Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37779 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37779 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/10/2025
SENTENZA
sul rinvio pregiudiziale proposto, con ordinanza del 20/05/2025, dal Tribunale di Genova, ai sensi dell’art. 24 -bis cod.proc. pen. nel procedimento a carico di: COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Genova il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Isola delle Femmine il DATA_NASCITA; visti gli atti e il provvedimento di rinnessione; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso perché sia affermata la competenza del Tribunale di Genova; udito l’AVV_NOTAIO, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per COGNOME, NOME, NOME COGNOME e, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per COGNOME.
1. Con ordinanza del 20 maggio 2025, il Tribunale di Genova ha rimesso alla Corte di cassazione la questione pregiudiziale concernente la competenza pe territorio, tempestivamente eccepita dalla difesa di COGNOME NOME, confronti del medesimo Tribunale di Genova, a favore di quello di Sassari ed in v subordinata di quello di Palermo, nell’ambito del procedimento a carico di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per reati di cui agli ar 416, 648-ter.1, 512-bis cod. pen., nonché 2, 4, 5, 8, 10-ter del d.lgs. n. 74 2000, e altri, tutti aggravati dalla finalità di agevolare l’attività di un’ass mafiosa, commessi in Genova (art. 512-bis cod. pen., di cui ai capi 2, 4, 8; a del d.lgs. 74 del 2000, di cui ai capi 3 e 37; art. 648-ter.1, di cui al capo 30 e 31 della legge n. 646 del 1982, di cui al capo 44; art. 648 cod. pen., di capo 45); commessi in Siracusa (art. 512-bis cod. pen., di cui al capo commessi in Milano (art. 512-bis, di cui ai capi 12, 15, 25; art. 4 del d.lgs. 2000, di cui al capo 19); commessi in Sassari (art. 512-bis cod. pen., di c capo 12); commessi in Torino (art. 512-bis cod. pen.,di cui al capo 29); commess in Trapani (art. 512-bis cod. pen., di cui al capo 33); commessi in altri lu imprecisati (art. 648-ter.1, di cui al capo 32); commessi in Vigo, Spagna (art. 5 bis cod. pen., di cui al capo 38); commessi in Valena, Portogallo (art. 512cod. pen., di cui ai capi 39 e 40); commessi in Barcellona, Spagna (art. 512cod. pen., di cui al capo 41); commessi in Viana do Castelo, Portogallo (art. 51 bis cod. pen., di cui al capo 42); accertati in Palermo, (art. 512-bis cod. pe cui al capo 43); commessi in Scafati (art. art. 512-bis cod. pen., di cui al 46); accertati in Genova (art. 8 del d.lgs. n. 74 del 2000, di cui ai capi 7 13, 14, 17, 18, 21, 22, 23, 26, 27, 30, 30-bis, 35, 36, 47, 48; art. 10-ter de n. 74 del 2000, di cui ai capi 11, 16, 24, 31). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Secondo la prospettazione accusatoria, come analiticamente indicato dal Pubblico Ministero nel capo d’imputazione, COGNOME avrebbe costituito, assieme ai correi, una complessa struttura societaria, a lui riferibile, attraverso l poneva in essere meccanismi di frode IVA, mediante, tra l’altro, cosiddette “fro carosello” ed una serie di altri delitti connessi, tra i quali autoricic trasferimenti di valori illeciti. Le società – non intestate al COGNOME poic destinatario di misure di prevenzione – erano formalmente intestate e amministrate da “RAGIONE_SOCIALE“, ma da questo effettivamente gestite. fattispecie di cui all’art. 512-bis cod. pen. sono dall’accusa contestata commesse nel luogo di costituzione della società, così come i reati di cui all’a del d.lgs. 74 del 2000. Per quanto attiene all’ipotesi di cui all’art. 8 del
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del 2000, l’accusa indica nel capo d’imputazione, non il luogo di commissione bensì quello di accertamento, che per tutte le fattispecie è Genova.
Il Pubblico Ministero ha ravvisato la competenza del Tribunale di Genova, facendo leva su un orientamento di legittimità, secondo cui, qualora non sia possibile individuare il luogo di consumazione del reato più grave, non è consentito fare ricorso alle regole suppletive stabilite nell’art. 9 cod. proc. pen. – che, sia p la collocazione, sia per il contenuto letterale, si riferisce a procedimenti con reato singolo – ma si deve avere riguardo al luogo di consumazione del reato che, in via decrescente, si presenta come il più grave fra quelli residui: indirizzo in applicazione del quale, dunque, la competenza per territorio avrebbe dovuto essere radicata, come avvenuto nel caso di specie, in capo al Tribunale di Genova, nel cui territorio si è realizzata la condotta di cui all’art. 648-ter.1 cod pen.
Per contro, la difesa ha rappresentato, davanti al giudice di merito, che tra i reati per cui si procede, i più gravi sono quelli di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs del 2000, in ragione della identica cornice edittale prevista per le due fattispecie tipiche, vigente al momento dell’esercizio dell’azione penale, rilevante per l’individuazione della competenza territoriale. Secondo questa interpretazione, tutti i delitti di cui all’art. 8 del d.lgs. 74 del 2000 sarebbero di pari gravi prescindere dalla data di commissione, che sia prima o dopo l’entrata in vigore della riforma apportata dal d.l. n. 124 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 157 del 2019. Si rappresenta quindi che, ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen., la competenza per territorio appartiene al giudice competente per il reato più grave, ovvero, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato; nel caso di specie, il capo 7) dell’imputazione. Si sostiene, inoltre, che, nel caso in esame, la competenza dovrebbe individuarsi avuto riguardo al criterio di cui all’art. 18 del d.lgs. 74 del 2000, ovvero in relazione al luogo in cui ha sede l’ufficio del Pubblico Ministero che per primo ha provveduto ad iscrivere la notizia di reato. Per la difesa di COGNOME, dunque, nella specie, è possibile individuare Palermo quale luogo di prima iscrizione dell’imputazione, sulla base di una comunicazione di notizia di reato trasmessa dalla Guardia di Finanza di Sassari.
Il Tribunale di Genova, ritenendo la questione seria e di non pronta soluzione, per la complessità della materia e l’esistenza di un dibattito giurisprudenziale sul tema, ha rimesso gli atti alla Corte di cassazione, per la sua valutazione pregiudiziale in punto di competenza territoriale, precisando quanto segue.
5.1. La difesa di COGNOME ribadisce che la competenza per territorio, in caso di pluralità di reati connessi rispetto ai quali più giudici sono egualmente competenti per materia, in applicazione dei precetti stabiliti dall’art. 16 cod. proc. pen appartiene al giudice competente per il reato più grave e, soltanto in caso di pari gravità, la competenza appartiene al giudice competente per il primo reato. La stessa difesa rileva, inoltre, che l’individuazione del reato più grave, ai sensi dell’art. 16, commi 1 e 3, cod. proc. pen., va effettuata con riferimento alla misura della pena vigente per il suddetto reato al momento dell’esercizio dell’azione penale. Rappresenta il Tribunale che, nel caso di specie, assume perciò rilevanza il profilo della successione di leggi nel tempo, per la necessità di valutare le conseguenze dell’innalzamento dei limiti edittali; se tutti i reati di cui agli artt. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 sono da ritenere di pari gravità, in quanto per gli stessi, ai fini dell’art. 4 cod. proc. pen., rileverebbe non la pena prevista al momento della loro commissione, bensì quella vigente al momento dell’esercizio dell’azione penale, oppure se, invece, sono più gravi i reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 7 del 2000 commessi dopo l’entrata in vigore della disciplina più severa (nella specie, a partire dal 24 dicembre 2019, data di entrata in vigore del d.l. n. 124 del 2019, il quale ha inasprito i minimi e i massimi edittali).
Il Tribunale rappresenta anche che, vista l’individuazione dell’art. 8 del d.lgs. 74 del 2000 quale reato più grave tra quelli di cui al dell’imputazione e oggetto di contestazione, viene in rilievo, in seno alla giurisprudenza di legittimità, un dibattito in ordine all’individuazione del /ocus commissi delicti.
Sostiene il rimettente che l’art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, stabilisce una regola suppletiva speciale rispetto a quelle indicate dall’art. 9 cod. proc. pen. per l’individuazione del giudice competente per territorio a conoscere i delitti previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000 quando tale competenza non sia in primo luogo determinabile applicando le regole generali stabilite dall’art. 8 cod. proc. pen.
L’impossibilità di stabilire il luogo di emissione della fattura per operazioni inesistenti comporta l’applicazione non già del criterio legale del domicilio fiscale dell’ente emittente (applicabile ai delitti “dichiarativi” di cui agli artt. 2, 3, d.lgs. n. 74 del 2000, e indicato dal secondo comma dell’art. 18 d.lgs. n. 74 del 2000), né le regole suppletive di cui all’art. 9 cod. proc. pen. (recessive rispetto all’art. 18 d.lgs. n. 74 del 2000; nel senso della prevalenza dell’art. 18, cit., Sez 3, n. 2351 del 18/11/2022, Rv. 284057; Sez. 3, n. 6529 del 12/12/2019, dep. 2020, Rv. 278597), bensì quello del luogo dell’accertamento del reato, intendendosi per tale quello dell’Ufficio in cui è stata compiuta un’effettiva valutazione degli elementi che depongono per la sussistenza della violazione, essendo invece irrilevante, a tal fine, il luogo di mera acquisizione dei dati e delle
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informazioni da sottoporre a verifica (Sez. 3, n. 36118 del 15/07/2024, Rv. 286900; Sez. 3, n. 43320 del 02/07/2014, Rv. 260992; Sez. 3, n. 11978 del 09/01/2014, Rv. 258732).
Nell’impossibilità, dunque, di stabilire il luogo di emissione delle fatture, i Tribunale ha ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 18 d.lgs. n. 74 del 2000 con conseguente individuazione del giudice competente in quello del luogo dell’accertamento del reato, dovendosi intendere Genova.
In data 30 luglio 2025, la difesa di COGNOME NOME ha depositato memoria. In primo luogo, dopo aver proposto una sintetica ricognizione delle principali tappe processuali che hanno caratterizzato il presente procedimento, ha affermato di condividere la tesi sostenuta dalla difesa di COGNOME e chiesto che, in accoglimento del rinvio pregiudiziale proposto ex art. 24-bis cod. proc. pen., venga dichiarata la competenza del Tribunale di Sassari, quale luogo di accertamento del reato, o in via subordinata il Tribunale di Palermo, quale luogo in cui è avvenuta la prima iscrizione della notizia di reato.
In data 17 settembre 2025, anche la difesa di COGNOME NOME ha depositato memoria.
In primo luogo il ricorrente evidenzia le ragioni a sostegno della non manifesta infondatezza dell’eccezione di incompetenza territoriale proposta ai sensi dell’art. 24-bis cod. proc. pen. In secondo luogo denuncia – richiamando i criteri di cui all’art. 16 cod. proc. pen., nonché le principali pronunce della giurisprudenza di legittimità che individuano il reato più grave in riferimento alla cornice edittal vigente al momento dell’esercizio dell’azione penale – l’erroneità del radicamento della competenza territoriale presso il Tribunale di Genova.
Chiede dunque che, in applicazione dell’art. 18 del d.lgs. 74 del 2000, che individua la competenza territoriale, nell’ambito dei reati tributari, nel luogo di consumazione od accertamento del reato ovvero di iscrizione della notizia di reato, venga dichiarata la competenza territoriale del Tribunale di Sassari o del Tribunale di Palermo, quale luogo in cui per prima è avvenuta l’iscrizione della notizia di reato, anche alla luce della copiosa documentazione dallo stesso prodotta.
In data 22 settembre 2025, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha depositato memoria.
Con requisitoria, depositata in data 24 settembre 2025, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto che sia dichiarata la competenza territoriale del Tribunale di Genova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’istanza è ammissibile, avendo il giudice rimettente indicato le ragioni del contrasto giurisprudenziale in tema di accertamento della competenza per territorio in caso di pluralità di reati connessi e di impossibilità di accertare il lu di consumazione del fatto relativo al reato più grave, prospettando di fatto l’impossibilità di risolvere la questione sollevata dalla difesa dell’imputato (Sez. 1, n. 20612 del 12/04/2023, Rv. 284720).
È preliminare, sul piano processuale, la considerazione relativa alla memoria scritta trasmessa a questa Corte dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, nella sua qualità di Pubblico Ministero nel procedimento de quo.
Tale produzione deve essere considerata inammissibile.
Dal combinato disposto dei commi 1, 2, 6 dell’art. 24-bis cod. proc. pen., l’incompetenza per territorio può essere eccepita da una delle parti processuali, ivi compreso il pubblico ministero, o può essere rimessa di ufficio dal giudice. Il procedimento di fronte alla corte di cassazione si svolge, poi, secondo le forme stabilite dall’art. 127 cod. proc. pen.
Ma la legittimazione a proporre la questione la questione concernente la competenza per territorio, riconosciuta dall’art. 24-bis cod. proc. pen. a quell’ufficio del Pubblico Ministero, invero, non vale a fare acquisire la qualità di “parte” del giudizio di cassazione – da cui discende la facoltà di presentare memorie, riconosciuta dall’art. 121 cod. proc. pen. – al Procuratore della Repubblica territoriale. Né tale ufficio può acquisire la qualità di parte ai sensi del comma 2 del richiamato art. 127, che attribuisce alle parti la facoltà di presentare memorie fino a cinque giorni prima dell’udienza camerale, perché tale disposizione dà per presupposta la partecipazione al giudizio di cassazione, in rappresentanza del pubblico ministero, del solo Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
Ne consegue che, nel procedimento di fronte alla Corte di cassazione ex art. 24-bis cod. proc. pen., la parte non è mai la Procura della Repubblica territoriale, bensì solo l’ufficio del Pubblico Ministero, costituito, secondo la regola generale dell’art. 51, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, che diventa dunque l’esclusiva interlocutrice degli uffici territoriali del Pubblico Ministero, alla quale questi debbono perciò indirizzare le loro eventuali memorie ed attraverso la quale le stesse possono essere poi sottoposte alla Corte stessa (Sez. 6, n. 5096 del 09/01/2024, Rv. 285983). Del resto, consentire al Pubblico Ministero non ricorrente di interloquire in Cassazione
farebbe venire meno la funzione di supporto – che è svolta necessariamente in forma unitaria dalla Procura presso la Corte di Cassazione – alla funzione nomofilattica, determinando altresì un’indebita sovrapposizione di ruoli che, qualora le argomentazioni e le deduzioni proposte non fossero condivise dalla Procura generale, potrebbe dare luogo alla situazione di uffici del Pubblico Ministero che, nello stesso grado, finiscano per rappresentare posizioni tra loro sostanzialmente contrastanti.
Alla stregua dei criteri generali e di legge speciale afferenti alla determinazione della competenza territoriale, è logicamente preliminare stabilire quale sia il giudice competente per territorio, in caso di connessione di cui all’art. 12, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., quando i reati contestati appartengano alla competenza territoriale di diversi giudici.
In tali ipotesi, come nel caso di specie, la competenza per territorio originata dalla connessione va determinata, ai sensi dell’art. 16, comma 1, cod. proc. pen., in favore del giudice competente per il reato più grave o, in caso di pari gravità, per il reato commesso per primo.
3.1. Si registra nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione secondo cui, ai fini della determinazione della competenza per territorio in caso di procedimenti connessi, l’individuazione del reato più grave, ai sensi dell’art. 16, comma 1 e 3, cod. proc. pen., va effettuata con riferimento alla misura della pena vigente per il suddetto reato al momento dell’esercizio dell’azione penale (Sez. 1, n. 348 del 21/04/2017, dep. 2018, Rv. 271995; v. anche Sez. 1, n. 40118 del 09/07/2024, Rv. 287099).
Tuttavia, è opportuno considerare che questo principio trova applicazione quando la modifica, in ipotesi, influente sulla disciplina della competenza sia il risultato di una modifica di natura processuale, mentre quando la modificazione della norma sia di natura essenzialmente sostanziale, per essersi risolta in un aggravamento della pena da irrogarsi all’autore del reato, certamente non applicabile ai fatti commessi anteriormente alla data di entrata della nuova norma, si prospetta l’applicazione, con i limiti di pena stabiliti dalla legge vigente a momento della loro commissione, anche della corrispondente cornice edittale per la ricognizione del giudice competente (Sez. 3, n. 42465 del 22/10/2024, Rv. 287186, anche per la puntualizzazione dell’esatta portata del principio affermato da Sez. U, n. 3821 del 17/01/2006, Timofte, Rv. 232592). Diversamente opinando, si giungerebbe a dare rilievo, ai fini del radicamento della competenza per territorio, ad un reato per la quale la pena in concreto applicabile all’imputato, ratione temporis, sarebbe inferiore rispetto a quella di altri reati; mentre la rano della disciplina dell’art. 16, cod. proc. pen. è quella di attribuire la competenza per
territorio al giudice del luogo nel quale è stato commesso il reato per il quale all’imputato potrebbe in concreto essere applicata la pena più elevata.
3.2. Nella fattispecie in esame, i delitti più gravi per cui si procede sono quelli previsti dagli artt. 2 e 8 del d.lgs. 74 del 2000, essendo puniti allo stesso modo, sia al momento di commissione dei fatti (allorquando per gli stessi era prevista la pena da un anno e sei mesi a sei anni di reclusione) sia dopo l’inasprimento del trattamento sanzionatorio avvenuto con d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157. Dunque, la competenza territoriale va individuata in base al delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti (per identica conclusione, di recente, in motivazione, Sez. 3, n. 10916 12/11/2019, dep. 2020, non mass.). Secondo consolidato orientamento, infatti, il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti è reato istantaneo che si consuma nel momento di emissione della fattura ovvero, ove si abbiano plurimi episodi nel medesimo periodo di imposta, nel momento di emissione dell’ultima di esse, non essendo richiesto che il documento pervenga al destinatario, né che quest’ultimo lo utilizzi (ex plurimis, Sez. 3, n. 47459 del 05/07/2018, Rv. 274865; Sez. 3, n. 25816 del 21/04/2016, Rv. 267664; Sez. 3, n. 6264 del 14/01/2010, Rv. 246193). Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, a sua volta, è parimenti un reato istantaneo, che si perfeziona tuttavia nel momento in cui la dichiarazione è presentata agli uffici finanziari (ex plurimis, Sez. 3, n. 16459 del 16/12/2016, dep. 2017, Rv. 269652; Sez. 3, n. 25808 del 16/03/2016, Rv. 267659).
Nel caso di specie, il reato più grave, in applicazione dei suddetti criteri è quello di cui al capo 35 dell’imputazione.
Stabilito che la competenza deve ritenersi fissata in relazione al più grave reato del capo 35 dell’imputazione, è ora necessario stabilire quale sia il giudice competente territorialmente per reato.
Come correttamente rilevato dal Tribunale di Genova nell’ordinanza di rimessione, quanto alla precisa individuazione del /ocus commissi delicti in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, secondo la giurisprudenza di legittimità, qualora vi sia impossibilità di stabilire il luogo di emissione delle fattu stante la assoluta fittizietà della sede e l’inesistenza degli uffici, è applicabile l’ 18 del d.lgs. n. 74 del 2000, con conseguente individuazione del giudice competente in quello del luogo dell’accertamento del reato. In particolare, secondo il principio, affermato da Sez. 3, n. 11216 del 19/02/2021, Rv. 281568, in tema di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 74 del 2000, il «luogo in cui il reato è stato consumato», previsto come criterio determinativo della competenza dall’art. 8, comma 1, cod. proc. pen.
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dalla cui inapplicabilità discende la competenza del «giudice del luogo di accertamento del reato», ex art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000 – deve essere individuato in base ad elementi oggettivi ed idonei a fondare una ragionevole certezza al momento dell’esercizio dell’azione penale, ovvero, se la decisione deve essere assunta anteriormente, allo stato degli atti, e non coincide necessariamente con la sede dell’ente cui è attribuibile la falsa emissione dei documenti fiscali.
4.1. L’art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, stabilisce una regola suppletiva speciale rispetto a quelle indicate dall’art. 9 cod. proc. pen. per l’individuazione del giudice competente per territorio a conoscere i delitti previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, quando tale competenza non sia in primo luogo determinabile applicando le regole generali stabilite dall’art. 8 cod. proc. pen.
4.2. L’impossibilità di stabilire il luogo di emissione delle fatture pe operazioni inesistenti comporta l’applicazione, non già del criterio legale del domicilio fiscale dell’ente emittente (applicabile ai delitti “dichiarativi” di cui artt. 2, 3, 4 e 5 d.lgs. n. 74 del 2000, e indicato dal secondo comma dell’art. 18 d.lgs. n. 74 del 2000), né delle regole suppletive di cui all’art. 9 cod. proc. pen. (recessive rispetto all’art. 18 d.lgs. n. 74 del 2000; nel senso della prevalenza dell’art. 18, cit., Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, Rv. 284057; Sez. 3, n. 6529 del 12/12/2019, dep. 2020, Rv. 278597), bensì quello del luogo dell’accertamento del reato, intendendosi per tale quello dell’Ufficio in cui è stata compiuta un’effettiva valutazione degli elementi che depongono per la sussistenza della violazione, essendo invece irrilevante, a tal fine, il luogo di mera acquisizione dei dati e delle informazioni da sottoporre a verifica (Sez. 3, n. 36118 del 15/07/2024, Rv. 286900; Sez. 3, n. 43320 del 02/07/2014, Rv. 260992; Sez. 3, n. 11978 del 09/01/2014, Rv. 258732).
Fatte queste premesse, per decidere la controversia ex art. 24-bis cod. proc. pen., deve richiamarsi la ricostruzione interpretativa correttamente effettuata dal Tribunale di Genova rimettente, secondo cui, con riguardo anche al delitto in esame (capo 35), ai fini dell’individuazione della competenza per territorio, in assenza di elementi certi in ordine all’avvenuto principio di pagamento dell’imposta che possa consentirne l’individuazione dell’effettivo /ocus commissi delicti, non possa farsi riferimento al criterio della sede effettiva, dovendosi piuttosto ricercare il luogo di consumazione del reato ai sensi dell’art. 8 cod. proc. pen.; con la conseguenza che, laddove tale determinazione sia effettivamente impossibile, dovrà farsi riferimento al luogo dell’accertamento del fatto di reato, sussidiariamente previsto dall’art. 18 del d.lgs. n. 74 del 2000 e prevalente, per
la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall’art. 9 cod. proc. pen.
Sulla base di tali considerazioni, la questione sulla competenza territoriale, oggetto del rinvio pregiudiziale, va definita affermando la competenza del Tribunale di Genova, presso il quale gli atti del procedimento già si trovano.
Dichiara la competenza del Tribunale di Genova. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui al comma 4 dell’art. 24-bis cod. proc. pen.
Così deciso il 02/10/2025