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Competenza territoriale per truffa: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione risolve un conflitto di competenza territoriale tra tribunali. Riqualificando i reati da estorsione a truffa aggravata, la Suprema Corte stabilisce che la competenza spetta al giudice del luogo dove è stato commesso il primo dei reati connessi. La sentenza è cruciale per comprendere la distinzione tra indurre in errore (truffa) e coartare la volontà della vittima (estorsione).

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza Territoriale per Truffa: La Cassazione Fa Chiarezza tra Frode ed Estorsione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione I Penale, n. 44777/2024, affronta una questione cruciale per la determinazione della competenza territoriale per truffa, specialmente quando i reati sono molteplici e commessi in diverse città. Il caso offre lo spunto per un’analisi approfondita della sottile, ma fondamentale, linea di demarcazione tra il reato di estorsione e quello di truffa aggravata, con dirette conseguenze sulla corretta individuazione del giudice competente a decidere.

Il Caso: un Conflitto di Competenza tra Roma e Bologna

La vicenda giudiziaria ha origine da un conflitto negativo di competenza sollevato dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Bologna. Un soggetto era indagato per una serie di reati connessi, tra cui diverse truffe aggravate e due episodi inizialmente qualificati come estorsione, uno commesso a Roma e l’altro a Bologna.

Inizialmente, il GIP di Roma, investito della richiesta di misura cautelare, aveva riqualificato il fatto commesso nella Capitale da estorsione a truffa aggravata. Poiché l’episodio di Bologna era ancora considerato estorsione (un reato più grave della truffa), il GIP romano aveva dichiarato la propria incompetenza, trasmettendo gli atti a Bologna, ritenuta la sede del reato più grave.

Tuttavia, il GIP di Bologna, analizzando a sua volta l’episodio di sua pertinenza, è giunto alla stessa conclusione del collega romano: anche in quel caso, non si trattava di estorsione, ma di truffa aggravata. A questo punto, essendo tutti i reati contestati qualificabili come truffa, la regola per stabilire la competenza cambia. Secondo l’art. 16 del codice di procedura penale, in caso di reati connessi di pari gravità, la competenza spetta al giudice del luogo in cui è stato commesso il primo reato. Essendo il primo reato avvenuto a Roma, il GIP bolognese ha sollevato conflitto, sostenendo che la competenza spettasse proprio al Tribunale di Roma.

Estorsione o Truffa? Il Criterio Distintivo della Cassazione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella distinzione tra estorsione (art. 629 c.p.) e truffa aggravata (art. 640 c.p.). La Corte ribadisce un principio consolidato: si ha estorsione quando la volontà della vittima è coartata. Il male minacciato è presentato come una conseguenza diretta o indiretta dell’azione del reo, ponendo la vittima di fronte all’alternativa ineluttabile di subire il danno o cedere alla richiesta economica. La volontà non è libera, ma viziata dalla violenza o dalla minaccia.

Si configura, invece, il delitto di truffa quando il danno è prospettato come un evento possibile, ma non direttamente dipendente dalla volontà dell’agente. In questo scenario, la vittima non è costretta, ma indotta in errore da artifizi e raggiri. La sua decisione di compiere l’atto di disposizione patrimoniale, sebbene viziata, è il frutto di un errore, non di una coercizione.

L’Analisi del Caso e la Regola sulla competenza territoriale per truffa

Applicando questo criterio al caso specifico di Bologna, la Cassazione ha esaminato la condotta dell’indagato. Quest’ultimo, fingendosi un esponente delle forze dell’ordine, aveva comunicato a un’anziana vittima che il figlio era stato arrestato a seguito di un incidente e che, per ottenerne la liberazione ed evitare una condanna, era necessario il pagamento di una somma di denaro.

Secondo la Corte, l’indagato non ha mai fatto credere di avere un controllo diretto sul destino del figlio della vittima. Piuttosto, ha creato una complessa messinscena per indurre la donna in errore, rappresentandole un pericolo (la carcerazione e la condanna) come un evento negativo gestito da terzi (il sistema giudiziario) ed evitabile solo attraverso il pagamento. La volontà della vittima non è stata coartata da una minaccia diretta del reo, ma manipolata attraverso l’inganno. Di conseguenza, il fatto è stato correttamente riqualificato come truffa aggravata.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sull’analisi dell’atteggiarsi del pericolo prospettato alla vittima. Nel caso dell’estorsione, il reo fa dipendere il verificarsi del danno dalla propria volontà. Nel caso della truffa, invece, il reo sfrutta una situazione di pericolo (reale o, come in questo caso, immaginario) che non è sotto il suo diretto controllo, inducendo la vittima a compiere un atto patrimoniale dannoso per sé sulla base di una falsa rappresentazione della realtà. Essendo entrambi i reati principali qualificati come truffe aggravate, la Corte ha applicato la regola residuale sulla competenza, che la radica nel luogo dove è stato commesso il primo reato della serie.

Le Conclusioni

La Cassazione ha risolto il conflitto dichiarando la competenza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma. Questa sentenza rafforza un importante principio di diritto: la qualificazione giuridica del fatto è dirimente per determinare la competenza territoriale. In particolare, nei casi di reati seriali come le truffe, è fondamentale stabilire il luogo del primo episodio per individuare correttamente il giudice naturale. La decisione sottolinea come la minaccia di un male non sia di per sé sufficiente a configurare l’estorsione se non si accompagna a una coartazione diretta della volontà, distinguendola nettamente dall’induzione in errore tipica della truffa.

Quando un reato è qualificabile come truffa e non come estorsione, anche se viene prospettato un danno?
Si ha truffa e non estorsione quando il danno prospettato alla vittima non dipende direttamente dalla volontà dell’agente, ma viene presentato come una conseguenza possibile di eventi esterni. La vittima non è costretta con la forza o la minaccia a pagare (coartazione), ma è indotta in errore da artifizi e raggiri a compiere un atto di disposizione patrimoniale.

Come si determina la competenza territoriale se una persona è accusata di più truffe commesse in luoghi diversi?
Se i reati sono connessi e hanno la stessa gravità (come nel caso di più truffe aggravate), la competenza territoriale appartiene al giudice del luogo in cui è stato commesso il primo reato della serie, secondo quanto stabilito dall’art. 16 del codice di procedura penale.

Il giudice può cambiare la qualificazione giuridica di un reato proposta dall’accusa?
Sì, il giudice ha il potere e il dovere di attribuire al fatto storico la corretta qualificazione giuridica (riqualificazione del fatto), anche se diversa da quella originariamente contestata dal Pubblico Ministero. Questa operazione è fondamentale, come dimostra la sentenza, per risolvere questioni procedurali come la competenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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