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Competenza territoriale reati tributari: la Cassazione

Un imprenditore, indagato per l’utilizzo di fatture false, ricorre in Cassazione contro un sequestro preventivo, lamentando la pendenza di due procedimenti per gli stessi fatti in due tribunali diversi. Sostiene l’incompetenza di uno dei due e la violazione del principio del ‘ne bis in idem’. La Suprema Corte rigetta il ricorso, chiarendo che in questi casi non si configura un divieto di secondo processo, ma una questione di competenza territoriale per reati tributari che deve essere risolta tramite un conflitto di competenza tra i giudici. La Corte sottolinea inoltre che le eccezioni procedurali, come quella sull’incompetenza, devono essere formalmente sollevate negli atti scritti.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza territoriale reati tributari: la Cassazione chiarisce i dubbi

La corretta individuazione della competenza territoriale nei reati tributari è un tema cruciale che può determinare le sorti di un intero procedimento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5490/2024) offre un’importante lezione su come gestire la complessa situazione in cui due processi per lo stesso fatto vengono avviati in tribunali diversi. Il caso riguarda un imprenditore accusato di frode fiscale e la sua battaglia legale per stabilire quale fosse il giudice legittimato a decidere.

I Fatti del Caso

Un imprenditore, legale rappresentante di una società operante nel settore ceramico, si trovava al centro di un’indagine per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. L’accusa era di aver inserito elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni fiscali relative agli anni 2013, 2014 e 2015, utilizzando fatture emesse da altre due società. A seguito delle indagini, il Tribunale di Reggio Emilia disponeva un sequestro preventivo di oltre 68.000 euro, corrispondenti al profitto del presunto reato.

La situazione si complicava perché, per gli stessi identici fatti, era già pendente un altro procedimento penale in fase dibattimentale presso il Tribunale di Modena. L’imprenditore, dunque, si trovava di fronte a due procedimenti paralleli in due sedi giudiziarie differenti.

I Motivi del Ricorso

La difesa dell’imprenditore ha impugnato l’ordinanza del sequestro davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Incompetenza Territoriale: Si sosteneva che il Tribunale competente non fosse quello di Reggio Emilia, bensì quello di Modena, luogo del domicilio fiscale del contribuente, come previsto dalla normativa sui reati tributari (art. 18, d.lgs. 74/2000). La competenza di Reggio Emilia era stata affermata sulla base di una ‘connessione teleologica’ con il reato di emissione delle fatture false, contestato agli amministratori delle altre società. La difesa contestava questa connessione.
2. Violazione del ‘Ne Bis in Idem’: Si lamentava la violazione del principio che vieta di processare due volte una persona per lo stesso fatto (art. 649 c.p.p.), data la contemporanea pendenza del processo a Modena.

La Competenza Territoriale nei Reati Tributari secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha respinto il ricorso, offrendo chiarimenti fondamentali. Sul primo punto, ha osservato che la questione della competenza territoriale nei reati tributari non era stata sollevata formalmente nell’atto di riesame. Il ricorrente affermava di averlo fatto oralmente, ma di ciò non vi era traccia nel verbale. Secondo la Corte, l’effetto devolutivo dell’impugnazione impone al giudice di pronunciarsi solo sulle questioni specificamente dedotte negli atti scritti. Pur in assenza di una censura formale, il Tribunale del riesame aveva comunque, seppur incidentalmente, confermato la propria competenza richiamando la motivazione del giudice delle indagini preliminari, basata sulla connessione con il reato-mezzo (l’emissione delle fatture) commesso nella sua giurisdizione. In assenza di specifiche argomentazioni contrarie da parte della difesa, tale motivazione è stata ritenuta sufficiente.

Ne Bis in Idem vs. Conflitto di Competenza

La parte più interessante della sentenza riguarda il secondo motivo di ricorso. La Cassazione ha dichiarato la censura manifestamente infondata, richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (la n. 34655/2005, ‘Donati’). Il principio del ne bis in idem impedisce di promuovere una nuova azione penale quando un processo per lo stesso fatto e contro la stessa persona è già pendente nella stessa sede giudiziaria.

Quando, come nel caso di specie, i procedimenti pendono davanti a giudici di diverse sedi, uno dei quali è necessariamente incompetente, non si versa in un’ipotesi di ‘litispendenza’ che porta all’improcedibilità, ma in una questione di competenza. Lo strumento corretto per risolvere la situazione non è invocare il ne bis in idem, ma chiedere che venga sollevato un conflitto positivo di competenza, affinché la stessa Cassazione stabilisca quale dei due giudici debba procedere.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su due pilastri procedurali. In primo luogo, il principio devolutivo, che limita il potere del giudice dell’impugnazione ai soli motivi specificamente proposti dalla parte. Le questioni non formalizzate in atti scritti rischiano di non essere esaminate. In secondo luogo, la netta distinzione tra la duplicazione di un processo all’interno dello stesso ufficio giudiziario (che configura una violazione del ne bis in idem) e la contemporanea pendenza di procedimenti in uffici diversi. Quest’ultima situazione genera un problema di competenza, che deve essere risolto con gli strumenti appositi previsti dal codice di procedura penale, ossia il conflitto di competenza.

Conclusioni

La sentenza n. 5490/2024 della Cassazione ribadisce l’importanza del rigore formale nel processo penale e offre una guida chiara per gli operatori del diritto. Le eccezioni procedurali, come quella sulla competenza territoriale nei reati tributari, devono essere sollevate in modo esplicito e argomentato negli atti scritti. Inoltre, di fronte a procedimenti duplicati in fori diversi, la strada da percorrere non è quella dell’improcedibilità per ne bis in idem, ma quella, più corretta tecnicamente, della risoluzione del conflitto di competenza. Questa pronuncia serve da monito: la strategia processuale deve essere precisa e fondata sulle corrette norme procedurali per avere successo.

Cosa accade se due procedimenti penali per lo stesso reato tributario sono avviati contro la stessa persona in due tribunali diversi?
Non si applica il principio del ‘ne bis in idem’ che porterebbe a dichiarare improcedibile uno dei due. Si configura, invece, una questione di competenza territoriale che deve essere risolta tramite un conflitto positivo di competenza, che sarà deciso dalla Corte di Cassazione.

È sufficiente sollevare un’eccezione di incompetenza territoriale oralmente durante l’udienza di riesame?
No. La sentenza chiarisce che le questioni procedurali devono essere espressamente devolute al giudice dell’impugnazione attraverso i motivi scritti. In assenza di una censura formale nell’atto, il giudice non ha l’obbligo di pronunciarsi in modo approfondito, e la questione rischia di non essere adeguatamente esaminata.

Il principio del ‘ne bis in idem’ si applica se un processo è in fase dibattimentale in un tribunale e un altro per lo stesso fatto è in fase di indagini in un altro?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il divieto di un secondo giudizio (‘ne bis in idem’) opera quando la duplicazione del processo avviene all’interno della stessa sede giudiziaria. Se i procedimenti sono pendenti davanti a giudici di sedi diverse, si tratta di una questione di competenza, indipendentemente dalla fase o dal grado in cui si trovano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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