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Competenza territoriale reati fiscali: il criterio

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un imprenditore in custodia cautelare per emissione di fatture false tramite società “cartiere” e autoriciclaggio. Il ricorso si basava principalmente sulla presunta incompetenza territoriale del tribunale. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che per i reati commessi tramite società fittizie, prive di una sede operativa reale, la competenza territoriale si determina correttamente con il criterio del luogo di accertamento del reato, e non dove si presume siano state materialmente emesse le fatture. Questa sentenza consolida un principio fondamentale per perseguire le frodi fiscali complesse.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza territoriale e reati fiscali: il criterio del luogo di accertamento per le società cartiere

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44520 del 2024, affronta una questione cruciale nella lotta alle frodi fiscali complesse: la determinazione della competenza territoriale quando i reati sono commessi tramite “società cartiere”. La pronuncia chiarisce che, in assenza di una sede operativa certa, prevale il criterio del luogo in cui il reato viene accertato dall’autorità giudiziaria, garantendo così l’efficacia dell’azione penale.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un imprenditore indagato per gravi reati fiscali, tra cui l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8, D.Lgs. 74/2000), l’omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 74/2000) e l’autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.). Secondo l’accusa, l’indagato gestiva un complesso sistema fraudolento basato sulla creazione di società fittizie, cosiddette “cartiere”, utilizzate per emettere fatture false e riciclare ingenti somme di denaro, trasferite poi all’estero.

A seguito delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva la misura della custodia cautelare in carcere. L’indagato presentava una richiesta di riesame, che veniva rigettata dal Tribunale. Contro questa decisione, proponeva ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, la più importante delle quali riguardava l’incompetenza territoriale del Tribunale che aveva emesso il provvedimento.

I Motivi del Ricorso

La difesa dell’imprenditore sosteneva che il Tribunale competente non fosse quello che stava procedendo, ma quello del luogo in cui le fatture false sarebbero state materialmente emesse. A sostegno di questa tesi, veniva indicato il ritrovamento, presso l’abitazione di una coindagata in una cittadina vicino a Milano, di un router che si presumeva fosse stato utilizzato per le operazioni illecite. Secondo il ricorrente, questo elemento avrebbe dovuto radicare la competenza territoriale in quel foro, escludendo quello che aveva condotto le indagini principali. Inoltre, venivano contestati la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.

Le motivazioni della Cassazione sulla competenza territoriale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili e infondati i motivi del ricorso, confermando la decisione del Tribunale. Il punto centrale della motivazione riguarda proprio la competenza territoriale.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: quando si tratta di reati commessi da “società cartiere”, ossia entità totalmente destrutturate e prive di una sede operativa reale, è spesso impossibile individuare con certezza oggettiva il luogo in cui il reato (come l’emissione di una fattura falsa) è stato consumato. Queste società esistono, appunto, solo “sulla carta” e operano in modo delocalizzato.

In tali circostanze, non potendosi applicare il criterio principale del luogo di consumazione del reato (art. 8 c.p.p.), si deve ricorrere al criterio sussidiario previsto dall’art. 18 del D.Lgs. 74/2000: il luogo di accertamento del reato. Questo coincide con la sede dell’autorità giudiziaria che ha materialmente analizzato gli elementi probatori e documentali, ricostruendo l’intera trama fraudolenta. Il semplice ritrovamento di un dispositivo portatile come un router è stato ritenuto irrilevante, poiché non offre alcuna certezza sul luogo di emissione delle fatture.

La Corte ha inoltre ritenuto pienamente sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza, basati su una pluralità di elementi (documenti, strumenti bancari, ingenti somme di denaro contante), sia le esigenze cautelari. L’organizzazione stabile e la gravità dei fatti hanno infatti dimostrato un concreto pericolo di reiterazione del reato e di fuga, giustificando la misura della custodia in carcere.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un orientamento giurisprudenziale essenziale per il contrasto alle frodi fiscali moderne, spesso caratterizzate dall’uso di strutture societarie fittizie e dematerializzate. Stabilendo la prevalenza del criterio del luogo di accertamento in contesti di criminalità economica organizzata e delocalizzata, la Cassazione fornisce agli inquirenti uno strumento procedurale efficace. La decisione impedisce che cavilli sulla competenza territoriale possano ostacolare o ritardare l’azione penale, assicurando che il processo si svolga nel foro che ha la conoscenza più approfondita e completa dei fatti illeciti.

Come si determina la competenza territoriale per il reato di emissione di fatture false da parte di società “cartiere”?
Quando non è possibile individuare con certezza il luogo fisico di emissione delle fatture, come nel caso di società cartiere prive di una sede operativa reale, la competenza territoriale si determina in base al criterio residuale del “luogo di accertamento del reato”. Questo è il luogo dove l’autorità giudiziaria ha compiuto la valutazione degli elementi che provano la violazione.

La scoperta di uno strumento informatico (es. un router) usato per emettere le fatture è sufficiente a stabilire la competenza territoriale?
No. Secondo la Corte, la scoperta di un dispositivo portatile come un router non è un elemento certo e decisivo per stabilire il luogo di consumazione del reato, poiché può essere facilmente spostato e utilizzato ovunque.

Quali elementi giustificano il mantenimento della custodia in carcere in casi di frode fiscale organizzata?
La Corte ha ritenuto giustificata la custodia in carcere sulla base della gravità dei fatti, della pluralità e reiterazione delle condotte, dell’esistenza di un’organizzazione stabile e collaudata (con società cartiere, strumenti informatici e contatti all’estero), e della disponibilità di ingenti somme di denaro e documenti falsi, elementi che concretizzano un elevato pericolo di fuga e di reiterazione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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