verso, non fosse certamente sufficiente evocare l’avvenuto deferimento della moglie del ricorrente senza chiarirne l’esito e le risultanze;
2.4 violazione/erronea applicazione delle norme inerenti il fumus commissi delicti del reato di riciclaggio e, in particolare, dell’art. 648-bis cod. pen. e dell’art. 321 cod. proc. pen.: rileva che, in sede di riesame, la difesa aveva dimostrato, producendo corposa documentazione, la provenienza del denaro tale da escludere il fumus del delitto di riciclaggio e, in particolare, la certificazione del fatto che il ricorrente fosse dipendente della società RAGIONE_SOCIALE della madre, il cui ultimo bilancio presentava un attivo di euro 10.000.000 con liquidità per euro 76,000 circa e liquidazioni periodiche di Iva per centinaia di migliaia di euro; segnala che erano state prodotte fatture di vendita di prodotti, avvenute per contanti, per euro 220.500 nel 2024, somma assolutamente coerente con quella oggetto del sequestro e rispetto alla quale, invece, il Tribunale ha, erroneamente, sostenuto non esservi prova della destinazione laddove la illiceità deve attenere, piuttosto, alla provenienza delittuosa, presupposto comune delle fattispecie di ricettazione come di quella di riciclaggio;
2.5 violazione/erronea applicazione della legge penale in ordine all’elemento materiale del delitto di riciclaggio: rileva che, anche a prescindere dagli altri rilievi, il Tribunale non ha argomentato circa l’elemento costitutivo del delitto di riciclaggio, ovvero la dissimulazione della provenienza delittuosa del denaro, tema che non avrebbe potuto essere eluso stante il carattere totalmente devolutivo della sua cognizione; osserva che, certamente, l’occultamento (di parte) del denaro durante il suo trasporto non realizza e non integra la condotta tipica della fattispecie incriminatrice ben potendo rispondere a finalità diverse e facilmente intuibili quali, in particolare, la cautela a fronte di possibili iniziative di terzi;
2.6 violazione/erronea applicazione del principio di proporzionalità del sequestro preventivo, in relazione agli artt. 648-bis, 648-quater cod. pen. e 321 cod. proc. pen.: rileva che, come già dedotto
con l’istanza di riesame, il GIP avrebbe in primo luogo dovuto accertare l’entità dell’evasione per determinare, quindi, il profitto ottenuto dal delitto presupposto e, in quest’ambito, quello proprio dello Yang; sottolinea che si trattava di un compito specificamente devoluto al GIP e, successivamente, in sede di verifica, al Tribunale non potendo essere rimesso alla fase esecutiva; evidenzia come il Tribunale abbia evocato la tesi secondo cui, in materia di riciclaggio e reimpiego, il profitto del reato corrisponde al valore totale delle somme oggetto delle operazioni dissimulatorie laddove, secondo altro e piø condivisibile orientamento, il profitto confiscabile corrisponde, semmai, al compenso ottenuto dall’autore del reato per l’attività svolta, che non gode dell’intera somma di cui, invece, beneficia l’autore del reato presupposto con cui il primo non concorre; sottolinea che, nel caso di specie, nessuna verifica Ł stata operata circa l’effettivo profitto conseguito dall’indagato rispetto all’entità della somma sequestrata e che, invece, sarebbe stata necessaria alla luce della natura sanzionatoria della confisca per equivalente; sollecita, se del caso, la rimessione del procedimento alle SS.UU. residuando un evidente contrasto sul punto specifico anche all’interno della stessa II Sezione Penale;
in data 03/04/2025 la difesa ha trasmesso motivi nuovi deducendo:
3.VIII. violazione/erronea applicazione delle norme inerenti la competenza territoriale, e piø in particolare degli articoli 8, 9, 12, 16, 27 e 321 cod. proc. pen.;
3.IX. violazione/errata applicazione delle norme inerenti il fumus commissi delicti del reato presupposto, e piø in particolare degli articoli 125,178, 257, 309, 321 e 324 cod. proc. pen.;
3.X. violazione/errata applicazione delle norme inerenti il periculum in mora, e piø in particolare degli articoli 125, 309, 321 e 324 cod. proc. pen. con riguardo al periculum in mora;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso;
in data 04/04/2025 la difesa ha trasmesso una memoria di replica alle conclusioni del PG insistendo sia sull’eccezione di incompetenza per territorio che sugli altri motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, ed al fine di delineare l’ambito delle questioni suscettibili di essere esaminate in questa sede, rileva il collegio che, con il terzo dei motivi nuovi, la difesa ha articolato una censura in ordine al difetto di motivazione del provvedimento impugnato sul profilo del periculum in mora, introducendo così una doglianza estranea ai motivi su cui Ł articolato il ricorso principale ma, a ben guardare, anche dai rilievi proposti di fronte al Tribunale del Riesame.
E’ allora necessario ribadire quanto ormai piø volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, ovvero che deve essere dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame con cui si deducano, per la prima volta, in sede di legittimità, motivi di censura inerenti al decreto di sequestro preventivo che non avevano costituito oggetto di doglianza dinanzi allo stesso tribunale (cfr., in tal senso, ad esempio, Sez. 2, n. 9434 del 27/01/2023, COGNOME, Rv. 284419 – 01, resa in un’ipotesi di ricorso avverso un provvedimento in materia di sequestro su cui, cfr., anche, Sez. 3, n. 29366 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286752 01, in cui la Corte ha chiarito che, in tema di impugnazioni cautelari reali, la parte che propone richiesta di riesame, per la natura di mezzo di gravame della stessa, Ł tenuta ad articolare appositi motivi, sicchØ, ove successivamente proponga ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame, Ł tenuta a dedurre motivi corrispondenti a quelli con i quali erano state fatte valere le questioni a questo prospettate, pena l’inammissibilità delle deduzioni, siccome nuove; cfr., in generale, sul tema, anche Sez. 5, n. 47078 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277543 – 01).
In secondo luogo, Ł vero che l’art. 325, comma terzo, cod. proc. pen., stabilisce che al ricorso per cassazione proposto contro i provvedimenti adottati dal Tribunale ai sensi degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen., ‘si applicano le disposizioni dell’art. 311, commi 3, 4, e 5, cod. proc. pen.’; il comma 4 dell’art. 311 cod. proc. pen. prevede che ‘… i motivi devono essere enunciato contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla Corte di cassazione …’.
E, tuttavia, se Ł certamente consentita la proposizione di motivi nuovi nei termini e con le modalità sopra indicate, Ł tuttavia pacifico che essi debbano essere collegati con le questioni già devolute con il ricorso principale non potendo contenere censure su aspetti che non siano stati trattati in quella sede (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 2873 del 30/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284036 – 01, in cui la Corte ha chiarito che il principio generale delle impugnazioni, concernente la necessaria connessione tra i motivi originariamente proposti e i motivi nuovi, non Ł derogato nell’ambito del ricorso per cassazione contro i provvedimenti de libertate, l’unica diversità attenendo al termine per la proposizione dei motivi nuovi, che non Ł quello di quindici giorni prima dell’udienza, ma Ł spostato all’inizio della discussione; conf., Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266295 01; Sez. 1, n. 46711 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 251412 – 01).
Alla luce di quanto sin qui argomentato, perciò, i rilievi proposti dalla difesa in punto di periculum non sono consentiti in quanto, per l’appunto, introdotti soltanto e per la prima volta con i motivi nuovi.
2.Tanto premesso, Ł opportuno, al fine di inquadrare la vicenda, ricordare che il procedimento Ł nato da una perquisizione eseguita nel porto di Livorno da personale della GdF che aveva attenzionato una autovettura a bordo della quale viaggiavano lo Yang ed il Yu, appena sbarcati dal traghetto proveniente dalla Sardegna; all’esito delle operazioni, nel vano sottostante i sedili posteriori, erano stati rinvenuti tre sacchetti di nylon contenenti numerose mazzette di denaro per un ammontare complessivo di 160.000,00 euro mentre, nelle tasche del giubbotto dello Yang, erano custoditi ulteriori 2.300 euro mentre altre banconote venivano trovate in possesso dello Yu; da controlli eseguiti nell’immediatezza, era emersa una situazione di rilevante squilibrio tra la posizione reddituale dello Yang e la ingente disponibilità di denaro di cui l’indagato era stato trovato possesso e, per altro verso, la circostanza che la ditta della moglie del predetto, NOME COGNOME, operante in Cagliari, non aveva presentato dichiarazioni fiscali sin dal 2021 ed era stata destinataria di diverse contestazioni ed accertamenti da parte della Agenzia delle Entrate per IRPEF, IRAP, IVA, Addizionali Regionali e comunali per gli anni 2015, 2016 e 2021 tanto che la stessa Xu era stata deferita all’AG per il reato di cui all’art. 5 del D. Lg.vo 74 del 2000.
Gli operanti procedevano dunque al sequestro della somma ai sensi dell’art. 253 cod. proc. pen.; con provvedimento del 13/12/2024, il PM del Tribunale di Livorno aveva chiesto al GIP la convalida del sequestro – qualificato come preventivo – e l’adozione di un autonomo provvedimento ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen., che veniva adottato in data 21/21/2024 con finalità sia di natura impeditiva che preordinata alla confisca.
La difesa aveva quindi tempestivamente proposto istanza di riesame e formulato, attraverso un’ampia e dettagliata memoria, una serie di rilievi concernenti, in primo luogo, l’incompetenza per territorio dell’AG procedente e, sotto altro profilo, l’insussistenza del fumus dei delitti ‘presupposti’ oltre che di quello di riciclaggio, su cui era stata fondata la misura reale e di cui, pure, la difesa aveva rilevato l’assenza degli elementi qualificanti, anche alla luce della alternativa ricostruzione circa la provenienza del denaro, che pure era stata allegata producendo documentazione a corredo.
Il Tribunale ha respinto l’istanza di riesame con ordinanza contro cui la difesa del Lungxin Yang ha proposto ricorso per cassazione articolando sei motivi: il primo, in punto di (in)competenza per
territorio dell’AG di Livorno atteso che, proprio seguendo l’ipotesi ricostruttiva posta a fondamento del sequestro, il delitto per cui si procede sarebbe stato consumato in Cagliari, luogo in cui ha sede la ditta della moglie del ricorrente e, comunque, da individuarsi anche alla luce della regola residuale di cui al comma secondo dell’art. 9 cod. proc. pen.; il secondo ed il terzo motivo attengono alla sussistenza del fumus del delitto o dei delitti ‘presupposti’ rispetto a di quello di riciclaggio sulla carenza dei cui elementi distintivi, inoltre, sono articolati il quarto ed il quinto motivo; il sesto motivo concerne, infine, il profilo della proporzionalità del sequestro rispetto all’entità della somma eventualmente confiscabile.
Il primo motivo Ł fondato.
3.1 Nessun dubbio, naturalmente, sulla possibilità della difesa di dedurre, in sede di riesame, l’incompetenza per territorio del giudice che ha adottato la misura, dovendosi soltanto ribadire che la questione, in quanto non rilevabile d’ufficio, non può essere sollevata per la prima volta in cassazione laddove non abbia formato proposta in quella sede (cfr., in tal senso, conf., Sez. 3, n. 32904 del 08/02/2018, COGNOME, Rv. 273672 – 01; cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 28455 del 11/06/2024, P. Rv. 286758 – 01, in cui la Corte ha precisato che il principio trae ulteriore conferma dalla introduzione, ad opera dell’art. 4 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 15, del meccanismo di rinvio pregiudiziale ex art. 24-bis cod. proc. pen., con cui Ł possibile sollecitare una pronuncia di legittimità anticipata e vincolante sulla competenza territoriale, così da scongiurare il rischio della inutile celebrazione di piø gradi di giudizio per l’erronea determinazione di tale competenza).
Nel caso di specie, come accennato, la difesa del Lingxin aveva sollevato l’eccezione con i motivi di riesame articolati, peraltro, in termini specifici e tali da imporre una adeguata risposta da parte dei giudici dell’impugnazione del provvedimento di sequestro.
La risposta del Tribunale Ł stata tuttavia del tutto carente in quanto i giudici del riesame si sono limitati a sostenere che ‘… per la fase della convalida non assume rilievo il luogo di consumazione del reato ma il luogo nel quale Ł avvenuto il sequestro che, nel caso di specie, Ł Livorno’ (cfr., pag. 2 dell’ordinanza in verifica).
¨ appena il caso di rilevare che, con il provvedimento del 21/12/2024, il GIP aveva provveduto in primo luogo sulla richiesta di convalida del sequestro operato dalla PG ma, all’esito, procedendo secondo lo schema previsto dai commi 3-bis e 3-ter dell’art. 321 cod. proc. pen., aveva disposto (con autonomo decreto) il sequestro preventivo delle somme di cui si discute che, come Ł pacifico, adottando il provvedimento su cui, una volta intervenuta la convalida, si fonda il vincolo reale e che, conseguentemente, Ł l’unico impugnabile con il riesame (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 50740 del 19/09/2019, COGNOME, Rv. 277784 – 01 in cui la Corte ha ribadito che non sono impugnabili nØ il decreto di sequestro preventivo, disposto in via d’urgenza dal pubblico ministero, nØ l’ordinanza con la quale il giudice, a norma dell’art. 321, comma 3-bis, cod. proc. pen., ne dispone la convalida, trattandosi, quanto al primo, di provvedimento di carattere provvisorio, destinato ad un’automatica caducazione a seguito della mancata convalida ovvero, in caso di controllo positivo, ad essere sostituito per effetto dell’autonomo decreto di sequestro giudiziale che il giudice emette dopo l’ordinanza di convalida e che costituisce il titolo legittimante il vincolo reale sul bene sequestrato; conf., Sez. U, n. 21334 del 31/05/2005, Agrò, Rv. 231055 – 01).
Tanto premesso, si deve allora rilevare che l’eccezione difensiva – su cui pertanto il Tribunale ha sostanzialmente omesso di pronunciarsi – Ł fondata, atteso che l’incompetenza per territorio del Tribunale di Livorno si fonda, a ben guardare, sulla stessa ricostruzione operata nel provvedimento impugnato e delineata nel provvisorio capo di incolpazione in cui viene contestato al ricorrente il delitto di riciclaggio ‘… perchØ, fuori dai casi di concorso nel reato … al fine di ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, occultavano sulla loro persona nonchØ all’interno dell’autovettura Renault Espace … in transito al porto di Livorno da Olbia a bordo della motonave
NOME la somma in contanti di euro 177.500 + 5.000, derivante dalla commissione di reati di natura non colposa, in particolare violazioni delle norme di cui al d. lgs. 74/2000 (artt. 5 e 11), poste in essere da RAGIONE_SOCIALE, con sede a Cagliari, INDIRIZZO, esercente commercio all’ingrosso di camicie, intimo e maglieria’.
In definitiva, secondo l’impostazione della pubblica accusa, condivisa dai giudici della cautela reale, l’odierno ricorrente avrebbe ricevuto le somme di cui si discute al fine di occultarne la provenienza delittuosa in quanto frutto dei reati di cui agli artt. 5 e 11 del D. Lg.vo 74 del 2000 commessi dalla di lui moglie nell’esercizio dell’attività imprenditoriale condotta in Cagliari e su cui si avrà modo di tornare.
Ebbene, proprio alla luce della suesposta ipotesi ricostruttiva, Ł evidente che il Tribunale di Livorno non potrebbe mai essere competente a giudicare del delitto per cui si procede nei confronti dell’indagato che ivi era stato fermato e perquisito, ma dove era ‘di passaggio’ ed in procinto di sbarcare dal traghetto proveniente da Olbia, recando con sØ il denaro asseritamente frutto dei reati fiscali commessi in Cagliari, ‘confezionato’ in sacchetti di nylon ed occultato all’interno della vettura a bordo della quale viaggiava insieme ad un connazionale, destinato ad essere utilizzato o ‘trattato’ con modalità tali da recidere o rendere comunque difficile risalire alla sua origine.
E’ consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per cui, in tema di riciclaggio, ai fini della determinazione della competenza territoriale, il reato realizzato con condotte frammentarie e progressive, affidate a plurimi soggetti che apportino il loro contributo in tempi e luoghi diversi, deve considerarsi consumato ove si realizza il primo atto, ancorchØ costituente un segmento della condotta tipica (cfr., in tal senso, recentemente, Sez. 2, n. 10525 del 13/02/2025, Trib. Genova, Rv. 287629 – 01, resa in una fattispecie in cui il luogo di consumazione del reato Ł stato individuato in quello in cui era avvenuta l’iniziale consegna del denaro di provenienza delittuosa, destinato ad essere dapprima trasferito in altri luoghi del territorio nazionale, quindi fatto espatriare per l’impiego in operazioni di investimento; conf., Sez. 2, n. 38105 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 282019 – 01); si Ł precisato, a tal proposito, che anche il solo trasporto del denaro, laddove – come nel caso di specie – avvenuto con modalità ‘dissimulatorie” (ovvero occultato all’interno della vettura) può integrare il delitto di riciclaggio, ovvero il primo ‘momento’ della piø articolata e complessa condotta di riciclaggio (cfr., Sez. 1, n. 43315 del 27/10/2021, Gip Tribunale di Milano, Rv. 282314-01).
Nessun dubbio, nel caso di specie, che, la condotta di riciclaggio contestata al ricorrente non possa avere avuto inizio a Livorno che, come recita il sia pur provvisorio capo di imputazione, era una località di ‘transito’ laddove, invece, proprio seguendo la ricostruzione operata dal PM e dai giudici della cautela, Ł ragionevole ritenere che sia stato proprio in quel di Cagliari, sede della ditta di Xu Xu Xiulian e luogo cui sarebbero stati consumati i reati ‘presupposto’ di cui quella liquidità sarebbe stato il frutto, che il denaro era stato ricevuto, ‘confezionato’ ed occultato all’interno della vettura.
Di qui, pertanto, alla luce dell’imputazione, la competenza territoriale del Tribunale di Cagliari.
3.2 Dall’affermazione della competenza del Tribunale di Cagliari non deriva, però, necessariamente, l’annullamento del provvedimento impugnato permanendo, in capo al giudice di legittimità, il potere-dovere di verificare, alla luce dei motivi di ricorso, la correttezza del provvedimento impugnato sotto il profilo della sussistenza dei presupposti rappresentati dal fumus boni juris e del periculum in mora, ordinando la trasmissione degli atti al giudice competente all’esito positivo di tale valutazione.
Tale principio Ł stato autorevolmente affermato in materia di misure cautelari personali dove Ł stato chiarito che il giudice dell’impugnazione che rilevi l’incompetenza di quello che ha applicato la misura ha l’onere di verificare, ai sensi dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni per l’adozione del provvedimento genetico, conservando il potere, nel caso in cui tale
verifica abbia esito negativo, di annullare lo stesso, ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., laddove ravvisi l’urgenza di anche solo una delle esigenze cautelari riscontrate (cfr., Sez. U, n. 19214 del 23/04/2020, Giacobbe, Rv. 279092 – 01 in cui si Ł dato conto dell’orientamento secondo cui ‘… per il principio della continuità del controllo di legalità sulle misure coercitive, il giudice della impugnazione non possa prescindere da una verifica delle esigenze cautelari e dal controllo sulla consistenza del quadro indiziario, in coerenza con il dettato costituzionale dell’art. 111 Cost. ed alla stregua della soluzione implicitamente imposta da una lettura sistematica dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen. (…), nonchØ come la prosecuzione pur provvisoria del trattamento restrittivo trovi legittimazione in tutte le condizioni che autorizzano il giudice incompetente alla relativa instaurazione, muovendo dai gravi indizi per approdare alle esigenze di cautela qualificate da una particolare urgenza (…)’.
E, tuttavia, si tratta di un principio che viene correttamente ritenuto applicabile anche ai provvedimenti cautelari di natura reale (cfr., ad esempio, Sez 3, n. 27701 del 01/04/201, Rv. 260111, in cui la Corte ha spiegato che in tema di misure cautelari reali, la Corte di cassazione, qualora ritenga che la competenza territoriale appartenga ad un ufficio giudiziario diverso da quello che procede, deve dichiarare l’incompetenza e disporre la trasmissione degli atti al giudice competente, in applicazione dell’art. 27 cod. proc. pen., che prevede l’inefficacia “differita” del provvedimento di vincolo, previa verifica della sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, ma non anche del requisito dell’urgenza, in quanto l’art. 291, comma secondo, cod. proc. pen. si applica esclusivamente alle misure cautelari personali; cfr., anche, Sez. 3, n. 27701 del 01/04/2014, Santacroce, Rv. 260111 – 01).
Si deve allora conclusivamente affermare che, ove, all’esito della verifica qui sollecitata, ed alla luce dei motivi di ricorso che siano stati dedotti, il provvedimento sia ritenuto carente o censurabile, il provvedimento dovrà essere annullato per questa ragione, risultando perciò ‘assorbita’ la questione di competenza; qualora, invece, il provvedimento non si presti a rilievi di legittimità, la Cassazione, che ritenga l’incompetenza territoriale del giudice che ha emesso la misura, non rilevata dal Tribunale del riesame, dovrà provvedere di conseguenza ordinando la trasmissione degli atti al PM presso il Tribunale che sia individuato come competente.
Imponendosi, pertanto, l’esame dei motivi di ricorso articolati in punto di fumus e di proporzionalità del sequestro, e di cui Ł possibile una trattazione congiunta, Ł appena il caso di ribadire che il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio Ł consentito solo per violazione di legge, in siffatta nozione dovendosi peraltro comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione che risultino così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli ed altro, Rv. 269656 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893 – 01; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093 – 01 e, in ogni caso, già Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01).
E’ altrettanto consolidato l’orientamento di questa Corte nel senso di ritenere che il giudice del riesame, nella valutazione del fumus, deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile o meno l’impostazione accusatoria, ma non può sindacare la fondatezza dell’accusa (cfr., Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789-01; Sez. 2, n. 45865 del 04/10/2019, COGNOME; Sez. 6, n. 10446 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 272336-01; Sez. 2, n. 18951 del 17/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01; Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692-01; Sez. 1, n. 18941 del 30/01/2018, COGNOME, Rv.
269311; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272927; Sez. 6, n. 9991 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, COGNOME, Rv. 265433; Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, COGNOME, Rv. 261677).
4.1 Declinando questi principi al caso che ci occupa, allora, si deve concludere per la complessiva infondatezza delle pur articolate ed approfondite argomentazioni difensive.
4.2 Con il secondo motivo del ricorso, la difesa deduce violazione di legge in punto di valutazione dei presupposti del fumus del delitto presupposto, con particolare riguardo alla sussistenza degli elementi del reato di cui all’art. 5 del D. Lg.vo 74 del 2000.
Va chiarito, a tal proposito, che la valutazione sul fumus commissi delicti deve essere operata con riguardo al delitto che fonda la adozione del sequestro, ovvero del delitto di riciclaggio per la cui configurabilità, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, non si richiede l’esatta individuazione e l’accertamento giudiziale del delitto presupposto, essendo sufficiente che quest’ultimo risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo criteri di logica, almeno astrattamente configurabile (cfr., tra le tante, in tal senso, Sez. 2, n. 6584 del 5 15/12/2021, Rv. 282629-01, in cui la Corte ha affermato che, ai fini della configurabilità del fumus dei reati contro il patrimonio presupponenti la consumazione di un altro reato – artt. 648, 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 cod. pen. -, Ł necessario che il reato presupposto, quale essenziale elemento costitutivo delle relative fattispecie, sia individuato quantomeno nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storico-fattuali; conf., Sez. 2, Sentenza n. 26902 del 31/05/2022, COGNOME, Rv. 283563 – 01, che, in tema di motivazione del decreto di sequestro preventivo di cose che si assumono pertinenti al reato di autoriciclaggio, si Ł ribadito che, pur non essendo necessario che i delitti presupposti siano specificamente individuati e accertati, Ł tuttavia indispensabile che essi risultino, alla stregua degli acquisiti elementi di fatto, almeno astrattamente configurabili, il che non si verifica ove il giudice si limiti a supporne l’esistenza sulla base del solo carattere asseritamente sospetto delle operazioni relative a beni e valori che si intendono vincolare.; cfr., ancora, Sez. 2, n. 46773 del 23/11/2021, Peri, Rv. 282433 – 02; Sez. 2, n. 29689 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 277020 – 01, in cui la Corte ha chiarito che, ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, tuttavia occorre che esso sia individuato nella sua tipologia).
Tanto premesso, rileva il collegio che, nel caso di specie, la tipologia del delitto ‘presupposto’ Ł stata esattamente individuata sin dalla adozione del sequestro da parte della PG e, poi, sia dal GIP che dal Tribunale del riesame, nell’ipotesi di omessa presentazione delle denunce dei redditi, di cui all’art. 5 del D. Lg.vo 74 del 2000 da parte della moglie del ricorrente, esercente attività imprenditoriale attraverso la sua ditta operante in Cagliari e destinataria di una pluralità di accertamenti emessi dall’Agenzia delle Entrate e recanti la contestazione di maggiori imposte IRPER/IRAP/IVA/Addizionali Comunali e Regionali per gli anni 2015, 2016 e 2021 in relazione al quale, ultimo, la NOME era stata deferita all’Autorità Giudiziaria.
In altri termini, il delitto ‘presupposto’ non soltanto Ł stato esattamente individuato ma, a ben guardare, ha trovato proprio nella prospettazione difensiva un concreto riscontro: Ł la stessa difesa, infatti, che, per sostenere la competenza dell’AG cagliaritana, ha fatto presente che, per il delitto di cui omessa dichiarazione ascritto alla moglie del ricorrente, sta attualmente procedendo la Procura della Repubblica del capoluogo sardo, circostanza che finisce per attribuire al delitto ‘presupposto’ una ‘consistenza’ che va ben al là di una mera ipotesi accusatoria, benchØ ben delineata ed identificata.
Vero, poi, che nel delitto di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il superamento della soglia di punibilità rappresentata dall’ammontare dell’imposta evasa ha natura di elemento costitutivo del reato tanto che, come tale, deve formare oggetto di
rappresentazione e volizione, anche a titolo di dolo eventuale, da parte dell’agente (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 7000 del 23/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272578 – 01), con la conseguenza per cui anche il delitto che tale fattispecie presuppone non Ł configurabile nell’ipotesi di reimpiego di somme derivanti da evasione fiscale “sotto soglia”, difettando il necessario reato presupposto attesa l’assenza “ab origine” di rilievo penale del fatto tipico, in quanto le soglie di punibilità previste dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rientrano tra gli elementi costitutivi del reato (cfr., Sez. 2, n. 11986 del 18/02/2021, Festa, Rv. 280995 – 01, resa in tema di autoriciclaggio).
Vero anche che, nel caso che ci occupa, il Tribunale non ha ignorato questo profilo sottolineando che il superamento della ‘soglia’ si deve ritenere integrata, in ipotesi, quantomeno con riguardo all’annualità del 2021, ovvero proprio per quell’annualità per la quale la moglie dell’odierno ricorrente risulta essere indagata dall’AG cagliaritana.
Infondato Ł il rilievo, contenuto nel secondo motivo del ricorso, concernente l’incompletezza degli atti trasmessi dal PM al Tribunale del Riesame in quanto mancanti degli avvisi di accertamento concernenti, per l’appunto, la ditta della moglie del ricorrente.
E’ ancora una volta il caso di ribadire che il reato per cui si procede e che fonda la adozione del sequestro Ł quello di riciclaggio, esaustivamente documentato con il verbale di sequestro e l’informativa di PG, atti che sono stati puntualmente trasmessi al Tribunale del Riesame, in conformità al disposto di cui all’art. 324, comma terzo, cod. proc. pen. (cfr., sul punto,Sez. 6, n. 13937 del 09/03/2022, COGNOME, Rv. 283141 – 01, in cui la Corte ha chiarito che, in tema di riesame dei provvedimenti di sequestro, il pubblico ministero ha l’obbligo di trasmettere al tribunale i soli atti posti a sostegno del decreto impugnato, in quanto l’art. 324, comma 3, cod. proc. pen. non contiene alcun rinvio all’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., norma che, in relazione alle misure cautelari personali, impone di allegare anche gli elementi sopravvenuti favorevoli alla persona sottoposta ad indagini).
Il quarto motivo del ricorso Ł articolato su censure, in realtà, non consentite, atteso che la difesa finisce per sostenere, in questa sede, una diversa ed alternativa ricostruzione del fatto, con riferimento alla possibile origine del denaro rinvenuto nella disponibilità dell’odierno ricorrente alla ditta di cui Ł titolare la madre del Lingxin (a sua volta ricorrente nel presente procedimento quale terza interessata alla restituzione delle somme) che si assume destinato a pagamenti di fornitori da eseguirsi in contanti.
Il Tribunale, dal canto suo, non ha omesso di vagliare la deduzione difensiva, ritenendola, allo stato, priva di riscontro probatorio (cfr., pag. 4 dell’ordinanza in verifica); si tratta di una motivazione sintetica e persino lapidaria, che non ha dato pienamente conto degli elementi documentali prodotti dalla difesa nella fase del riesame ma che, in ogni caso, non può ritenersi radicalmente inesistente ovvero del tutto apparente, avendo i giudici del riesame giudicato, di fatto, inadeguata la prova della dedotta provenienza di quel denaro dall’attività della madre del ricorrente, in mancanza di prove circa la effettiva consegna delle merci di cui alle pur prodotte fatture.
Sul quinto motivo Ł possibile rinviare alle considerazioni svolte a proposito della competenza del Tribunale di Cagliari così individuata proprio tenendo presente il luogo in cui sarebbe stata realizzata la prima delle articolate attività programmate per riciclare il denaro rinvenuto nell’autovettura poi sbarcata a Livorno.
Il sesto motivo Ł infondato.
Come Ł noto, le nozioni di prezzo, profitto o prodotto del reato, non sono mai state oggetto di definizione da parte del legislatore.
Le stesse fonti sovranazionali, sempre piø pressanti nel sollecitare gli Stati nazionali all’adozione di misure legislative di contrasto alla criminalità economica, non sono di aiuto: la Convenzione OCSE sulla corruzione del 1997 prevede tra le sanzioni la confisca per equivalente dei
“proventi” dell’attività corruttiva; la Convenzione Onu contro la criminalità organizzata del 2000 definisce quale “provento di reato” qualsiasi bene derivato o ottenuto, direttamente o indirettamente dalla commissione del reato; la Convenzione contro la corruzione del 2009 dispone all’art. 31 che ciascuno Stato si doti di misure per permettere la confisca dei “proventi” criminosi; analogamente la decisione quadro 2005/212/GAI relativa alla confisca di beni, strumenti e “proventi” di reato ha stabilito la confisca ordinaria e la confisca per equivalente in relazione a tutti i reati punibili con la reclusione superiore ad un anno, e la confisca totale o parziale dei beni detenuti da una persona condannata per uno dei gravi reati specificati, qualora esso sia stato “commesso nel quadro di un’organizzazione criminale”, senza necessità di stabilire un nesso tra i beni che si ritengono di provenienza illecita e un reato specifico.
Lo stesso dicasi per la giurisprudenza delle Corti sovranazionali (cfr., per tutte, Corte EDU in proc. Zaghibi c/ S. Marino, 11/5/23, secondo cui il riciclaggio di denaro costituisce una minaccia diretta allo Stato di diritto e che le convenzioni del Consiglio d’Europa in questo settore impongono agli Stati di criminalizzare il riciclaggio dei “proventi di reato” e di prevedere altre misure per contrastare questo fenomeno che si sviluppa su scala nazionale e internazionale rientrando, tra queste, la privazione dei “proventi” e degli “utili” derivanti dal riciclaggio o da altre attività criminose).
Si tratta di nozioni che riposano perciò esclusivamente sull’elaborazione della giurisprudenza che ha individuato: a) il ‘prodotto’ nel risultato empirico del reato (ovvero le cose create, trasformate, adulterate attraverso la condotta delittuosa (cfr., Sez. F, n. 44315 del 12/09/2013, 4 Cicero, Rv. 258636-01; conf., Sez. 5, n. 47553 del 05/10/2023, COGNOME, Rv. 285829-01, in motivazione; Sez. 2, n. 18184 del 28/02/2024, non massimata); b) il ‘profitto’ nel beneficio patrimoniale, ovvero nell’utile o vantaggio economico tratto dal reato (cfr., Sez. U n. 31617 del 26/6/2015, COGNOME, Rv. 264436-01; Sez. U, n. 29951 del 24/5/2004, COGNOME, Rv. 228166-01; Sez. U, n. 29952 del 24/5/2004, COGNOME, in motivazione; Sez. U, n. 41936 del 25/10/2005, COGNOME, in motivazione; Sez. U, n. 26654 del 27/3/2008, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione; Sez. U, n. 38691 del 25/6/2009, COGNOME, in motivazione; piø recentemente, Sez. 2, n.14654 del 07/03/2024 non massimata) anche in via indiretta (cfr., in tal senso, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261117, nel processo “Tyssen”, e Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert); c) il ‘prezzo’, infine, nel compenso o nell’utilità dati o promessi per la commissione del reato (cfr., così, Sez. 5, n. 47553 del 05/10/2023, Rv. 285829-01; Sez. 2, n. 14654 del 07/03/2024 non massimata).
Su tali nozioni, come Ł noto, sono intervenute, recentissimamente, le SS.UU. con la sentenza ‘COGNOME‘ che, tuttavia, hanno ribadito la distinzione tra ‘prezzo’ del reato – inteso come ‘compenso dato o promesso per indurre, determinare o istigare un soggetto commettere il reato’ – e ‘profitto’ quale l’effettiva utilità o vantaggio derivante dal reato secondo un ‘principio di causalità’ che, proprio le SS.UU. con la sentenza sopra richiamata, hanno inteso chiarire (cfr., Sez. U, n. 13793 del 26/09/2024).
Tornando al caso che ci occupa, ed al problema posto dalla difesa con il sesto motivo del ricorso, ritiene il collegio di dover condividere l’orientamento secondo cui il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego di denaro Ł costituito dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette a ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, posto che, in assenza di tali operazioni, esse sarebbero destinate a essere sottratte definitivamente, essendo provento del delitto presupposto (cfr., Sez. 5, n. 32176 del 08/05/2024, Bianchi, Rv. 286816 – 01 in cui la Corte ha precisato che il denaro, i beni o le altre utilità trasferite ovvero manipolate in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa si prestano ad essere qualificate, comunque, come prodotto del reato, rappresentando il risultato empirico dell’attività illecita in cui si sostanzia la fattispecie, in quanto tale assoggettabile a vincolo ex art. 648-quater, comma primo e secondo, cod. pen..
La sentenza appena richiamata ha infatti correttamente osservato che ‘… se davvero il legislatore avesse voluto far confiscare solo quelle utilità economiche proprie del riciclatore (ovvero … il compenso o l’utile dal medesimo ritratto dal delitto de quo) avrebbe dovuto utilizzare, a ben vedere, proprio (e solo) la locuzione prezzo del reato’ mentre ‘… l’avere indicato anche il prodotto ed il profitto non può che significare che l’intento del legislatore fosse quello di colpire l’illecito ben al di là del mero utile del riciclatore’.
In questa direzione vanno richiamate le considerazioni sviluppate da Sez. 2, n. 10218 del 23/01/2024, Meliotta Rv. 286131 – 01, in cui si sottolineato che ‘… l’assoluta eterogeneità dei casi di riciclaggio, avuto riguardo alla molteplicità dei delitti-fonte e alle modalità di camuffamento della provenienza del denaro o dei beni in concreto attuate, impone pertanto un preliminare, corretto inquadramento dei beni da vincolare in vista della confisca, non risultando giustificata la generalizzata refluenza delle ben differenziate tipologie normative nella nozione di profitto, tenendo conto che la peculiare struttura della fattispecie consente di ritenere che il denaro, i beni o le altre utilità, sostituite, trasferite ovvero manipolate in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza si prestano ad essere qualificate, comunque, come prodotto del reato, rappresentando il risultato empirico dell’attività illecita in cui si sostanzia la fattispecie, in quanto tale assoggettabile a vincolo a norma dell’art. 648-quater, comma 1 e 2, cod. pen., ferma restando la possibilità, in relazione alla specificità del caso concreto, di una differente ed alternativa qualificazione quale profitto o prezzo (per la sola confisca di valore), secondo le coordinate ermeneutiche declinate dalla giurisprudenza di legittimità’ (cfr., anche, Sez. F, n. 37120 del 01/08/2019, COGNOME, Rv. 277288 – 01; Sez. 2, n. 34218 del 04/11/2020, COGNOME, Rv. 280238 – 01; Sez. 2, n. 7503 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282957 – 01).
Correttamente, pertanto, il sequestro ha, nel caso di specie, attinto l’intero importo in quanto ‘profitto’ del delitto di riciclaggio.
Alla luce delle osservazioni e dei principi suindicati, ritenuti infondati i rilievi di legittimità articolati dalla difesa del ricorrente, deve conclusivamente dichiararsi la competenza del Tribunale di Cagliari, che attualmente procede e – ai sensi dell’art 27 cod. proc. pen. – la trasmissione degli atti al PM presso quel Tribunale.
E’ infine il caso di ribadire che la pronuncia di incompetenza, da parte del giudice dell’impugnazione avverso provvedimenti cautelari determina, al pari della declaratoria di incompetenza del giudice che aveva disposto la misura cautelare, l’inefficacia differita, ex art. 27 cod. proc. pen., della misura cautelare stessa (cfr., Sez. U, n. 1 del 24/01/1996, Fazio, Rv. 204164).
P.Q.M.
Dichiara la competenza del Tribunale di Cagliari e dispone trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari; dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così Ł deciso, 09/05/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME