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Competenza territoriale: il reato più grave decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5144/2024, ha rigettato il ricorso di due indagati per associazione per delinquere e furti pluriaggravati. La Corte ha stabilito che la competenza territoriale si radica nel luogo di consumazione del reato più grave, identificato nel furto aggravato e non nel reato associativo, in base alla pena edittale massima. È stato inoltre confermato che un dipendente, in qualità di detentore qualificato del bene, è legittimato a sporgere querela per il furto subito dall’azienda.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Competenza territoriale: il reato più grave decide

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nella procedura penale: la determinazione della competenza territoriale in presenza di reati connessi, in particolare un’associazione per delinquere e i cosiddetti reati-scopo. La decisione chiarisce che, per stabilire il giudice competente, si deve guardare al delitto punito con la pena più severa, il quale attrae a sé la giurisdizione anche per gli altri illeciti contestati. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere come la giustizia individua il foro corretto in casi complessi.

I fatti del caso

Due soggetti erano stati sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere con l’accusa di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di numerosi furti pluriaggravati e altri reati. Secondo l’impostazione accusatoria, il gruppo criminale, con base operativa a Napoli, organizzava e portava a termine colpi in diverse aree del Nord Italia.

La difesa degli indagati ha impugnato l’ordinanza cautelare davanti al Tribunale del Riesame, sollevando diverse eccezioni, la più rilevante delle quali riguardava proprio la competenza territoriale. Secondo i ricorrenti, il giudice competente avrebbe dovuto essere quello di Napoli, luogo in cui l’associazione si era costituita e aveva operato, e non quello di Verbania, dove era stato commesso uno dei furti.

L’eccezione sulla competenza territoriale

Il cuore dell’argomentazione difensiva si basava sulla presunta maggiore gravità del reato associativo (art. 416 c.p.) rispetto ai singoli furti. Se così fosse stato, la competenza si sarebbe dovuta radicare a Napoli. Inoltre, i legali lamentavano una ‘frammentazione del giudizio’ tra diversi uffici giudiziari (Napoli per il reato associativo, Udine e Verbania per i reati-scopo), che avrebbe leso il diritto di difesa e a un processo di ragionevole durata.

Un’altra obiezione significativa riguardava la validità delle querele presentate per i furti. Poiché le vittime erano società, la difesa sosteneva che le denunce, sporte da semplici dipendenti senza una procura speciale, fossero invalide, rendendo i reati improcedibili.

La decisione della Cassazione e la competenza territoriale

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, confermando la correttezza della decisione del Tribunale del Riesame. Il punto centrale della sentenza riguarda proprio il criterio per determinare la competenza territoriale.

I giudici hanno chiarito che, ai sensi degli artt. 12 e 16 del codice di procedura penale, in caso di reati connessi, la competenza spetta al giudice del luogo in cui è stato commesso il reato più grave. La gravità non è valutata in astratto, ma sulla base della pena massima prevista dalla legge.

Nel caso di specie, il furto pluriaggravato contestato è punito con una pena edittale massima superiore a quella prevista per il delitto di associazione per delinquere. Di conseguenza, è il furto a ‘guidare’ la competenza, radicandola presso il Tribunale di Verbania, luogo di consumazione di uno dei principali reati-scopo.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive. Anzitutto, ha ribadito il principio consolidato secondo cui il criterio per determinare la gravità di un reato è quello della pena edittale massima. Il furto pluriaggravato, in questo specifico caso, superava la sanzione prevista per l’associazione per delinquere, rendendo corretta l’individuazione del foro di Verbania.

Per quanto riguarda la validità delle querele, la Corte ha richiamato un importante principio espresso anche dalle Sezioni Unite: il diritto di querela per il reato di furto non spetta solo al proprietario del bene, ma a chiunque abbia con esso un rapporto di ‘detenzione qualificata’. Un dipendente che ha in custodia i beni aziendali esercita proprio questa forma di detenzione e, pertanto, è pienamente legittimato a sporgere querela in caso di furto, senza necessità di una procura speciale da parte del legale rappresentante della società. Questo amplia la tutela penale a chi ha un legame di fatto, e non solo di diritto, con la cosa sottratta.

Infine, le censure relative all’incompletezza degli atti e alla violazione del diritto di difesa sono state giudicate generiche, poiché i ricorrenti non avevano specificato quali documenti mancassero né come la loro assenza avesse concretamente pregiudicato le loro facoltà difensive.

Le conclusioni

La sentenza n. 5144/2024 della Corte di Cassazione offre due importanti insegnamenti pratici. In primo luogo, consolida il criterio oggettivo della pena edittale massima per la determinazione della competenza territoriale nei procedimenti con reati connessi, un principio che garantisce certezza e previene manovre dilatorie. In secondo luogo, rafforza la tutela delle vittime di furto, riconoscendo la legittimazione a sporgere querela non solo al proprietario formale ma a chiunque eserciti un potere di fatto qualificato sul bene, come un dipendente o un responsabile di punto vendita. Questa interpretazione estensiva risponde all’esigenza di una giustizia più efficace e vicina alla realtà concreta dei rapporti economici e lavorativi.

Come si determina la competenza territoriale in caso di un’associazione per delinquere che commette reati in luoghi diversi?
La competenza territoriale viene determinata in base al luogo in cui è stato commesso il reato più grave. La gravità è stabilita confrontando le pene massime previste dalla legge per i singoli reati (sia quello associativo che i reati-scopo). Il giudice competente per il reato più grave lo è anche per tutti gli altri reati connessi.

Un dipendente può sporgere una querela valida per un furto commesso ai danni dell’azienda per cui lavora?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la legittimazione a proporre querela per furto non spetta solo al proprietario, ma anche a chi ha una ‘detenzione qualificata’ del bene. Un dipendente che ha in custodia i beni aziendali rientra in questa categoria e può validamente sporgere querela senza bisogno di una procura speciale dal legale rappresentante.

Perché nel caso esaminato il furto aggravato è stato considerato più grave dell’associazione per delinquere?
Perché, secondo la legge, la pena massima prevista per il reato di furto pluriaggravato contestato agli indagati era superiore alla pena massima prevista per il reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.). La valutazione si basa esclusivamente su questo dato normativo oggettivo (la pena edittale).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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