Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5490 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5490 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Irsina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Reggio Emilia il 18/05/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 18/05/2023, il Tribunale cautelare di Reggio Emilia ha respinto l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo della somma di denaro di C 68.808,48, finalizzato alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, commesso da COGNOME NOME, quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, perché avvalendosi di fatture
per operazioni inesistenti emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, i elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni fiscali relative agli anni 2013-2014
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difenso dell’indagato deducendo con un unico articolato motivo la violazione di legge relazione agli artt. 12 1 comma 1, lett. c), e 16 cod.pen. 649 cod.proc.pen., art. 125 cod.proc.pen. e 324 cod.proc.pen.
Sotto un primo profilo l’ordinanza non avrebbe reso alcuna motivazione i relazione alla eccepita incompetenza territoriale del Tribunale di Reggio Emili favore di quello di Modena. La questione era stata svolta oralmente davanti Tribunale di Reggio Emilia e questi non avrebbe reso alcuna risposta. In sintes Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Emilia avrebbe riten sussistente la competenza del Tribunale di Reggio Emilia in forza della connessi teleologica di cui all’art. 12 1 comma 1 Iett. c) i cod.proc.pen. e art. 16 cod.proc.pen. tra il reato contestato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e quelli di 8 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 contestato agli indagati del procedimento penale 7117/15 rgnr, poiché l’emittente la fattura inesistente ha commesso tale reato a di consentire l’evasione di imposta al destinatario della fattura e, dunque, di di fatto possibile la commissione del delitto di cui all’articolo il2r successi commesso. Tale decisione sarebbe errata in diritto in quanto non sareb configurabile la connessione teleologica tra fatti di altro e diverso procedi penale in fase processuale diversa e con il quale peraltro non sarebbe stata ric la riunione ai sensi dell’articolo 18 cod.proc.pen. In ogni caso mancherebbe l’i di connessione teleologica ricorrendo al più una mera connessione probator inidonea a produrre lo spostamento di competenza. Infine, mancherebbe la condizione imprescindibile per la configurabilità della connessione teleologica e qu per la produzione dei suoi effetti sul piano dello spostamento della competen costituita dall’identità tra gli autori del reato mezzo e gli autori del reat conseguenza ai sensi dell’art. 18 f secondo comma / del decreto legislativo 74 del 2000 ricorrerebbe la competenza del Tribunale di Modena ove ha sede il domicilio fisca del contribuente, poiché in tale luogo il reato si considera consumato. In assen motivazione sulla questione di competenza, chiede l’annullamento dell’ordinanz stante la violazione dell’art. 125, comma3,cod.proc.pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sotto altro profilo, l’ordinanza avrebbe erroneamente respinto il secon motivo di doglianza là dove il ricorrente aveva sollevato la violazione di leg relazione al ne bis in idem processuale in quanto t pendente davanti al Tribunale di Modena in fase dibattimentale, altro procedimento nei confronti del COGNOME per
il reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 in relazione all’utilizzo delle f emesse da RAGIONE_SOCIALE, ritenendolo inapplicabile poiché i procedimenti erano pendenti davanti a diverse autorità giudiziarie, non comportando una situazione di litispendenza rilevante.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Va rammentato che, in sede di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. ammette il sindacato di legittimità solo per motivi attinenti a violazione di legge. Nella nozione di “violazi di legge” rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta (ex multis, Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710).
Va poi ricordato, per la valutazione del primo motivo di ricorso, che l’effetto devolutivo dell’impugnazione, che è conseguenza del principio di disponibilità della domanda, riconosciuta alle parti sia sotto il profilo della presentazione della stessa richiesta, diretta ad ottenere una revisio prioris istantiae, sia sotto l’aspetto d delimitazione del thema decidendum, attraverso la indicazione delle questioni dedotte, è afregola di carattere generale, applicabile anche nel ricorso per cassazione avverso provvedimento adottato dal Tribunale in sede di riesame di decreto di sequestro preventivo. Tale effetto devolutivo determina l’obbligo nel giudizio di riesame di valutare la sussistenza dei presupposti del sequestro preventivo, a prescindere dai motivi di gravame proposti, ma deve essere inteso nel senso che il tribunale è tenuto a valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo ai presupposti della misura cautelare (fumus commissi delicti e, nel sequestro preventivo, periculum in mora), ma non anche a procedere all’analisi di aspetti ulteriori che non siano stati espressamente devoluti (Sez. 3, n. 35083 del 14/04/2016, Rv. 267508; Sez. 3, n. 37608 del 09/06/2021, COGNOME, Rv. 282023 – 01).
Tanto premesso sui limiti del sindacato di legittimità, ritiene il Collegio ch la censura con cui il ricorrente lamenta l’omessa risposta sulla questione della competenza territoriale non sia fondata. Non risulta che il ricorrente avesse espressamente devoluto la questione di competenza del Tribunale di Reggio Emilia davanti al giudice del riesame, non risultando alcun accenno ad essa nel verbale di udienza del riesame nel quale risulta che il ricorrente “deposita memoria” e chiede
l’accoglimento del ricorso. Del resto, lo stesso ricorrente allega di averla svolta oralmente, ma di ciò non risulta dal verbale di udienza, mentre nella memoria emerge chiaramente che aveva sollevato due motivi: la violazione dell’art. 649 cod.proc.pen. e il requisito del periculum in mora.
La citata memoria depositata svolge argomentazioni a sostegno della censura di violazione dell’art. 649 cod.proc.pen. r lamentando una duplicazione del procedimento, essendo già pendente un procedimento per gli stessi fatti avanti al Tribunale di Modena, in forza della ritenuta competenza del Tribunale di Reggio Emilia / e sul periculum in mora.
L’ordinanza impugnata, nel rispondere al motivo con cui si denunciava la violazione di legge e segnatamente la violazione dell’art. 649 cod.proc.pen. Ti3rci~ré -; r ha dato una risposta incidentalmente sulla questione di competenza / richiamando la motivazione del Giudice delle indagini preliminari che aveva disposto il sequestro preventivo (cfr. pag. 2)Vche aveva evidenziato la competenza territoriale derivante da connessione, ai sensi dell’art. 12 e comma 1, lett. c) i cod.proc.pen. / tra il reato contestato al COGNOME di violazione dell’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e quelli di cui all’art. 8, medesimo decreto, di competenza del Tribunale di Reggio Emilia. Rispetto ai punti non oggetto di specifica censura sussiste un obbligo motivazionale attenuato, in quanto ilTribunale del riesame, in mancanza di specifiche argomentazioni della difesa, potrà limitarsi a richiamare l’ordinanza applicativa (Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, Valorisi, Rv. 278314 – 03), sicchè, rispettato comunque l’obbligo di motivazione ora, il ricorrente non può dolersi della mancanza di motivazione sul punto.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato perché contrario alla giurisprudenza di legittimità.
L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione del dictum delle Sezioni Unite n. 34655 del 28/09/2005, secondo cui non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per la quale un processo già sia pendente, anche se in fase o grado diversi, nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità. La non procedibilità consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M., ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo
innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231800 – 01).
Ora, pur assumendo l’identità del fatto storico per cui è processo nel presente procedimento penale rispetto ad altro identico fatto per cui il ricorrente è attualmente sottoposto a processo davanti al Tribunale di Modena, come risulta dagli allegati prodotti, si tratta all’evidenza di due procedimenti pendenti davanti a diverse autorità OJLeg , giudiziarie rispetto Wrquali, come affermato dalle Sezioni Unite COGNOME, si può porre una questione di competenza territoriale, ovvero, come in questo caso, di conflitto positivo di competenza che il ricorrente potrà chiedere che venga sollevato nella prima occasione utile.
La decisione impugnata che ha applicato il principio sopra enunciato è corretta. La censura è dunque manifestamente infondata.
Il ricorso deve essere rigetto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual.
Così deciso il 22/11/2023