Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18437 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18437 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME nato a SAN NICOLA LA STRADA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 12/12/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con il decreto impugnato, ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME, quale proposto, e NOME COGNOME, quale terza interessata, avverso il decreto del Tribunale di Napoli in data 31 maggio 2022.
Ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, con un unico atto a mezzo del proprio comune difensore, formulando due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si eccepisce il difetto di competenza del Tribunale di Napoli, censurando la mancato pronuncia da parte della Corte di appello di annullamento del provvedimento di primo grado con trasmissione degli atti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Secondo i ricorrenti, avrebbero errato i giudici partenopei nel ritenere preminente il criterio territoriale per cui, quando la pericolosità si fonda sull’appartenenza a un sodalizio criminale, la competenza si radicherebbe sulla base del centro decisionale del sodalizio medesimo; il principio di diritto non troverebbe applicazione nel caso di specie, trattandosi di partecipazione a un’associazione per delinquere e non a un’organizzazione mafiosa.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura la ribadita valutazione di illiceità dell’origine dei beni oggetto della misura patrimoniale.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Secondo la difesa, il proposto avrebbe sempre operato nel territorio casertano. La Corte di appello, con motivazione scevra di vizi logico-giuridici e coerente con le emergenze procedimentali, ha concluso, conformemente alle valutazioni del Tribunale, che la pericolosità sociale ex art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 – di COGNOME, soggetto indiziato di uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., si sia maggiormente manifestata nella partecipazione ad un’associazione per delinquere operante in Napoli e finalizzata alla commercializzazione di migliaia di capi di abbigliamento con marchi contraffatti (apice della carriera criminale del proposto, destinatario di quattordici sentenze irrevocabili di condanna, e delitto postulato per l’inquadramento nella categoria criminologica tipizzante).
La conclusione è conforme con il consolidato orientamento di legittimità, secondo cui, in tema di misure di prevenzione personali, ai fini della determinazione del giudice competente per territorio in relazione a una proposta formulata ai sensi del citato art. 4, comma 1, lett. b), nei confronti di soggetti indiziati di uno dei delitti previsti dall’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., deve aversi riguardo al luogo ove la manifestazione di pericolosità soggettivo si sia espressa con maggiore continuità, secondo un accertamento da effettuarsi non sulla base di una verifica statica ma, piuttosto, in una prospettiva dinamica caratterizzata dal fondamentale criterio dell’attualità della pericolosità (Sez. 1, n. 1446 del 14/09/2022, dep. 2023, confl. comp., Rv. 283972, in motivazione; Sez. 6, n. 17850 del 27/05/2020, COGNOME, Rv. 279027; Sez. 2, n. 22512 del 24/04/2019, COGNOME,Rv. 276424; Sez. 1, n. 42238 del 18.5.2017, Rv. 270972).
Il motivo è dunque manifestamente infondato.
Lo stringato secondo motivo di impugnazione si connota di insuperabile genericità, reiterando censure già argomentatamente disattese, senza confrontarsi effettivamente con il congruo apparato argomentativo della decisione impugnata (cfr. pp. 4-6, ove si individua l’arco temporale di edificazione della palazzina tra la fine del 2001, data di acquisto del terreno e il 2010, data dell’accatastamento; in tale periodo, vi è stata la massima estrinsecazione della capacità criminale di COGNOME, con plurime condanne per commercio su scala industriale di prodotti contraffatti e con dichiarazioni dei redditi di ambedue i coniugi odierni ricorrenti per importi variabili tra euro 412 e gli euro 9.150, inferio ai minimi di sussistenza). Non è dunque ravvisabile la dedotta compatibilità con risorse lecite apoditticamente sostenuta nell’atto di impugnazione.
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 aprile 2024
Il President Il Consigliei estensore