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Competenza territoriale riciclaggio: il caso di Livorno

Un uomo viene fermato con un’ingente somma di denaro, sospettata di provenire da reati fiscali della moglie. La Cassazione interviene sulla competenza territoriale riciclaggio, stabilendo che il foro competente è quello dove è iniziata l’attività di occultamento (Cagliari) e non dove è avvenuto il sequestro (Livorno), pur confermando la legittimità del sequestro stesso.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Territoriale Riciclaggio: la Cassazione Fa Chiarezza sul Luogo del Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale economico: la determinazione della competenza territoriale nel riciclaggio. Il caso, originato dal sequestro di una cospicua somma di denaro contante nel porto di Livorno, offre spunti fondamentali per comprendere dove si considera consumato questo complesso reato e quali sono i poteri del giudice in fase cautelare.

Il Caso: Denaro Contante e l’Ombra del Riciclaggio

La vicenda giudiziaria inizia quando un uomo, appena sbarcato da un traghetto proveniente dalla Sardegna, viene sottoposto a un controllo nel porto di Livorno. All’interno della sua auto, occultate in sacchetti di nylon sotto i sedili, le forze dell’ordine rinvengono circa 180.000 euro in contanti. Le indagini preliminari collegano questa somma ai presunti reati fiscali commessi dalla moglie dell’indagato, titolare di un’attività commerciale a Cagliari. L’ipotesi accusatoria è che il denaro sia il provento di un’omessa dichiarazione dei redditi e che l’uomo lo stesse trasportando per occultarne l’origine illecita, configurando così il reato di riciclaggio.

Il Tribunale di Livorno convalida il sequestro preventivo, ma la difesa dell’indagato ricorre in Cassazione sollevando diverse questioni, la più importante delle quali riguarda proprio la competenza territoriale.

La Questione sulla Competenza Territoriale nel Riciclaggio

La difesa ha sostenuto che il giudice competente non fosse quello di Livorno, luogo del mero ritrovamento del denaro, ma quello di Cagliari. Secondo questa tesi, il reato di riciclaggio si sarebbe consumato a Cagliari, dove ha sede l’attività imprenditoriale della moglie, dove sarebbero stati commessi i reati fiscali (delitto presupposto) e, soprattutto, dove il denaro sarebbe stato ricevuto, ‘confezionato’ e occultato nell’auto prima della partenza. Livorno, quindi, era solo una tappa di transito.

Il Fumus Commissi Delicti: Bastano gli Indizi?

Oltre alla competenza, la difesa ha contestato la sussistenza del fumus commissi delicti, ovvero la presenza di sufficienti indizi sia per il reato presupposto (evasione fiscale) sia per il riciclaggio stesso. In particolare, si è argomentato che non vi fosse prova del superamento delle soglie di punibilità per l’evasione e che il semplice occultamento del denaro durante il trasporto non integrasse la condotta dissimulatoria tipica del riciclaggio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il motivo relativo alla competenza territoriale. I giudici hanno affermato un principio consolidato: in tema di riciclaggio, specie quando realizzato con condotte progressive e frammentarie, la competenza si radica nel luogo in cui viene compiuto il primo atto della condotta tipica. Nel caso specifico, le operazioni di ricezione del denaro, l’occultamento ‘dissimulatorio’ all’interno della vettura, costituiscono il primo momento della complessa condotta di riciclaggio. Poiché queste attività, secondo la stessa ricostruzione accusatoria, sono avvenute a Cagliari, è il Tribunale di Cagliari ad essere territorialmente competente.

Nonostante l’accertata incompetenza del giudice di Livorno, la Corte ha comunque esaminato gli altri motivi di ricorso. Questo perché il giudice dell’impugnazione, anche quando rileva un vizio di competenza, ha il dovere di verificare la sussistenza dei presupposti della misura cautelare (il fumus e il periculum in mora). La Corte ha ritenuto infondati gli altri rilievi:

1. Sul delitto presupposto: Per la configurabilità del riciclaggio in fase cautelare, non è necessaria la prova piena del reato presupposto, ma è sufficiente che esso sia ‘astratttamente configurabile’ sulla base degli elementi acquisiti. Le contestazioni fiscali e il deferimento della moglie all’autorità giudiziaria sono stati ritenuti elementi sufficienti a integrare il fumus.
2. Sulla condotta di riciclaggio: Il trasporto di una così ingente somma di denaro, occultata in modo elaborato all’interno di un’auto, non può essere considerato una mera cautela, ma integra pienamente una modalità ‘dissimulatoria’ volta a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei fondi.
3. Sul profitto del reato: La Corte ha confermato l’orientamento secondo cui il profitto del riciclaggio, oggetto di possibile confisca, è costituito dall’intero valore delle somme ‘ripulite’, e non solo dal compenso percepito dal riciclatore. Il denaro stesso è il ‘prodotto’ dell’attività illecita di riciclaggio.

Le Conclusioni: Principio di Diritto e Implicazioni Pratiche

La sentenza stabilisce con chiarezza che per la competenza territoriale riciclaggio, il criterio determinante è il luogo in cui ha inizio l’azione criminosa, anche se si tratta di un singolo segmento di una condotta più ampia. Il luogo del semplice accertamento o della scoperta del denaro è irrilevante se non coincide con quello del primo atto della catena criminale. Di conseguenza, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata e disposto la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Cagliari. Il sequestro, tuttavia, rimane efficace in via provvisoria, in attesa delle decisioni del giudice competente, che dovrà rivalutarne la legittimità.

Come si determina la competenza territoriale per il reato di riciclaggio?
La competenza territoriale si determina in base al luogo in cui si realizza il primo atto della condotta criminosa, anche se costituisce solo un segmento di un’azione più complessa. Non è rilevante il luogo della scoperta o dell’accertamento del reato, ma quello dove l’attività di occultamento o dissimulazione ha avuto inizio.

Per sequestrare beni per riciclaggio, è necessario provare pienamente il reato da cui provengono i soldi?
No, in fase cautelare non è necessaria la prova piena e l’accertamento giudiziale del delitto presupposto. È sufficiente che, sulla base degli elementi di fatto acquisiti, il reato presupposto risulti almeno ‘astratttamente configurabile’ e individuato nella sua tipologia.

In caso di riciclaggio, cosa costituisce il ‘profitto’ del reato che può essere sequestrato?
Il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego è costituito dal valore totale delle somme o dei beni oggetto delle operazioni dirette a ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa. L’intero importo è considerato ‘prodotto’ del reato e, come tale, è soggetto a sequestro e confisca, non solo l’eventuale compenso ricevuto dal riciclatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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