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Competenza territoriale reato associativo: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo per un valore di oltre due milioni di euro, accogliendo il ricorso di un imputato. Il caso riguarda un’associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali nel settore dei prodotti energetici, operante tra l’estero e l’Italia. Il punto centrale è la corretta individuazione della competenza territoriale per il reato associativo. La Corte ha stabilito che il tribunale del riesame ha errato nel non considerare la frazione di condotta avvenuta in Italia (a Cerignola) come elemento decisivo per radicare la competenza, anche se l’attività criminale era iniziata all’estero. La sentenza chiarisce che, in caso di reato commesso in parte all’estero, la competenza si determina sulla base del luogo in cui si è svolta l’attività in territorio nazionale.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza territoriale e reato associativo: la Cassazione fa chiarezza sui crimini transnazionali

In un mondo sempre più globalizzato, anche le attività criminali superano i confini nazionali, ponendo sfide complesse al sistema giudiziario. Una questione cruciale riguarda la competenza territoriale per il reato associativo quando questo opera in più Stati. Con la sentenza n. 4749/2024, la Corte di Cassazione ha offerto un’importante chiave di lettura, annullando un’ordinanza di sequestro e ribadendo i principi per individuare il giudice competente in casi di criminalità transnazionale.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un’indagine su un’associazione a delinquere finalizzata alla sottrazione al pagamento delle accise su prodotti energetici. L’organizzazione criminale, secondo l’accusa, aveva una struttura complessa che operava sia all’estero, dove avvenivano le fasi preparatorie, sia in Italia, dove si trovava la “cellula operativa” per la fase finale delle attività illecite. Nell’ambito di questo procedimento, il Tribunale di Trento aveva emesso un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, per un valore complessivo di oltre 2,4 milioni di euro nei confronti di uno degli indagati. Quest’ultimo, attraverso il suo difensore, ha impugnato il provvedimento, sollevando, tra gli altri motivi, un’eccezione di incompetenza territoriale, sostenendo che il giudice competente fosse quello di Foggia, e non Trento, in quanto la base operativa italiana del sodalizio si trovava a Cerignola.

## La questione della competenza territoriale del reato associativo

Il cuore della controversia legale risiedeva nella corretta applicazione delle norme del codice di procedura penale che stabiliscono quale tribunale abbia la giurisdizione su un caso. Per il reato associativo, che è un reato permanente, la regola generale (art. 8, comma 3, c.p.p.) individua la competenza nel luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, ovvero dove il sodalizio ha iniziato a operare.

Il Tribunale del riesame di Trento aveva ritenuto che, essendo l’attività criminale iniziata all’estero, fosse impossibile applicare la regola principale, ricorrendo quindi a criteri suppletivi. Questa interpretazione è stata censurata dalla difesa, che ha portato il caso dinanzi alla Suprema Corte.

## La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondata la violazione di legge denunciata in merito alla competenza territoriale del reato associativo. I giudici hanno chiarito che il ragionamento del Tribunale di Trento era errato, in quanto non aveva tenuto conto delle disposizioni specifiche per i reati commessi in parte all’estero.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ricostruito il corretto iter logico-giuridico da seguire. Innanzitutto, ha confermato che, in caso di reati connessi, la competenza si determina in base al reato più grave, che nel caso di specie era proprio il delitto associativo (art. 416 c.p.).

Il punto cruciale della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 10, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, quando un reato è commesso in parte all’estero e in parte in Italia, la competenza si determina secondo le regole ordinarie degli articoli 8 e 9. Il Tribunale del riesame aveva erroneamente ignorato questa disposizione.

La Cassazione ha sottolineato che, anche se la consumazione del reato era iniziata all’estero, l’ordinanza impugnata riconosceva esplicitamente che una parte significativa della condotta associativa si era svolta in territorio italiano. In particolare, la cittadina di Cerignola era stata identificata come la sede della “cellula operativa” italiana e il luogo della “fase finale dell’attività criminosa”. Questo elemento è stato ritenuto decisivo.

Secondo la Corte, il luogo in cui si manifesta concretamente l’operatività della struttura criminale in Italia costituisce un criterio fondamentale per radicare la competenza. Non è corretto considerare indeterminabile il luogo di inizio della consumazione solo perché le prime mosse sono avvenute oltre confine, quando esiste una chiara e localizzabile base operativa sul territorio nazionale. Di conseguenza, il Tribunale di Trento ha errato nel non considerare Cerignola come il luogo rilevante ai fini della competenza.

Le conclusioni

La sentenza n. 4749/2024 ha annullato l’ordinanza e ha rinviato il caso al Tribunale di Trento per un nuovo esame, che dovrà attenersi ai principi enunciati. Questa decisione è di notevole importanza pratica: essa riafferma che la presenza di una base operativa in Italia è un fattore determinante per stabilire la competenza territoriale, anche nei casi di criminalità organizzata transnazionale. Si evita così che la delocalizzazione di alcune fasi dell’attività criminale all’estero possa rendere incerta l’individuazione del giudice naturale. La Corte ha inoltre precisato che, qualora venisse dichiarata l’incompetenza, il giudice del rinvio dovrà valutare l’efficacia interinale del sequestro già disposto, ai sensi dell’art. 27 c.p.p., per contemperare il principio del giudice naturale con l’esigenza di non vanificare le misure cautelari.

Come si determina la competenza territoriale per un reato associativo commesso in parte in Italia e in parte all’estero?
Secondo la sentenza, la competenza si determina applicando le regole ordinarie (artt. 8 e 9 c.p.p.) grazie al rinvio dell’art. 10, comma 3, c.p.p. Anche se il reato ha avuto inizio all’estero, la competenza è radicata nel luogo in Italia dove si è concretamente manifestata l’operatività della struttura criminale, come ad esempio il luogo dell’ultimo atto della condotta criminosa commesso nel territorio nazionale.

Se il reato associativo è connesso ad altri reati, quale di questi determina la competenza?
La competenza per tutti i reati connessi è determinata dal reato più grave. Nel caso esaminato dalla Corte, il delitto di associazione per delinquere è stato identificato come il più grave e, pertanto, è quello che stabilisce il giudice competente per l’intero procedimento.

Un provvedimento di sequestro emesso da un giudice che viene poi dichiarato incompetente perde immediatamente la sua efficacia?
No, non necessariamente. La sentenza specifica che il giudice del rinvio dovrà valutare l’applicazione dell’art. 27 c.p.p., che prevede un’efficacia provvisoria dei provvedimenti cautelari emessi da un giudice incompetente. Questo serve a garantire che le esigenze cautelari non vengano frustrate nel tempo necessario a trasferire gli atti al giudice competente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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