Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38511 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38511 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sulla richiesta di rinvio pregiudiziale proposta dal Tribunale di Perugia con ordinanza del 27/05/2024 del Tribunale di Perugia
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visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che conclude chiedendo che la competenza per territorio spetta al Tribunale Perugia;
lette le memorie redatte da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Isernia, difensore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di fiducia di RAGIONE_SOCIALE concludono chiedendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero press Tribunale di Tivoli, quanto al capo 1), e al pubblico ministero presso Tribuna Chieti, quanto al capo 2);
lette le conclusioni del difensore della parte civile, avv. NOME COGNOME insiste per la competenza dell’A.G. di Perugia.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Perugia ha rimesso alla Cort cassazione, ai sensi dell’art. 24-bis cod. proc. pen., la risoluzione, in via pregiudiziale, della questione concernente la competenza per territorio solle in ordine ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 167 d.lgs. n. 196 contestati a RAGIONE_SOCIALE> (capo 1), e 110 cod. pen. e 167, comma 2, d.lgs. n. 196 del 2003, contestati a RAGIONE_SOCIALE
R.M. A.H. GLYPH (capo 2).
2. Quanto al capo 1), il Tribunale evidenzia che la persona offes V.M. GLYPH , tramite l’applicazione Messanger del noto social network Facebook, aveva scambiato riservatamente con I GLYPH M.C. GLYPH I, all’epoca dei fatti residente a Frascati, alcuni messaggi audio, i quali sarebbero stati a lor inviati dalla M.C. alla coimputata R.M. all’epoca dei fatti residente in omissis – la quale, con il consenso di I A.H. 1, li avrebbe successivamente pubblicati all’interno della pagina ufficiale Facebook dedicata alla cantante e denominata omissis GLYPH “, con il chiaro intento di screditare e danneggiare reputazione della persona offesa.
Quanto al capo 2), osserva il Tribunale che esso si riferisce allo scam di messaggi – sempre per mezzo dell’applicazione rnessaggistica Messanger tra M.S. GLYPH , la quale, senza il consenso del V.M. la persona offesa e I avrebbe messo a disposizione della R.M. I residente all’epoca dei fatti in
omissis – alcune informazioni relative alla sieropositività della persona offes I R.M. GLYPH a sua volta, le avrebbe pubblicate all’interno della pagina uffi Facebook ” GLYPH omissis GLYPH l” con la partecipazione della cantante che ne avrebbe consentito l’inserimento. Il contenuto del messaggio, tuttavia, rim online per un arco di tempo pari a tredici minuti e nel mentre consultato almeno trentadue persone, dall’interessato ma a questi contraddistinto dal nickname’ non sarebbe stato direttamente appreso inviato, tramite screenshot, da un utente RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale rappresenta che l’individuazione del giudice territorialm competente, con riferimento al luogo di consumazione del reato, risultereb ardua, attesa l’estrema scarsità di dati e informazioni impiegabili, posto c sarebbe mai stato emesso alcun decreto di acquisizione dei file di log inerenti alla creazione dei post del 22 settembre 2019 (capo 1) e del 25 ottobre 2019 (capo 2).
Ed invero, quanto al capo 1), parrebbe noto esclusivamente il luogo d omissis residenza delle imputate al momento del fatto i omissis i per M.C. un comune omissis , per le altre due coimputate), nonché quello di residenza della persona offesa, vale a dire omissis mentre, quanto al capo 2), gli unic noti risulterebbero essere il luogo di residenza delle coimputate al momento fatto e quello di residenza di GLYPH C.C. GLYPH . Non sarebbe noti né il luogo effettivo dal quale la M.C. e la M.S. ebbero ad inviare alla R.M. i messaggi audio oggetto di diffusione, né se tale diffusione sia avvenuta per mezzo di una intemet fissa ovvero mobile.
I difensori delle parti, a loro volta, individuerebbero il paramet riferimento nel luogo di residenza della M.C. e della M.S. GLYPH al momento del fatto sebbene, ad avviso del Tribunale, non vi sarebbe un parametro normativ di riferimento, non essendo questo rinvenibile nell’art. 8 cod. proc. pen., che la fattispecie de qua è un reato di evento e, come tale, non potrebbe consumarsi nel luogo di residenza delle coimputate. Né parrebbe correttament applicabile la regola suppletiva di cui all’art. 9, comma 2, cod. proc dovendosi previamente dimostrare l’inapplicabilità della generale regola di all’art. 8 del codice di rito. Né, da ultimo, risulterebbe competente l’A giudiziaria perugina, quale luogo di residenza della persona offesa, posto c nocumento subito dalla stessa non si esaurirebbe con la sola consultazione dato sensibile da parte dell’interessato, ma con la conoscenza dello stess parte del quisque de populo.
Da ultimo, ad avviso del Tribunale non parrebbe neppure convincente la tesi del difensore della parte civile, secondo cui il criterio corret applicabile al caso de quo sarebbe quello di cui all’art. 9, comma 2, cod. proc. pen., atteso che solo una delle tre coimputate coinvolte per ogni cap imputazione risiede in Italia.
Ciò posto, ad avviso del rimettente, l’unico criterio applicabile parr quello di cui all’art. 8, comma 3, cod. proc. pen., attesa la natura permanente che investe il reato di illecito trattamento di dati personali. Tut laddove si ritenesse inapplicabile l’art. 8, comma 3, cod. proc. pen., la sol sarebbe da rinvenirsi nella sostanziale applicazione dell’art. 9, comma 2, proc. pen., ovvero nel luogo di residenza delle due coimputate residenti in It a ciò non ostando la maggiore pena edittale prevista per il reato di cui a 167, comma 2, d.lgs. n. 196 del 2003, oggetto del secondo capo di imputazione
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente si osserva che non può tenersi conto della memoria redatta personalmente da R. M . A. H . , in quanto, ai sensi dell’art 613 cod. proc. pen., come modificato dalla I. n. 103 del 23 giugno 2 l’imputato, nel giudizio davanti alla Corte di cassazione, ha l’onere d assistere da un avvocato iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.
Ciò posto, la richiesta di rinvio pregiudiziale deve essere accolta nel s che, per le ragioni di seguito illustrate, la competenza territoriale va indiv ai sensi dell’art. 9, comma 3, cod. proc. pen., nel Tribunale di Perugia, sede in cui ha luogo l’ufficio del pubblico ministero che per primo ha iscri notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen.
In termini generali, deve osservarsi, in premessa, che il nuovo istituto “rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, per la decisione sulla que della competenza per territorio”, disciplinato dall’art. 24-bis cod. proc. pen., è stato introdotto nell’ordinamento dall’art. 4, comma 1, del d.lgs. 10 o 2022, n. 150, in attuazione del disposto dell’art. 1, comma 13, lett. n legge delega 27 settembre 2021, n. 134. Per mezzo di tale strumento, vie offerta la possibilità – al giudice procedente, che si trovi a dirim controversia inerente al tema della competenza per territorio – di rimet d’ufficio o su istanza di parte, la relativa questione alla Corte di cassazio rimessione preclude la possibilità di prospettare nuovamente la medesim questione nel corso del procedimento penale.
Si tratta di un nuovo mezzo impugnatorio per la risoluzione in via preventi dei potenziali conflitti di competenza, attraverso cui si è voluto «evitare ca si sono verificati, in cui l’incompetenza, tempestivamente eccepita, è riconosciuta fondata solo in Cassazione, con conseguente necessità di dov iniziare da capo il processo» (cfr. Commissione COGNOME, Relazione final proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435, p. 40).
Orbene, la questione sollevata dal Tribunale di Perugia concerne l corretta individuazione dell’Autorità giudiziaria territorialmente competente riguardo al reato di illecito trattamento dei dati personali di cui all’art. n. 196 del 2003, allorché sia dubbio il luogo di consumazione dello stess pertanto non sia applicabile la generale regola di cui all’art. 8, comma 1 proc. pen.
5. Il Tribunale, nel solco del principio espresso da questa Sezione, secondo cui il reato di illecito trattamento dei dati personali ha natura permanente, caratterizzandosi per la continuità dell’offesa arrecata dalla condotta volontaria dell’agente, il quale ha la possibilità di far cessare in ogni momento la propagazione lesiva dei dati medesimi (cfr. Sez. 3, n. 42565 del 28/05/2019, NOME, Rv. 276830), osserva che il giudice territorialmente competente potrebbe essere individuato secondo il disposto normativo di cui all’art. 8, comma 3, cod. proc. pen., ai sensi del quale «se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione».
6. Ritiene, tuttavia, il Collegio che il reato di cui all’art. 167 d.lgs. n. 196 2003 sia un reato di evento, di natura istantanea.
Come autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale, il reato permanente «si caratterizza come illecito di durata, nel quale l’offesa al bene protetto, diversamente che nella figura antitetica del reato istantaneo, non si esaurisce nel momento stesso in cui viene prodotta, ma si protrae nel tempo per effetto del perdurare della condotta volontaria del reo, esaurendosi, sul piano della rilevanza penale, soltanto con la cessazione di quest’ultima» (sent. n. 53 del 2018).
Orbene, il delitto in esame ha natura di reato istantaneo, in quanto esso si perfeziona con il verificarsi del “nocumento” – da intendersi come un pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura, patrimoniale o non patrimoniale, subìto dal soggetto cui si riferiscono i dati protetti oppure da terzi qual conseguenza dell’illecito trattamento (da ultimo, Sez. 3, n. 52135 del 19/06/2018, Bellili, Rv. 275456-03) – che, per la sua omogeneità rispetto all’interesse leso e la sua diretta derivazione causale dalla condotta tipica è un elemento, è elemento costitutivo del fatto – e non una condizione oggettiva di punibilità (Sez. 3, n. 29549 del 07/02/2017, F., Rv. 270458; Sez. 3, n. 15221 del 23/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270056; Sez. 3, n. 40103 del 05/02/2015, Ciulla, 06/10/2015, Rv. 264798); di conseguenza, il verificarsi dell’evento segna la consumazione del reato.
Peraltro, gli effetti del nocumento conseguente all’illecita diffusione di dat personali possono prolungarsi nel tempo, il che si verifica, quando, come nella vicenda in esame, i dati siano illecitamente divulgati tramite un social-network; anche in un caso del genere, tuttavia, il “nocumento” si realizza istantaneamente e, dunque, nel momento e nel luogo in cui i dati sensibili diventano fruibili, sull rete, da parte dei terzi, e, dunque, nel luogo e nel momento in cui il collegamento viene attivato, e ciò anche nel caso in cui il sito web sia stato registrato all’estero, purché l’offesa sia stata percepita da più fruitori che
trovano in Italia (in senso analogo, in relazione alla diffamazione tr internet, cfr. Sez. 1, n. 2739 del 21/12/2010, dep. 2011, confl. comp. COGNOME, Rv. 249179, in motivazione); gli effetti nocivi riconducili divulgazione del dato sensibile, che rappresentano unicamente il risul dell’azione criminosa, si protraggono fino a che il dato non viene rimosso.
Una soluzione del genere, peraltro, è in linea con quanto affermato questa Corte nell’ipotesi, affine a quella qui al vaglio, di diffamazione comm tramite la rete internet; anche in tal caso, infatti, le frasi offensive dell’al reputazione producono gli effetti fino a che esse non vengono rimosse dal s web in cui sono state pubblicate; nondimeno, non si è mai messo in dubbio l natura istantanea del reato di diffamazione, e, ai fini della determina dell’A.G. territorialmente compente, si è fatto ricorso ora al luogo in cui si caricato il contenuto diffamatorio come dato informatico – ove ciò sia s accertato – e quindi ai sensi dell’art. 9, comma 1, cod. proc. pen. (Sez 31677 del 19/05/2015, Vulpio, Rv. 264521), ovvero, in difetto di t accertamento, al criterio del luogo di domicilio dell’imputato, in applicazione regola suppletiva stabilita dall’art. 9, comma secondo, cod. proc. pen. (Sez. 16307 del 15/03/2011, confl. comp. in c. Punina, Rv. 249974; Sez. 1, n. 27 del 21/12/2010, dep. 2011, confl. comp. in c. COGNOME, Rv. 249179).
Venendo al caso di specie, non può trovare applicazione la rego generale di cui all’art. 8, comma 1, cod. proc. pen. non essendovi elementi consentano di individuare il luogo nel quale il dato sensibile sia diventato f sulla rete internet; nemmeno può essere impiegato il criterio contemplato successivo comma 3, stante la natura di reato istantaneo del delit questione.
Si osserva, peraltro, che anche seguendo la tesi secondo cui si sarebbe presenza di un reato permanente, non sarebbe comunque impiegabile il criteri di cui all’art. 8, comma 3, cod. proc. pen., non essendo noto il luogo di della consumazione, ossia il luogo dal quale la M.C. e la M.S. ebbero ad inviare alla R.M. i messaggi audio oggetto di diffusione.
In altri termini, le considerazioni svolte da questa Corte a proposito determinazione del luogo in cui si verifica l’offesa della reputazione realizzata via internet possono essere agevolmente estese, per identità di ratio, al delitto in esame quando esso è parimenti realizzato mediante la diffusione dato sensibile – che provoca il “nocumento” – tramite la rete intemet, vale a dire che “ai fini dell’individuazione della competenza, sono inutilizzabili, in qua difficilissima, se non impossibile individuazione, criteri oggettivi unici, qu esempio, quelli di prima pubblicazione, di immissione della notizia nella ret
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accesso del primo visitatore, così come non è neppure utilizzabile quello luogo in cui è situato il server (che può trovarsi in qualsiasi parte del mondo), in cui il provider alloca la notizia” (Sez. 1, n. 2739 del 21/12/2010, cit. motivazione).
Occorre perciò ripiegare sui criteri suppletivi, tra loro correlati d necessaria gradualità, considerati dall’art. 9 cod. proc. pen.
Orbene, si osserva che non appare applicabile il criterio fissato dal comma posto che, per le ragioni innanzi esposte, non è noto l’ultimo luogo nel qu avvenuta una parte dell’azione ovvero dell’omissione.
Ciò posto, nemmeno l’ulteriore criterio suppletivo, considerato dal comma 2 – che radica la competenza territoriale dell’Autorità Giudiziaria nel lu residenza, dimora o domicilio dell’imputato al momento della commissione del reato, essendo irrilevanti gli eventuali mutamenti intervenuti successivame (Sez. 1, n. 46352 del 20/09/2023, confl. comp. in c. COGNOME, Rv. 285514) – p trovare applicazione, posto che, nella specie, non è possibile individuare un’u residenza quale luogo di competenza del giudice procedente per entrambi i cap di imputazione.
Invero, va ribadito il principio, giusto il quale, ai fini dell’individuaz giudice competente per territorio, nel caso di inidoneità o di insufficien criteri indicati dall’art. 16 cod. proc. pen., sono applicabili le regole s previste dall’art. 9 cod. proc. pen.; ne deriva che nell’ipotesi di conc reato commesso in luogo ignoto di più persone, aventi residenza, dimora domicilio in luoghi diversi, stante la mancanza di univocità del dat collegamento deve necessariamente applicarsi l’ulteriore residuale crit previsto dal terzo comma dell’art. 9 cod. proc. pen., il quale ind competenza del giudice del luogo ove ha sede l’ufficio del pubblico ministero per primo ha iscritto la notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c pen. (Sez. 5, n. 46828 del 21/11/2007, COGNOME, Rv. 238888 (Sez. 2, n. 1 del 23/01/1997, Mazza, Rv. 207125; Sez. 1, n. 3617 del 07/10/1991, confl comp. in c. COGNOME, Rv. 188816).
Nella vicenda in esame, al momento della commissione del reato, quanto al R.M. A.H. capo 1), MCOGNOME risiedeva a omissis , mentre risiedevano a omissis
e, quanto al capo 2),
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risiedeva a omissis
omissis e le altre due imputate in
Di conseguenza, stante la diversita del luogo di residenza delle coimputa in relazione ad entrambi i capi di imputazione qui al vaglio, non può applicar criterio suppletivo di cui all’art. 9, comma 2, cod. proc. pen.
10. L’unico pal
-ametro di riferimento applicabile è perciò quello di cui al comma 3 dell’art. 9 cod. proc. pen., a tenore del quale la competenza per
territorio «appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro
previsto dall’art. 335».
Nel caso di specie, la competenza territoriale deve perciò radicarsi nel
Tribunale di Perugia, quale sede in cui ha luogo l’ufficio del pubblico ministero che, appunto, ha proceduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro
previsto dall’art. 335 cod. proc. pen.
11. L’affermazione della competenza del Tribunale di Perugia, siccome giudice che procede, implica la necessità di provvedere esclusivamente agli
adempimenti di cui all’art.
24-bis, comma 4, cod. proc. pen.
P.Q.M.
dichiara la competenza del Tribunale Perugia. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 24-bis, comma 4, cod. proc. pen. Così deciso il 18/09/2024.