Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5144 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 5144  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino in data 5/09/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che si è riportato alla requisitoria già ritualmente depositata e ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito, per l’indagato, l’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi. 
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 5 settembre 2023, il Tribunale di Torino ha rigettato il riesame proposto nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME in relazione all’ordinanza emessa in data 2 agosto 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verbania, con cui essi erano stati sottoposti alla misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai delitti di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti pluriaggravati e altri reati, previsti dagli art 110, 482, in relazione agli artt. 477, 61, n. 2, 624, 625, n. 2, 61, n. 7, cod. pen.
Avverso il provvedimento del riesame i due indagati hanno proposto autonomi ricorsi per cassazione per mezzo del comune difensore di fiducia, AVV_NOTAIO. I due atti di impugnazione deducono otto distinti motivi di censura, sostanzialmente sovrapponibili, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 8, 12 e 16 cod. proc. pen., nonché la assoluta carenza e contraddittorietà della motivazione con cui è stata rigettata l’eccezione di incompetenza territoriale per i cd. reati-scopo, ritenuti avvinti dalla continuazione.
L’ordinanza applicativa, in deroga al criterio AVV_NOTAIO di cui all’art. 8, comma 3, cod. proc. pen., avrebbe attribuito la competenza per territorio a tre distinti uffici giudiziari: il Tribunale di Napoli per il reato associativo; il Tribunale di Udi per i reati-scopo commessi in quel circondario e per quelli ad essi avvinti in continuazione; il Tribunale di Verbania, per i reati commessi in quel circondario e quelli ad essi avvinti in continuazione. Indi, il provvedimento generico avrebbe ritenuto di applicare gli artt. 12 e 16 cod. proc. pen., ma avrebbe errato nell’individuare il delitto più grave nel furto aggravato ex a tt. 624 e 625, secondo comma, cod. pen. in luogo del delitto previsto dall’art. 416, primo e terzo comma, cod. pen. Infatti, quest’ultimo sarebbe iii più grave tra quelli contestati e attrarrebbe, per connessione, la competenza territoriale sugli altri reati-fine ai sensi degli artt. 12 e 16 cod. proc. pen., tenuto conto della coidotta perdurante e del vincolo della continuazione sussistente tra delitto associativo e reati-fine, comune a tutti i partecipi, i quali, nel caso di specie, avrebbero tutti partecipato al reato associativo. La competenza per quest’ultimo, secondo il criterio base dell’art. 8, comma 3, cod. proc. pen., si radicherebbe nel luogo di inizio della consumazione, ovvero in quello in cui, a prescindere dal luogo in cui è stato siglato il pactum sceleris, il sodalizio si è radicato e la struttura organizzativa ha iniziato ad essere operativa e, dunque, in cui sono state programmate, ideate e dirette le attività, mentre risulterebbero irriNOMEnti i luoghi di commissione dei delitti-fine Nel caso di specie, l’operatività della associazione si sarebbe manifestata a Napoli, da cui risulterebbero partite le operazioni finalizzate a organizzare i reati-fine. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione d e I l’a rt. 337, comma 3, cod. proc. pen. per carenza della condizione di procedibilità e di cui all’art. 333, comma 2, cod. proc. pen. e per l’errata modalità di presentazione della querela in assenza di procura speciale, nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione resa dal Tribunale del riesame su tale specifico motivo.
Si premette che l’ordinanza genetica aveva applicato le misure cautelari in relazione ai reati-scopo di cui ai capi 6), 10), 12), 19), 23); che in relazione al capo 10) la querela risultava proposta da NOME COGNOME, impiegata presso l’azienda RAGIONE_SOCIALE; in relazione al capo 12) da NOME COGNOME, dipendente della RAGIONE_SOCIALE; in relazione al capo 19) da NOME COGNOME, contitolare della RAGIONE_SOCIALE; in relazione al capo 23), da NOME COGNOME, dipendente della RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE Dunque, le querele risulterebbero presentate da soggetti che avevano dichiarato di rivestire il ruolo di dipendente e/o contitolare delle società senza che la qualifica fosse documentata e senza che essi fossero muniti di procura speciale conferita dai rappresentanti legali di ognuna delle società coinvolte, con l’indicazione della fonte dei poteri di rappresentanza, come stabilito dall’art. 337, comma 3, cod. proc. pen. In proposito, si osserva che la querela, ove la vittima sia una persona giuridica, deve essere proposta dal legale rappresentante o dal procuratore speciale con le forme degli artt. 337, comma 1, 333, comma 2, cod. proc. pen., ossia per iscritto oppure oralmente se sottoscritta anche dal procuratore speciale, dovendo la procura essere rilasciata, in tal caso, per atto pubblico o scrittura privata autenticata ex art. 122 cod. proc. pen. Il Tribunale del riesame avrebbe superato tale vizio formale richiamando la giurisprudenza di legittimità con riferimento a un diverso caso, oramai superato dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022. Nel caso in esame, i querelanti erano meri dipendenti e il possesso dei beni era dell’azienda.
2.3. Con il terzo e il quarto motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. per incompletezza degli atti presenti nel fascicolo d’indagine e per la «frammentazione del giudizio per motivi di competenza» in più distretti territoriali, con violazione del diritto di difesa.
2.3.1. Gli atti di indagine sarebbero stati trasmessi in maniera incompleta, mancando alcuni file audio e brogliacci di intercettazioni telefoniche ed essendovi una sola informativa di reato, datata dicembre 2022, contente capi di imputazione tra loro divergenti e contenenti un numero di soggetti indagati maggiore rispetto all’ordinanza. Ciò integrerebbe la violazione dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. in relazione all’obbligo del Pubblico ministero di trasmettere al Tribunale, entro il giorno successivo al deposito della richiesta di riesame e comunque non oltre il quinto, gli atti presentati a norma dell’art. 291, comma 1, cod. proc. pen. nonché, gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.
2.3.2. Inoltre, la «frammentazione del giudizio per motivi di competenza» in più distretti territoriali avrebbe comportato la violazione dell’art. 111, comma 2, e dell’art. 6, paragrafo 1, Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, riguardanti la ragionevole durata del processo e i «tempi di giustizia ragionevoli». Nel caso
esaminato, tale diritto risulterebbe minato a causa della «disgregazione territoriale processuale» dovuta a motivi di competenza.
2.4. Con il quinto motivo, il ricorso lamenta, ex art. 606, c:omma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla qualificazione giuridica dei cd. reati-fine. In luogo del furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento, che ricorre quando la consegna del bene non sia riconducibile alla libera autodeterminazione della persona offesa di spossessarsene, ma sia determinata da una condotta fraudolenta che ponga l’agente in condizioni di operare la diretta apprensione del bene, contro la volontà del medesimo. A conferma, la querela era stata presentata, nella maggior parte dei casi, diversi giorni successivi rispetto all’evento, dopo che le parti offese si erano accorte di essere state truffate.
2.5. Con il sesto, il settimo e l’ottavo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la mancanza e/o carenza e contraddittorietà della motivazione in relazione alle esigenze cautelari, nonché in relazione al giudizio di adeguatezza della misura e alla operatività della doppia presunzione prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Il Tribunale del riesame non avrebbe motivato in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, limitandosi ad affermare, in maniera apparente, che i fatti erano numerosi, che non era stato prospettato alcun elemenl:o idoneo a ritenere le esigenze affievolite e che gli indagati, avvalendosi della facoltà di non rispondere, avevano rinunciato a offrire una diversa prospettazione dei fatti. Inoltre, l’ordinanza si sarebbe focalizzata, come già quella genetica, sul resto associativo, mentre nessuna motivazione sarebbe stata offerta in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari per i reati-fine oggetto del gravame proposto.
Sotto altro profilo, il ricorso lamenta la contraddizione esistente rispetto alla posizione del co-indagato NOME COGNOME, scarcerato dopo l’interrogatorio di garanzia e sottoposto alla misura meno afflittiva dell’obbligo di dimora, laddove per gli altri indagati vi sarebbe una sproporzione nella scelta del titolo cautelare.
Quanto alla valutazione sulla possibile reiterazione del reato, si richiama l’indirizzo giurisprudenziale che in relazione al requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato sia altamente probabile che, all’imputato, si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e, pertanto, devono essere respinti.
Muovendo dal primo motivo, con cui la difesa denuncia violazione di legge e vizi della motivazione con riguardo al mancato accoglimento dell’eccezione di incompetenza per territorio, osserva il Collegio che le censure vanno disattese.
Correttamente, infatti, i Giudici di merito hanno escluso che il delitto più grave sia quello previsto dall’art. 416 cod. pen., atteso che il reato-fine contestato al capo 2), costituito da un furto pluriaggravato, è punito con pena superiore nel massimo edittale: ciò che, pertanto, determina l’attribuzione della competenza al Tribunale di Verbania in applicazione del criterio di cui agli aitt. 16, comma 1, e 12, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.
Inoltre, va ribadito che la connessione fondata sull’astratta configurabilità del vincolo della continuazione è idonea a determinare lo spostamento della competenza soltanto quando l’identità del disegno criminoso sia comune a tutti i compartecipi, giacché l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria di fatti in continuazione non può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto al giudice naturale (Sez. 2, n. 57927 del 20/11/2018, Bianco, Rv. 275519 – 01; Sez. 2, n. 17090 del 28/02/2017, COGNOME, Rv. 269960 – 01; Sez. 1, n. 8526 del 9/01/2013, COGNOME, Rv. 254924 – 01).
E’, dunque, corretta la soluzione accolta dall’ordinanza impugnata laddove essa afferma la propria competenza per i reati-scopo attribuiti agli indagati e per i quali è stato emesso il titolo cautelare; nonché laddove, stante la non perfetta coincidenza nella composizione della compagine associativa, essa non ravvisa la competenza per il reato di cui all’art. 416 cod. pen., ritenuta dal Tribunale di Napoli (cfr. ordinanza impugnata nel proc. RG 38983/2023 a carico del solo COGNOME, trattato all’odierna udienza innanzi a questa Corte di legittimità).
 L’eccezione proposta in relazione al difetto di querela, formulata con il secondo motivo di ricorsa, ripropone le argomentazioni svolte in sede di riesame, alle quali l’ordinanza impugnata ha però fornito una risposta del tutto condivisibile.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, il bene giuridico protetto nel delitto di furto è individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o d godimento, ma anche nel mero possesso. Rispetto a tale relazione di fatto, si è chiarito che essa si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando si costituisce in modo clandestino o illecito. Sicché, quale conseguenza di tale impostazione, si è affermato che anche al titolare di tale posizione di fatto, spetta la qualifica di persona offesa, con relativa legittimazione a proporre querela (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975, potere, nella specie, riconosciuto al responsabile di un supermercato).
Su tali premesse, la giurisprudenza di legittimità, ai fini della legittimazione a proporre querela, valorizza la sussistenza di una detenzione qualificata della cosa in custodia, ispirata al principio secondo cui «il possesso tutelabile in sede penale
ha una accezione più ampia di quella civilistica, includendo non solo il possesso animo domini, ma qualsiasi rapporto di fatto con la cosa esercitato in modo autonomo e indipendente dalla titolarità del bene quale espressione di un legittimo ius possessionis, di guisa che il responsabile di un esercizio commerciale, pur sprovvisto di poteri di rappresentanza o institori del proprietario dei beni posti in vendita, ha legittimazione alla proposizione della querela per i fatti di furto della merce detenuta ed esposta al pubblico» (Sez. 6, n. 1037 del 15/06/2012, dep. 2013, Vignoli, Rv. 253888 – 01; nella giurisprudenza successiva, tra le tante, v. Sez. 3, n. 32716 del 9/05/2023, COGNOME, non massimata).
Nel caso di specie, tutti i querelanti si trovavano in tale relazione con i beni sottratti, come puntualmente evidenziato dal Tribunale, di tal che la relativa doglianza deve ritenersi infondata.
 Le censure formulate con il terzo e  quarto motivo appaiono del tutto generiche.
I ricorsi, infatti, non hanno in alcun modo specificato quali atti di indagine fossero mancanti, né hanno specificato quali effetti tale mancanza abbia prodotto sull’esercizio delle facoltà difensive. Ciò che’ pertanto, non consente di verificare la fondatezza della dedotta lesione del diritto di difesa.
 Manifestamente infondate sono, infine, le censure ar:icolate in punto di esigenze cautelari.
L’ordinanza impugnata ha congruamente indicato gli specifici elementi di fatto a partire dai quali è stato ritenuto sussistente il concreto e attuale pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie, specificando altresì per quale ragione dovesse affermarsi l’inadeguatezza di ogni altra misura diversa dalla custodia in carcere, avuto riguardo ai numerosi episodi delittuosi in contestazione e alla personalità degli indagati, gravanti da precedenti anche specifici.
Il Tribunale del riesame ha, inoltre, sottolineato che, allo stato, il quadro cautelare non si è modificato, dal momento che all’esito degli interrogatori di garanzia non sono emersi significativi elementi a favore degli indagati, i quali, peraltro, non hanno fornito alcun concreto contributo.
 Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
6.1. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà dei ricorrenti, la Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 20 dicembre 2023
Il Consigliere estensore